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www.medjugorje.ws » Eco di Maria Regina della Pace » Eco di Maria Regina della Pace 157 (Maggio-Giugno 2001)

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Eco di Maria
Regina della Pace
157


 

Maggio-giugno 2001



Messaggio del 25 marzo 2001

Cari figli, vi invito anche oggi ad aprirvi alla preghiera. Figlioli, vivete in un tempo nel quale Dio vi dona grandi grazie, ma voi non sapete utilizzarle. Vi preoccupate di tutto il resto, e dell'anima e della vita spirituale il minimo. Svegliatevi dal sonno stanco della vostra anima e dite "sì" a Dio con tutta la forza. Decidetevi per la conversione e la santità. Sono con voi, figlioli, e vi invito alla perfezione della vostra anima e di tutto quello che fate. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

Svegliatevi!

L’accorato appello di Maria: Svegliatevi dal sonno stanco della vostra anima non può essere preso a cuor leggero, né archiviato in fretta. Qui il sonno stanco non è il sonno che ristora il nostro corpo; qui si parla del sonno della nostra anima: si tratta di un sonno che è torpore, coma, morte. E’ un sonno stanco, un coma spirituale profondo che è anticamera di una morte senza ritorno, senza risurrezione. Occorre reagire con forza; dire Si a Dio con tutta la forza. Non possiamo continuare a tergiversare, non possiamo continuare ad accontentarci di qualche pratica religiosa, di qualche gesto di pietà formale. Dobbiamo assumere in pienezza la nostra dignità di figli, conquistataci da Cristo con la sua Passione e Morte. Dobbiamo riconoscere che Dio ci è realmente Padre, un Padre estremamente premuroso, misericordioso, amorosissimo, continuamente proteso verso di noi.
Aprirsi alla preghiera è stabilire con Dio una intimità vitale che ci modella a Cristo Gesù. Se solo riuscissimo a pregare il Padre nostro come Gesù ci ha insegnato, quali tesori di grazia si riverserebbero su di noi e sul mondo! Ed invece le nostre preoccupazioni sono ben altre (Mt 6, 25-34) e ci creano affanni e tribolazioni e ci inducono a trascurare ciò che è realmente importante (Lc 10, 41-42). Vi preoccupate di tutto il resto, e dell’anima e della vita spirituale il minimo. Così non solo sprechiamo le nostre energie e complichiamo la nostra vita ma sprechiamo anche le favorevoli opportunità del tempo in cui viviamo, tempo di grazia, come Maria ci ricorda spesso: vivete in un tempo nel quale Dio vi dona grandi grazie, ma voi non sapete utilizzarle.
Cosa fare? Anzitutto non disperare: la situazione è certamente quella descritta da Maria, è una situazione che agli occhi del mondo appare fallimentare. Ma noi sappiamo che dalla morte si può risorgere; se non lo sapessimo sarebbe vana la nostra fede (1 Cor 15, 13-14); noi sappiamo che nessun sonno di morte può chiuderci definitivamente in una tomba se noi non lo vogliamo, se noi ci aggrappiamo a Cristo e in Lui chiediamo perdono al Padre. Utilizziamo le grazie che Dio ci dona in abbondanza, crediamo nel suo Amore e nel suo perdono, crediamo nella possibilità di ricominciare daccapo, di risorgere già in questa vita. Proviamo a gustare il Paradiso già in questa terra, proviamo a seminare intorno a noi perdono e germinerà la pace, proviamo a coltivare la pace e crescerà la fratellanza, proviamo a vivere le beatitudini del Vangelo e fiorirà il Regno di Dio. Tutto ciò non è utopia; è alla nostra portata, ed oggi è ancora più facile perché Dio ci dona grandi grazie, perché Maria è con noi: Sono con voi, figlioli, e vi invito alla perfezione della vostra anima e di tutto quello che fate. Lei è con noi e con Lei possiamo raggiungere la perfezione alla quale ci chiama perché Lei ha il compito di generarci a figli del Padre. Decidetevi per la conversione e la santità; sembra un invito non praticabile, estremamente lontano ed arduo, addirittura impossibile. Ancora una volta cadiamo così nell’equivoco indotto da un modo di ragionare che riteniamo umano ma che spesso è indotto dal maligno (Mc 8, 33).
La santità non è frutto di conquista umana; è dono di Dio e, proprio per questo, è alla portata di tutti; unico requisito, la nostra disponibilità. Se diciamo con tutta la nostra forza a Dio, se ci abbandoniamo a Lui, se desideriamo veramente lasciarlo operare in noi, Egli ci farà santi perché Egli è Santo (Lv 19, 2). Il dono di Dio ha nome Cristo Gesù; accogliere il suo dono vuol dire accogliere Gesù; non un comandamento o una raccomandazione, ma accogliere Cristo nella sua interezza, nella sua persona, nella sua santità. A questo siamo chiamati, per questo siamo stati battezzati, per questo ci accostiamo alla S.Eucaristia. Maria è pronta a generarci figli nel Figlio: che aspettiamo ancora?

 

Nuccio Quattrocchi

 

Messaggio del 25 aprile 2001

"Cari figli, anche oggi vi invito alla preghiera. Figlioli, la preghiera opera miracoli. Quando siete stanchi e malati e non sapete il senso della vostra vita, prendete il rosario e pregate; pregate finchè la preghiera diventi un'incontro gioioso con il vostro Salvatore. Sono con voi e intercedo e prego per voi, figlioli. Grazie per aver risposto alla mia chiamata."

La preghiera opera miracoli

La presenza di Maria a Medjugorje è un costante invito alla preghiera. Oggi, che ci occupiamo e preoccupiamo prevalentemente di ciò che non riguarda l’anima e la vita spirituale (cfr messaggio del mese scorso), occorre cambiare decisamente rotta. Maria ci invita alla conversione, a trovare, o ritrovare, con Dio un rapporto vitale. Quante volte ci ha chiesto di deciderci per Dio, di abbandonarci a Lui! La preghiera opera miracoli: anzitutto il miracolo della comunione con Dio, della relazione d’amore fra la creatura ed il suo Creatore. Così la grazia di Dio scende in noi, inonda la nostra anima ed il nostro corpo, risanando, santificando. Proprio come l’acqua che esce dal lato destro del tempio (Ez 47, 1-12), come l’acqua ed il sangue che sgorgano dal Cuore trafitto di Gesù (Gv 19, 34).
La preghiera suggerita da Maria è il rosario e stavolta è sottolineata la potenza risanatrice di questa preghiera: quando siete stanchi e malati e non sapete il senso della vostra vita, prendete il rosario e pregate. A chi identifica la propria vita con il ruolo che ricopre nel mondo può sembrare strano pregare il rosario per recuperare forza nella stanchezza, salute nella malattia ed addirittura paradossale ricorrere ad esso per scoprire il senso della propria vita. Viene in mente lo stupore sdegnato del potente Naaman all’invito del profeta Eliseo di bagnarsi sette volte nel Giordano per guarire dalla lebbra (2 Re 5, 9-14; Lc 4,27). Ma quando accetta l’invito dei suoi servi a fare quanto Eliseo chiede, Naaman guarisce. Vogliamo provare anche noi a seguire finalmente l’invito di Maria? Più che tanti discorsi sui nostri figli vogliamo provare con loro, fin da piccoli, a pregare il rosario in famiglia? La ricetta per la guarigione da tanti mali è spesso più semplice di quanto possiamo immaginare.
Ma, attenzione: occorre pregare finché la preghiera diventi un incontro gioioso con il nostro Salvatore. In caso contrario la preghiera può non raggiungere il suo scopo, rimanere pratica fredda e sterile, o addirittura scivolare nella superstizione e nella idolatria. Non basta dire Signore, Signore ( Mt 7, 21); anche gli Ebrei pregavano ma la loro preghiera non ha permesso di riconoscere il tempo della visita (Lc 19, 44) né ha impedito il rifiuto e la condanna a morte di Gesù. Non occorrono grandi parole per pregare, basta aprire il cuore; il nostro Dio è Padre di misericordia e non attende altro per ricolmarci di grazie e di benefici (Lc 11, 9-13). Egli ci darà il suo Santo Spirito ed allora non ci peserà più la stanchezza, né ci affliggerà la malattia; non ci interrogheremo più sul senso della nostra vita perché sarà Gesù la nostra vita! Stanchi o riposati, fisicamente sani o infermi, avremo nel cuore e nell’anima la sua pace, il suo amore, e sarà gioia vera, quella gioia che nessuno potrà toglierci (Gv 16, 23).
Tutto ciò si realizzerà, si sta già realizzando, perché Maria è con noi, prega ed intercede per noi. N.Q.

 

 

Il primato della grazia

Nella lettera pastorale Novo millennio ineunte, Giovanni Paolo II ricorda il primato della grazia di Cristo rispetto ad ogni altro sforzo umano, anche spirituale (cf. Eco 156): un punto sul quale vale la pena riflettere maggiormente poiché  costituisce un aspetto fondamentale del messaggio cristiano. Un elemento ineliminabile della Buona Notizia (Vangelo=buona notizia) che in questo terzo millennio siamo esortati a conoscere e trasmettere.
Il
tema della grazia è stato più volte affrontato nella storia della Chiesa dando origine a numerose polemiche teologiche.
Le parole e i gesti di Gesù riportati nel Vangelo e che sono il punto riferimento primario del Cristianesimo, hanno reso necessario una interpretazione, una attualizzazione: è questo lo scopo della teologia che poi si concretizza nella Tradizione della Chiesa. L'apostolo Paolo è uno dei primi e più autorevoli interpreti (teologi) di Cristo: sul tema della grazia entra in polemica con le correnti giudaizzanti del cristianesimo primitivo che per la salvezza dell'uomo, tendevano a dare maggior risalto all'impegno dell'uomo stesso, alle opere da lui compiute in conformità alla Legge mosaica, che non alla grazia di Dio mediante la fede in Cristo. La lettera ai Galati e quella ai Romani costituiscono la summa di questa sua riflessione.

Nei secoli successivi l'argomento ritorna di attualità con Sant'Agostino nella polemica contro Pelagio (V sec). Più tardi ancora è Lutero, e quindi il Concilio di Trento (XVI sec), a riportare il tema della grazia al centro della riflessione teologica. Più recentemente Santa Teresa di Lisieux (XIX sec) - dottore della Chiesa - ha riproposto una profonda riflessione sulla gratuità della salvezza. Infine - ed è storia dei nostri giorni - la dichiarazione di Augusta tra cattolici e luterani (ottobre 1999) ha permesso una riflessione unitaria tra le due chiese su questo tema che costituisce uno dei cardini della teologia protestante (sola fide, sola gratia, sola scriptura).
Il primato della grazia mette a confronto l'antica economia della salvezza fondata sulla Legge, con la nuova economia fondata sulla gratia (termine latino che traduce il greco charis: da gratia deriva anche il vocabolo gratis). Questo principio costituisce una delle differenze più significative tra la Prima Alleanza - quella del monte Sinai stipulata con Mosè per tutto il popolo di Israele - e la Nuova ed eterna Alleanza stipulata da Cristo per tutti.

L'espressione Legge indica le norme religiose, cultuali e morali che Dio diede al popolo di Israele attraverso Mosè (La Torah è contenuta nei primi cinque libri della Bibbia: Genesi, Esodo, Numeri, Levitino, Deuteronomio) ma più in generale indica lo sforzo dell'uomo, il suo impegno (certamente lodevole e meritorio) di vivere conformemente ai precetti religiosi: è questo il significato che tende ad assumere nelle lettere di San Paolo.
Per l'antico Israele l'uomo che viveva secondo la Legge era un uomo giusto e quindi salvato in virtù della propria giustizia, perché si era guadagnato la salvezza. Era questa in sintesi l'economia salvifica (cioè la via della salvezza). Ma questo principio viene superato da Cristo che instaura una Nuova economia salvifica non più fondata esclusivamente sulla legge, cioè sui meriti dell'uomo, ma principalmente sulla grazia di Dio, sulla divina benevolenza, sulla misericordia del Padre.
Questa novità ha una portata liberante poiché il rapporto dell'uomo con Dio (cioè l'Alleanza) non è più fondato sulla fedeltà dell'uomo nell'adempimento dei propri doveri, ma più semplicemente e più splendidamente, sulla fedeltà eterna di Dio verso l'uomo, sul suo amore gratuito per il quale ha dato se stesso non solo per i giusti, ma per i peccatori (cf. Rm 5,6-10).

Il primato della grazia si manifesta soprattutto nella croce di Cristo: la croce non rende superfluo l'impegno ascetico dell'uomo, ma lo mette in secondo piano. La croce relativizza (non cancella!) lo sforzo morale dell'uomo e di conseguenza anche il suo fallimento: non tutto si ottiene con la virtù e non tutto è perduto con il peccato. Per san Paolo la salvezza giunge all'umanità unicamente attraverso Cristo, per mezzo dell'evento della sua Croce e Risurrezione, che si comunica a noi per mezzo della fede (e dei sacramenti) e non per mezzo di un meticoloso adempimento della legge. Di nessuna legge. Intendere diversamente significa per Paolo vanificare la morte di Cristo: se infatti la giustizia proviene dalla legge, allora Cristo è morto invano (Gal 2,21). Non salva la Legge.

La Chiesa in linea di principio ha sempre riconosciuto il primato della grazia, tuttavia spesso si è affermata una linea culturale che di fatto accentuava maggiormente lo sforzo dell'uomo, il suo impegno ascetico, il suo sacrificio per meritare il favore divino. Della vita cristiana è stata maggiormente sottolineata la dimensione (comunque ineliminabile) del volontarismo, del combattimento spirituale, che non invece l'iniziativa di Dio, il primato della sua grazia che precede ogni risposta umana. Così i santi sono apparsi spesso più degli eroi da invocare, che non fratelli da imitare, perché troppo lontani dalla nostra esperienza di fragilità.

Accogliere il primato della grazia di Dio significa concretamente perdere la propria vita, cioè la pretesa di auto-salvarci per la nostra bontà e riconoscere invece il nostro bisogno di essere salvati da un Altro, il nostro bisogno di Cristo, la sua centralità nella nostra vita. Questo ci conduce ad una dimensione adorante e contemplativa della vita, ad una preghiera di lode che nasce dalla gratitudine per l'amore di Dio, ad un atteggiamento di umile accoglienza del dono di Dio.
E' doveroso tuttavia fugare ogni equivoco per non proporre una grazia a buon prezzo, una sorta di svendita della misericordia di Dio: neppure questa è la novità cristiana. Non si tratta quindi di proporre un perdono senza pentimento, un'assoluzione senza confessione, un battesimo senza sequela, una vita cristiana senza impegno, una santità non alimentata dalla preghiera e dalle opere. La grazia che Dio ci dona gli è costata cara: l'incarnazione di suo Figlio, la sua passione e morte in Croce. Perciò l'uomo da parte sua è chiamato a collaborare con responsabilità al dono della grazia senza adagiarsi sulla propria mediocrità cedendo al lassismo, ma anche senza disperarsi dei propri insuccessi.

Mirco Trabuio

 

 

 

 

Riuniti nell'Unigenito

"Io sono la via, la verità e la vita" (Gv 14,6). Queste parole del Vangelo di Giovanni hanno rischiarato, come luce, la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che si conclude oggi; esse rifulgono come una sorta di programma per il nuovo millennio nel quale ci siamo avviati. Così esordisce il Santo Padre nell'omelia conclusiva della Settimana di preghiera per l'Unità dei Cristiani (18-25 gennaio). E'un appuntamento annuale importantissimo dove tutta la Chiesa si riunisce in preghiera, promuovendo innumerevoli iniziative, per implorare da Dio il dono dell'unità tra le Chiese che professano Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo.
Molti, specialmente giovani, si interrogano sulla strada da percorrere. Nella tempesta di parole da cui sono ogni giorno assaliti, si domandano quale sia la verità, quale sia l’orientamento giusto, come si possa sconfiggere con la vita la potenza della morte - continua i Pontefice. Sono interrogativi di fondo, che esprimono il risveglio in molti di una nostalgia della dimensione spirituale dell’esistenza. A questi interrogativi Gesù ha già risposto quando ha affermato: "Io sono la via, la verità e la vita". Compito dei cristiani è di riproporre oggi, con la forza della loro testimonianza, questo annuncio decisivo.

Soltanto in questo modo gli uomini di questo tempo saranno in grado di capire che Cristo è la potenza e la sapienza di Dio (cfr 1 Cor 1,24), che in Lui soltanto sta la pienezza di ogni umana aspirazione (cfr Gaudium et spes, 45). Il movimento ecumenico del XX secolo si è impegnato affinché si riaffermi con chiarezza l'impellenza di questa testimonianza. Dopo secoli di separazione, di incomprensioni, di indifferenza e, purtroppo, di contrapposizioni, è rinata nei cristiani la consapevolezza che la fede in Cristo li unisce, e che essa è una forza capace di superare ciò che li separa (cfr Lettera Enciclica Ut unum sint, 20). Per grazia dello Spirito Santo, con il Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica si è impegnata in modo irreversibile a percorrere la via della ricerca ecumenica (cfr ib., 3).

Sono delle affermazioni importantissime a conclusione di un anno giubilare che ha messo tra i suoi obbiettivi principale il dialogo ecumenico, purtroppo come sempre minacciato da incomprensioni (per riprendere un'espressione del Papa) che rallentano una reale possibilità di unificazione. Non si debbono e non si possono sminuire le differenze tuttora esistenti tra di noi. Il vero impegno ecumenico non ricerca compromessi e non fa concessioni per quanto attiene la Verità, afferma con decisione. Esso sa che le separazioni tra i cristiani sono contrarie alla volontà di Cristo; sa che esse sono uno scandalo, che indebolisce la voce del Vangelo. Il suo sforzo non è di ignorarle, ma di superarle.
Nello stesso tempo sappiamo che ciò che ci unisce è molto più grande di ciò che ci divide: è Gesù stesso, nel quale diventiamo un solo Corpo attraverso il sacramento del Battesimo, in una comunione non ancora piena, ma tuttavia reale. Il dolore per le incomprensioni o i malintesi deve essere superato con la preghiera e la penitenza, con gesti d’amore - esorta Giovanni Paolo II. Il dialogo della carità, tuttavia, non sarebbe sincero senza il dialogo della verità: il superamento delle nostre differenze comporta una seria ricerca teologica.
Infine i successore di Pietro ci ricorda che non possiamo fare niente se non ci viene dato da Dio: non è tuttavia dato a noi di "fare l’unità". Essa è dono del Signore. E' bene allora concludere con la preghiera che risuona in ogni s. Messa: "O Signore, non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà".

S.C.

 

 

Mai così tanti!

Sono 44 i nuovi cardinali creati dal Papa il 21 febbraio scorso, facendo così salire il numero dei membri del collegio cardinalizio a 185, il più "affollato" della storia. I Paesi rappresentati salgono così a 63, tra cui l'Italia continua ad essere il Paese più rappresentato.
"Chi vuol essere grande tra di voi si farà vostro servitore" (Mc 10,43). Con queste parole inequivocabili, il Santo Padre ha salutato i nuovi Porporati riuniti a Piazza S. Pietro in occasione del 1° Concistoro del millennio. "Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10, 45), continua il Pontefice. Queste parole dell'evangelista Marco ci aiutano a comprendere meglio il senso profondo di un evento come il Concistoro, che stiamo celebrando.
Non è la prima volta che il Papa, rivolgendosi ai membri della Curia Romana cita questo passo evangelico. In altre occasioni aveva a tal proposito sottolineato che la Curia deve essere un luogo dove si respira santità e dove devono essere estranei la competizione e il carrierismo: La Chiesa poggia non su calcoli e potenze umane, ma su Gesù crocifisso e sulla coerente testimonianza a Lui resa dagli apostoli, dai martiri e dai confessori della fede. E' una testimonianza che può esigere anche l'eroismo del dono totale di sé a Dio e ai fratelli.

I Cardinali sono chiamati a prestare il loro servizio assistendo il Successore di Pietro nei vari dicasteri, ma per farlo essi dovranno impegnarsi a seguire fedelmente Cristo, il Martire per eccellenza ed il Testimone fedele ed essere sempre segni eloquenti di comunione: Se sarete promotori di comunione, a beneficiarne sarà la Chiesa tutta intera, esorta il Papa. "Molte parti" della Chiesa trovano espressione in voi, che avete maturato le vostre esperienze in continenti diversi ed in servizi diversi al Popolo di Dio. E' essenziale che le "parti" da voi rappresentate siano raccolte in "un solo tutto" mediante la carità, che è il vincolo della perfezione. Solo così potrà trovare attuazione la preghiera di Cristo: "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (cfr Gv 17,21).

 

Il Cardinale dell'ecumenismo

Walter Kasper, già segretario del dicastero vaticano per l'ecumenismo, è uno dei 44 nuovi cardinali. Teologo tedesco, ex professore della prestigiosa università di Tubinga, sin dai primi anni d'insegnamento si è dedicato al dialogo con le altre Chiese. Recentemente ha dichiarato: "E' certo che all'unità non servirà soltanto il dialogo teologico: occorre sviluppare maggiormente la vicinanza tra le persone, le parrocchie, le diocesi. E' necessario moltiplicare gli incontri per superare i pregiudizi reciproci e accrescere la mutua fiducia.
Ritengo importante anche cercare di penetrare la spiritualità delle altre comunità ecclesiali. Infine, va tenuto ben chiaro che l'unità che cerchiamo non sarà uniformità: ci sarà unità nell'essenziale della fede, dei sacramenti, dei ministeri, e pluralismo delle spiritualità, delle tradizioni, delle discipline, con scambio di doni e di reciproco arricchimento".

 

 

Ho abitato in prigione

Tredici anni, di cui nove in isolamento, in cui celebrava l'Eucaristia con poche gocce di vino e di acqua mescolate nel palmo della mano e un po' di pane nascosto nel pacchetto di sigarette. "Sono stato in carcere per obbedienza, ma ne sono felice. Il Papa mi aveva mandato a servire i fedeli della diocesi di Saigon (Vietnam), non potevo abbandonarli". Una donazione spinta fino al sacrificio totale della propria libertà. Mons. F.X. Nguyen Van Thuan, presidente del Pontificio consiglio giustizia e pace, ha già realizzato nella sua vita quello che il Papa ha definito: una testimonianza che può esigere anche l'eroismo del dono totale di sé a Dio e ai fratelli.
Il Prelato porta impressi dentro di sé gli anni di persecuzione passati tra campo di concentramento e di "rieducazione", quando era costretto a nascondere la sua croce di vescovo nel sapone. Le autorità vietnamite lo arrestarono con l'accusa di aver svolto attività antirivoluzionarie e spionaggio in favore degli americani. Scarcerato nell'88, è stato dichiarato persona indesiderabile dalle autorità di Hanoi.

Un cardinale, quindi, che saprà farsi prossimo a tutti i membri della Chiesa che continua ad essere perseguitata in diverse parti del mondo per il solo fatto di appartenere a Cristo. In lui, come in altri, acquistano spessore le parole pronunciate dal Santo Padre: per poter affrontare validamente i nuovi compiti è necessario coltivare una sempre più intima comunione con il Signore. E' lo stesso colore purpureo delle vesti che portate a ricordarvi questa urgenza. Non è forse, quel colore, simbolo dell'amore appassionato per Cristo? In quel rosso acceso non è forse indicato il fuoco ardente dell'amore per la Chiesa che deve alimentare in voi la prontezza, se necessario, anche alla suprema testimonianza del sangue?

Stefania Consoli

 

 

 

Occorre ripartire da Cristo, Risorto!

 

Occorre ripartire da Cristo è stato l’invito che il Papa ha lanciato alla Chiesa intera all’inizio del Nuovo Millennio. Nei giorni immediatamente precedenti la Pasqua, e nella stessa Solennità, il suo messaggio si potrebbe sintetizzare molto brevemente in un espressione simile alla precedente: "Occorre ripartire da Cristo, Risorto".
Si può infatti rilevare una continuità nei temi trattati dal Santo Padre nell’arco degli ultimi mesi, quelli che seguono appunto l’inizio del Nuovo Millennio, come a volerci accompagnare, attraverso itinerari diversi, all’unica sorgente di fede, di speranza e di amore: Gesù Cristo.
Così anche in occasione della Pasqua, come del resto per tutta la durata del suo Pontificato, il suo messaggio è fondato su Cristo, sul suo mistero d’amore, sulla sua morte e risurrezione ricordando ad ogni credente che nella risurrezione di Cristo è risorta la vita di tutti; occorre perciò attingere da Lui, che è Fonte di vita, la forza necessaria per prendere il largo e, sull’esempio di Pietro, tentare quella pesca miracolosa che solo sulla sua Parola è possibile osare.
Il Santo Padre, degnamente predisposto a rivivere, nel Triduo pasquale, le tappe conclusive della vicenda terrena di Gesù, ha presieduto tutti gli appuntamenti più significativi della Settimana Santa: dalla Messa Crismale alla Messa in Cena Domini, dall’adorazione alla Croce alla Via Crucis (dove per la prima volta non ha seguito la croce lungo tutto il suo percorso, ma solo nelle ultime due stazioni), dalla Veglia Pasquale alla Messa nel giorno della Pasqua; come se inoltre non bastasse lo abbiamo visto confessare Venerdì Santo in San Pietro, in cinque lingue per più di un’ora almeno dodici persone.

Numerosi sono stati i temi trattati lungo il corso di questi giorni:

Giovedì Santo, rivolgendosi ai sacerdoti nella sua consueta lettera, li ha invitati in primo luogo a rivalutare il sacramento della riconciliazione che non va confuso con una pratica di sostegno umano o di terapia psicologica e il personale cammino di santità. Riscopriamo la nostra vocazione come mistero di misericordia!… Nella lettera apostolica Novo millennio ineunte, ho detto che la vera eredità del Grande Giubileo è l’esperienza di un più intenso incontro con Cristo. Tra i tanti aspetti, mi piace oggi scegliere quello della riconciliazione sacramentale… come strumento fondamentale della nostra santificazione. Solo chi ha sentito la tenerezza dell’abbraccio del Padre quale il Vangelo lo descrive nella parabola del figliol prodigo, può trasmettere lo stesso calore, quando da destinatario del perdono, se ne fa ministro.
A questi inviti di carattere spirituale ne ha poi aggiunti altri di carattere pastorale come ad esempio l’urgenza di una catechesi che faccia comprendere più profondamente ai cristiani il senso del peccato che in una società secolarizzata come la nostra ha perso il suo riferimento al Vangelo.

Venerdì Santo, nel suo breve intervento che ha pronunciato a braccio al termine del pio esercizio della Via Crucis al Colosseo, il Papa ha trattato il tema tanto discusso della sofferenza la cui comprensione, ha spiegato, può avvenire solo nella contemplazione del Volto di Gesù Crocifisso: Su quel volto si addensano le ombre di tutte le sofferenze, le ingiustizie, le violenze subite dagli esseri umani di ogni epoca della storia. Ma ora, dinanzi alla Croce, le nostre pene di ogni giorno, e persino la morte, appaiono rivestite della maestà di Cristo abbandonato e morente. Il nostro non è più un dolore, perché Egli ha pagato per noi con il suo sangue versato sino all'ultima goccia. E' entrato nella nostra sofferenza e ha infranto la barriera del nostro pianto disperato… In quel Volto santo possono trovare adeguata risposta i tanti interrogativi e dubbi che agitano il cuore umano. Dalla contemplazione del Volto amorevole del Figlio di Dio fatto uomo è possibile trarre la forza per superare le ore del buio e del pianto. Dal Calvario una pace divina inonda l'universo in attesa della gloria della Pasqua.

Nella Veglia Pasquale, madre di tutte le Veglie, la Chiesa intera, unita al suo Pontefice, resta in attesa presso la tomba del Messia, sacrificato sulla Croce. È la notte in cui, come ci ricorda il Santo Padre, non sono le tenebre a dominare, bensì il fulgore d'una luce improvvisa, che irrompe con l'annuncio sconvolgente della risurrezione del Signore; è la notte in cui si ribalta totalmente la prospettiva della storia: la morte cede il passo alla vita. Vita che non muore più. Questa notte tutto si riassume prodigiosamente in un nome, nel nome di Cristo risorto.

Nel giorno di Pasqua, infine, le parole del Santo Padre sono risuonate come un canto di lode, come un inno di ringraziamento e di adorazione elevato al cielo per il dono della vita nuova in Cristo che apre i cuori alla speranza.
In Cristo risorto, annuncia, tutta la vita risorge. Quest’oggi il cielo e la terra cantano il nome ineffabile e sublime del Crocifisso Risorto. Tutto appare come prima, ma in realtà nulla è più come prima. Egli Vita che non muore ha redento e riaperto alla speranza ogni umana esistenza… Ogni progetto e disegno dell’essere umano ha oggi un nome nuovo in Cristo risorto dai morti, perché in Lui, "tutta la vita risorge".
Uomini e donne del terzo millennio, per tutti è il dono pasquale della luce che fuga le tenebre della paura e della tristezza; per tutti è il dono della pace di Cristo risorto, che spezza le catene della violenza e dell’odio. Questo nostro mondo può cambiare: la pace è possibile anche là dove da troppo tempo si combatte e si muore…
E rivolgendosi ancora una volta agli uomini e alle donne di tutto il mondo come a figli propri che sente il dovere di incoraggiare, quasi alla fine dell’omelia dice loro: Voi, uomini e donne di ogni continente, attingete alla sua tomba ormai vuota per sempre il vigore necessario per sconfiggere le forze del male e della morte e porre ogni ricerca e progresso al servizio di un futuro migliore per tutti.

Agnese Rubino

 

 

 

750 anni dello Scapolare carmelitano

Il 2001 è "Anno mariano carmelitano" per ricordare i 750 anni dello Scapolare della Madonna del Carmine. L'anniversario ricorda la miracolosa consegna dello Scapolare da parte della Vergine a San Simone Stock, carmelitano inglese che nel XII sec. fu Priore generale dell'Ordine.
Il Papa, nel suo messaggio augurale a tutta la famiglia carmelitana ha detto: E' questa una meravigliosa occasione per voi per approfondire la vostra spiritualità mariana. Giovanni Paolo ha ricordato, infatti, che le varie generazioni del Carmelo, nel loro itinerario verso la "santa montagna, Gesù Cristo nostro Signore", hanno cercato di plasmare la propria vita sugli esempi di Maria. Per questo nel Carmelo, e in ogni anima mossa da tenero affetto verso la Vergine e Madre Santissima, fiorisce la contemplazione di Lei che, fin dal principio, seppe essere aperta all'ascolto della Parola di Dio e obbediente alla sua volontà (Lc 2,19.51).

Maria, infatti, educata e plasmata dallo Spirito (cfr Lc 2,44-50), fu capace di leggere nella fede la propria storia (cfr Lc 1,46-55) e, docile ai suggerimenti divini, avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce.
Queste parole, così affettuose verso la Madre di Dio, rivelano con evidenza l'amore grande che il Pontefice nutre per la Vergine, per quella Madre premurosa, che vede crescere il suo Figlio a Nazaret (cfr Lc 2,40.52), lo segue lungo le strade della Palestina, lo assiste alle nozze di Cana (cfr Gv 2,5) e, ai piedi della Croce, diventa la Madre associata alla sua offerta e donata a tutti gli uomini nella consegna che lo stesso Gesù fa di Lei al suo discepolo prediletto (cfr Gv 19,26).

Quale Madre della Chiesa, la Vergine Santa è unita ai discepoli "in continua preghiera" (At 1,14); per questo giustamente carmelitani e carmelitane hanno scelto Maria come propria Patrona e Madre spirituale - commenta il santo Padre - ed hanno sempre dinanzi agli occhi del cuore Lei, la Vergine Purissima che guida tutti alla perfetta conoscenza ed imitazione di Cristo.
Questo ricco patrimonio mariano del Carmelo è divenuto, nel tempo, attraverso la diffusione della devozione del Santo Scapolare, un tesoro per tutta la Chiesa. Nel segno dello Scapolare si evidenzia una sintesi efficace di spiritualità mariana, che alimenta la devozione dei credenti, rendendoli sensibili alla presenza amorosa della Vergine Madre nella loro vita.

Ma cosa è in realtà lo Scapolare? Lo Scapolare è essenzialmente un ‘abito’. Chi riveste lo Scapolare viene quindi introdotto nella terra del Carmelo, e sperimenta la presenza dolce e materna di Maria, nell'impegno quotidiano di rivestirsi interiormente di Gesù  Cristo e di manifestarlo vivente in sé.
Lo Scapolare è segno di ‘alleanza’ e di comunione reciproca tra Maria e i fedeli, conclude il Santo Padre. Anch'io porto sul mio cuore, da tanto tempo, lo Scapolare del Carmine! Per l'amore che nutro verso la comune Madre celeste, la cui protezione sperimento continuamente.

s.c.

 

 

 

L'uomo dello Spirito

Serafim di Sarov è il santo più amato e venerato (insieme a s. Sergio) di tutti i santi russi. E' un santo serafico, dolce e mite di cuore, chiamato anche il san Francesco d'oriente. Serafim ripete e testimonia con la sua vita che il fine della vita cristiana è l'acquisizione, il possesso, la vita in noi dello Spirito Santo.

La sua vita si colloca tra il 1759 e il 1833. Fin dalla sua infanzia, le guarigioni miracolose, le apparizioni della Vergine, le predizioni lo accompagnano e lo dirigono verso il monastero di Sarov. A 28 anni pronuncia i voti monastici e riceve il nome di Serafim, nome ebraico della prima gerarchia degli angeli, che significa "fiammeggiante", "sfolgorante". In effetti egli è ricordato come "angelo terrestre e uomo celeste". Ordinato diacono, durante la liturgia del giovedì santo vede il Cristo circondato dagli angeli.
Sedici anni dopo la sua entrata in monastero, si ritira nella foresta per condurvi una vita da eremita. Il suo desiderio era di restare solo con Dio: "Io non credevo di vivere sulla terra, tanto la mia anima era piena di gioia", dirà più tardi. Era strano per gli altri comprendere quella gioia; la vita di Serafim era infatti estremamente austera, la sua razione di pane la divideva solo con gli animali della foresta. In quegli anni di isolamento, tuttavia, il monaco passò come tutti il crogiolo della purificazione profonda, una lotta terribile contro le forze del male: "Colui che ha scelto il deserto e il silenzio deve sentirsi costantemente crocifisso". La "preghiera del cuore" (o "preghiera di Gesù") era comunque una fiamma accesa che lo teneva vivo: al Nome di Gesù, ripetuto incessantemente, si sostituisce la sua presenza, e l'uomo si trasforma in tale presenza. Infine Serafim era divenuto davvero preghiera vivente, incarnata.
Rientrato nel monastero diventa punto di riferimento spirituale per molti, e in seguito, esercitando il ministero di starec, egli manifesta le doti di guaritore, confessore e di profeta. Così risponde Serafim a chi lo interroga sulla scelta tra la vita contemplativa o vita attiva: "Consegui la pace interiore, e una moltitudine di uomini troverà la sua salvezza accanto a te".

Durante i primi quattro giorni della settimana, Serafim leggeva i 4 evangelisti per intero. La sua spiritualità non era però cristocentrica, bensì, seguendo la tradizione della sua Chiesa, il monaco viveva perfettamente l'equilibrio trinitario, con l'attenzione rivolta alla teologia dello Spirito Santo, propria del monachesimo orientale: "Ogni anima è vivificata dallo Spirito Santo per essere illuminata dal santo mistero dell'unità trinitaria", affermava.
Amava spesso citare dal Libro dei Proverbi: "O figlio, dammi il tuo cuore, e tutto il resto lo aggiungerò io stesso" (Pr 23,26) che è complementare all'espressione evangelica: "Cercate il regno di Dio, e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù " (Lc12,31). E quando nella preghiera del Padre Nostro recitava "venga il tuo regno" in realtà intendeva: "venga il tuo Spirito Santo", identificando così l'avvento del regno con la venuta dello Spirito di Dio. Con questo Serafim intendeva invitare l'uomo a comprendere che cercare "l'unico necessario", il Regno, significa cercare lo Spirito Santo. Ed è nell'offerta del cuore a Dio che lo Spirito si manifesta e introduce nella circolazione eterna dell'amore tra il Padre e il Figlio. Questo è il Regno.
L'offerta del cuore a Dio è l'espressione massima della libertà umana. E offrendo il proprio cuore, l'uomo invoca lo Spirito e lo riceve, perché a questa invocazione la risposta del Padre è immediata; la sua essenza stessa infatti è l'essere dono, risposta, grazia gratuita.
La sofferenza in oriente non è mai coltivata per se stessa, né nel suo aspetto meritorio o espiatorio; essa è solamente un mezzo di purificazione per giungere alla gioia. E' noto il saluto abituale di Serafim, rivolto a tutti quelli che incontrava: "Mia gioia, Cristo è risorto!". Esso traduce una qualità permanente della sua anima, l'esultanza pasquale che dimora al di sopra di tutto e tutto colora con la sua luce.
Con questa esultanza il monaco si accostò al momento del suo passaggio all'eternità. A un monaco rattristato dalle sue parole "presto vi lascerò" (era stato avvertito dalla S. Vergine), egli dice: "Non è il tempo del dolore, amico mio, è quello della gioia!".
Il giorno di capodanno 1833, era una domenica, il santo si comunicò e salutò tutti i fratelli presenti. Nella serata, nonostante il tempo liturgico differente, lo si udiva cantare dei cantici di Pasqua. Il mattino venne trovato inginocchiato davanti all'icona della Vergine detta "la gioia delle gioie", con le mani incrociate sul petto e gli occhi chiusi.
Redazione

 

 

 

Aspettando Pentecoste

di p. Tomislav Vlasic

"Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna." (Gv 12, 24-25).
È naturale per l’uomo tirarsi indietro di fronte alle prove della vita, di qualsiasi natura esse siano. Ma soprattutto le piccole prove di ogni giorno formano una sorta di ragnatela che occlude la vista, l’udito, l’anima e il cuore dell’uomo, che diventa così incapace di percepire la presenza e l’azione dello Spirito Santo. Questa ragnatela col tempo aumenta di spessore, tanto da rendere quasi normale non avvertire più gli impulsi dello Spirito (qualcuno arriva addirittura alla convinzione che lo Spirito Santo non esiste!).
Per aprirsi nuovamente alla presenza dello Spirito Santo bisogna innanzitutto spogliarsi da se stessi. Anche in questo caso è fondamentale l’apporto dello Spirito Santo, perché uno "spogliamento" in cui primeggia l’azione umana porta sempre alla rigidità, al fanatismo, alla pignoleria, tutti sintomi di un io molto forte o, viceversa, molto debole. A tal proposito, S. Paolo scrive che se anche donassimo tutti i nostri averi, ma non avessimo la Carità, non avremmo fatto nulla (cfr. 1Cor 13,3).
Il chicco di grano che "muore" realizza contemporaneamente due azioni parallele: si priva dell’involucro esterno (si "spoglia") e nello stesso tempo rivela la vita nuova in sé contenuta. E' un processo armonioso e naturale, inserito perfettamente nella dinamica della creazione di cui lo Spirito Santo è partecipe. Chi vive il proprio spogliamento attraverso lo Spirito Santo sperimenta una realtà dolce, bella, come per Gesù, che camminando verso la morte rimaneva sereno, anzi consolava gli altri, perché era completamente immerso nello Spirito Santo.

Lo spogliamento completo appartiene alla dinamica del battesimo, perché il battesimo è morire a se stessi, morire al peccato. Così spiega San Pietro ai primi fedeli dopo la Pentecoste: "Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù per la remissione dei vostri peccati, dopo riceverete il dono dello Spirito Santo". I primi cristiani si preparavano a questo spogliamento totale con la penitenza, con la catechesi e la ferma decisione di vivere per Dio. Anche noi oggi dobbiamo sfasciare l’uomo vecchio, quello che abita nella nostra mente, nel cuore, nella volontà per poter lasciare l’iniziativa all’azione dello Spirito Santo e per essere aperti alla grazia di Colui che a noi si offre completamente, senza trattenere nulla.
Per sconfiggere la morte, il dolore, il peccato e Satana dentro di noi, e permettere che lo Spirito Santo manifesti la sua onnipotenza in ogni angolo del nostro essere, è necessario lo spogliamento della mente: "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a Lui gradito e perfetto" (Rom 12,2). Accettando di morire a se stessi, attraverso lo Spirito Santo, lì dove c’era la morte nasce la vita. Diversamente, se non avviene questo passaggio, rimaniamo molto fragili, suscettibili ed ogni piccola contrarietà ci tocca e ci distrugge. In questo caso, persino le prove più insignificanti provocano amarezza e un ricorso alla difesa. I pettegolezzi, le critiche, le mormorazioni sono armi che impugnamo per colpire gli altri. Quando invece invochiamo lo Spirito Santo, è Lui che ci difende in modo inoffensivo e vitale, capace di costruire e non di distruggere.

Molte persone si difendono o aggrediscono gli altri semplicemente per paura. Assumendo un atteggiamento di umiltà ci apriamo allo Spirito Santo che ha il potere purificare e guarire il cuore. Lottare con l’odio contro le persone che ci feriscono è molto dannoso per la nostra anima, perché l’odio è una porta aperta a Satana. Se invece all’offesa rispondiamo con il sorriso, con la bontà, con la preghiera, l’inferno verrà paralizzato e non potrà penetrarci. In questo modo si cresce, si diventa robusti, mentre i frutti dello Spirito Santo si trasformeranno in virtù.
Morire a se stessi, aperti allo Spirito Santo, vuol dire in sostanza diventare una creatura nuova. Bisogna donare tutto allo Spirito Santo, perché cambi la mente, il cuore, purifichi l’anima. Soltanto nell’apertura totale a lui avviene la trasformazione della persona. Ecco che a questo punto scopriamo le virtù fondamentali: la fede, la speranza, l’amore. È la vita che fiorisce, è la dinamica dello Spirito Santo dentro di noi: una fede che non è solo fiducia umana, ma un dono che ci unisce a Dio. Scopriremo allora che i sette doni dello Spirito Santo sono la pienezza dell’azione di Dio dentro di noi, un tesoro nascosto e preziosissimo. Ma quello che potremmo scoprire in realtà è infinito, perché Dio è infinito. È quindi importante cogliere gli impulsi dello Spirito Santo e sentire il bisogno di incamminarsi e di progredire, senza sforzi, senza obblighi, senza costrizioni ma con naturalezza, spinti dal bisogno di vivere.

 

 

 

Un costante richiamo all'Amore che salva

(Continua da Eco 156)

La Regina della Pace chiama i suo "cari figli", vera "stirpe della Donna" (Gen 3,15), che Dio ha scelto e chiamato "nel suo grande piano di salvezza per l’umanità" (Mess. 25.01.1987), a rendere presente la fiamma d’amore del suo Cuore Immacolato in ogni parte del mondo, divenendo quasi un prolungamento della Sua speciale presenza di grazia tra gli uomini: "Vi invito a vivere con amore i messaggi che vi do e a trasmetterli in tutto il mondo così che un fiume d’amore scorra tra la gente piena di odio e senza pace" (Mess. 25.02.1995); "Tramite voi desidero rinnovare il mondo. Comprendete, figlioli che oggi voi siete il sale della terra e la luce del mondo" (Mess. 25.10.1996).
Come a Lourdes e a Fatima per alcuni prescelti, così a Medjugorje per moltitudini di chiamati, a chi è stata donata una speciale esperienza del mistero infuocato dell’amore trinitario, attraverso l’incontro vivo e personale con il "roveto ardente" del Cuore Immacolato, è affidato anche un preciso mandato spirituale: essere testimone e portatore dell’Amore misericordioso del Padre fin nelle profondità più oscure e ferite degli uomini, perché ogni "terra devastata sia chiamata Suo compiacimento"(Is. 62,4), ogni realtà sia pienamente redenta e risplenda del fulgore pasquale dei cieli nuovi e della terra nuova: "Vi invito a diventare apostoli dell’Amore e della bontà. In questo mondo senza pace testimoniate Dio e l’Amore di Dio" (Mess.25.10.1993); "Vi invito figlioli a diventare pace dove non c’è pace e luce dove c’è tenebra, perché ogni cuore accetti la luce e la via della salvezza" (Mess. 25.02.1995).

Affinché si compia questo fondamentale disegno di grazia, all’aurora "di un nuovo tempo" (Mess.25.01.1993), segnato dal trionfo annunciato del suo Cuore Immacolato, Maria ci chiama a testimoniare tra i fratelli una qualità d’amore assai diversa da quella comunemente intesa dal mondo. Non è l’amore umano, è l’Amore di Dio. E’ quello che si è pienamente rivelato nel Mistero pasquale di Cristo attraverso lo scandalo della Croce, è il frutto di quella "sapienza divina, misteriosa, che è rimasta nascosta, che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria" (1Cor. 2,6). è l’amore che si glorifica pienamente nell’Agnello Immolato che illumina la nuova creazione (cfr. Ap. 21, 22-23): la Regina della Pace ci chiama innanzitutto all’amore sacrificato. "Cari figli, oggi vi invito all’amore, che è gradito e caro a Dio. Figlioli, l’amore accetta tutto, tutto ciò che è duro e amaro, a motivo di Gesù che è amore. Perciò, cari figli, pregate Dio che venga in vostro aiuto: ma non secondo i vostri desideri, ma secondo il suo amore!" (Mess.25.06.1988). "Riconciliatevi gli uni con gli altri e offrite la vostra vita per far regnare la pace su tutta la terra" (Mess. 25.12.1990). Questa è la via regale delle Beatitudini evangeliche, tracciata da Cristo a tutte le generazioni dei redenti, che Maria, serva docile della Parola, con la sua speciale presenza di grazia vuole rendere viva e luminosa in questo tempo nel cuore dei suoi figli: "Desidero che amiate tutti buoni e cattivi, con il mio amore. Solo così l’amore prenderà il sopravvento nel mondo" (Mess. 25.05.1988); "Desidero avvicinarvi sempre più a Gesù e al Suo Cuore ferito, affinché dai vostri cuori sgorghi una fonte di amore su ogni uomo e su quelli che vi disprezzano: così, con l’amore di Gesù, sarete capaci di vincere ogni miseria in quel mondo doloroso che è senza speranza per quelli che non conoscono Gesù" (Mess.25.11.1991).
Questo amore divino, accolto e donato, genera continuamente il mistero della Chiesa, frutto supremo del Cammino Pasquale di Cristo e vero "sacramento di salvezza per il mondo". In esso si rende visibilmente presente l’immagine e la gloria della famiglia trinitaria.

La Madonna, con semplicità e commovente tenerezza, ci invita ad entrare nel crogiolo d’amore del suo Cuore Immacolato, per vivere, con speciale intensità e pienezza, questo mistero di comunione donato dall’alto: "Desidero che il mio Cuore, il Cuore di Gesù e il vostro cuore si fondano in un unico cuore d’amore e di pace… Io sono con voi e vi guido sulla via dell’amore" (Mess. 25.07.1999). Per questo suscita nuovi spazi di comunione, famiglie spirituali e gruppi di preghiera, ove, attraverso la grazia della sua speciale presenza, risplenda in modo più intenso e luminoso la verità dell’Amore trinitario, per proclamare al mondo la gioia ineffabile dell’offerta di Cristo, consumata nel fuoco d’amore dello Spirito, per la salvezza dei fratelli:"…formate gruppi di preghiera, così sperimenterete la gioia nella preghiera e nella comunione. Tutti coloro che pregano e sono membri di gruppi di preghiera, nel cuore sono aperti alla volontà di Dio e testimoniano gioiosamente l’amore di Dio" (Mess.25.09.2000).
La Madonna, che è "Mater Ecclesiae", in perfetta consonanza con l’intuizione del Papa, che tra gli atti significativi del percorso giubilare volle celebrare la "purificazione della memoria" della Chiesa, desidera che in questo tempo la Sposa si rinnovi pienamente e risplenda di vita nuova davanti al suo Signore, che ogni "macchia e ruga", residuo di vecchiezza umana non redenta, ancora annidata in molte strutture ecclesiali, diventate "apparati senz’anima e maschere di comunione" (v. Lett. Apost. "Novo millennio inenunte", N° 43), sia in questo tempo pienamente consumata dall’amore ardente dell’Agnello, cui la Regina della Pace vuole instancabilmente ricondurre i suoi figli, perché tutti i cuori siano totalmente guariti e rinnovati dal "fiume di acqua viva limpida come cristallo", che incessantemente "scaturisce dal Suo trono"( Ap. 22, 1): "Preghiamo figlioli, per coloro che non vogliono conoscere l’amore di Dio, pur essendo nella Chiesa. Preghiamo che si convertano; che la Chiesa resusciti nell’amore. Solo così, con l’amore e la preghiera, figlioli, potete vivere questo tempo che vi è donato per la conversione" (Mess. 25.03.1999).
A questo trono regale, "a colui che hanno trafitto" (Gv.19,37), oggi volgono inconsapevolmente lo sguardo sempre più vaste moltitudini di fratelli, assetate di quell’acqua viva che il Padre vuole loro donare attraverso la nostra libera risposta d’amore. Affidiamo alla tenerezza della Regina della Pace il peso della nostra debolezza e della radicale incapacità d’amare presente nelle profondità ferite dei nostri cuori, perché tutto sia pienamente trasformato in sovrabbondante luce di grazia, che faccia finalmente di noi quelle"mani tese di Dio che l’umanità cerca" (Mess. 25.02.1997).

Giuseppe Ferraro

 

 

Maria, donna del terzo giorno

Vorrei che fosse Maria in persona ad entrare in casa vostra, a spalancarvi la finestra, e a darvi l’augurio di buona Pasqua…

Un augurio immenso quanto le braccia del condannato, stese sulla croce o librate verso i cieli della libertà. Molti si chiedono sorpresi perché mai il vangelo, mentre ci parla di Gesù apparso nel giorno di Pasqua a tantissime persone, come la Maddalena, le pie donne e i discepoli, non ci riporti, invece, alcuna apparizione alla Madre da parte del Figlio risorto.
Io una risposta ce l’avrei: perché non c’era bisogno! Non c’era bisogno, cioè, che Gesù apparisse a Maria, perché lei, l’unica, fu presente alla risurrezione. I teologi, per la verità, ci dicono che questo evento fu sottratto agli occhi di tutti, si svolse nelle insondabili profondità del mistero, e, nel suo attuarsi storico, non ebbe alcun testimone.

Io penso, però, che un'eccezione ci fu: Maria, l’unica. Dovette essere presente a questa peripezia suprema della storia. Come fu presente, l’unica, al momento dell’incarnazione del Verbo. Come fu presente, l’unica, all’uscita di Lui dal suo grembo verginale di carne. E divenne la donna del primo sguardo su Dio fatto uomo. Così dovette essere presente, l’unica, all’uscita di lui dal grembo verginale di pietra: il sepolcro "nel quale nessuno era stato ancora deposto". E divenne la donna del primo sguardo dell’uomo fatto Dio. Gli altri furono testimoni del Risorto. Lei, della Risurrezione. Del resto, se il legame di Maria con Gesù fu così stretto che ne ha condiviso tutta l'esperienza redentrice, è impensabile che la risurrezione, momento vertice della salvezza, l’abbia vista dissociata dal Figlio. Sarebbe l’unica assenza: e resterebbe per di più, un'assenza ingiustificata.
A darci conferma, comunque, di quanto la vicenda della Madre sia incastrata con la Pasqua del Figlio, ci sono nel vangelo almeno due pagine, in cui la frase "terzo giorno," sigla cronologica che designa la risurrezione, è riferita alla presenza, se non proprio al protagonismo, di Maria. La prima pagina è di san Luca. Racconta la scomparsa di Gesù dodicenne nel tempio e il suo ritrovamento al "terzo giorno". Gli studiosi sono ormai concordi nell’interpretare quest’episodio come una profezia velata di quanto sarebbe accaduto in seguito ai discepoli, nel tempo in cui Gesù compì il suo passaggio da questo mondo al Padre, sempre a Gerusalemme, in una Pasqua di tanti anni dopo. Si tratterebbe, cioè, di una parabola allusiva alla scomparsa di Gesù dietro la pietra del sepolcro, e al suo glorioso apparire dopo tre giorni.
La seconda pagina è di san Giovanni. Riguarda le nozze di Cana, durante le quali l’intervento di Maria, anticipando l‘ora di Gesù, introduce sul banchetto degli uomini il vino della nuova alleanza pasquale, e fa esplodere anzitempo la "gloria" della risurrezione. Ebbene, anche questo episodio è introdotto da un marchio di origine controllata: "Il terzo giorno."
Maria, dunque, è colei che ha a che fare col "terzo giorno", a tal punto che non solo è la figlia primogenita della Pasqua, ma in un certo senso ne è anche la madre.

"Santa Maria, donna del terzo giorno, destaci dal sonno della roccia. E l’annuncio che è Pasqua pure per noi, vieni a portarcelo tu, nel cuore della notte. Non aspettare i chiarori dell’alba. Non attendere che le donne vengano con gli unguenti. Vieni prima tu, coi riflessi del Risorto negli occhi e con i profumi della tua testimonianza diretta. Quando le altre Marie arriveranno nel giardino, con i piedi umidi di rugiada, ci trovino già desti e sappiano di essere state precedute da te, l’unica spettatrice del duello tra la Vita e la Morte.
Santa Maria, donna del terzo giorno, donaci la certezza che, nonostante tutto, la morte non avrà più presa su di noi. Che le ingiustizie dei popoli hanno i giorni contati. Che i bagliori delle guerre si stanno riducendo a luci crepuscolari. Che le sofferenze dei poveri sono giunte agli ultimi rantoli. E che, finalmente, le lacrime di tutte le vittime delle violenze e del dolore saranno presto prosciugate come la brina dal sole della primavera.
E regalaci la speranza che, quando verrà il momento della sfida decisiva, anche per noi come per Gesù, tu possa essere l’arbitra che, il terzo giorno, omologherà finalmente la nostra vittoria
".

don Tonino Bello - vescovo

 

 

 

 

La benedetta fra tutte le donne

 

Di p. A. Gasparino

E' importante conoscere di più Maria perché c'è troppa superficialità nell'amore alla Madre di Dio, forse causata proprio dal fatto che non la si conosce abbastanza. A questo scopo ci può aiutare un documento della Chiesa: l'enciclica Redemptoris Mater, che semplificheremo per renderlo accessibile alle persone semplici. In particolare focalizzeremo il n. 9 della lettera apostolica.
"Dio ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo."
Chi è tra gli uomini la creatura umana più benedetta da Dio? C’è solo una riposta: è Maria. E’ stata lei scelta prima della creazione del mondo, santa e immacolata al cospetto di Dio, predestinata a dare al mondo Gesù, Figlio di Dio. Dio in realtà ci ha benedetti già tutti in Cristo e Maria, prima che nascessimo ci ha benedetti. Egli si è chinato sulla miseria dell’uomo e, attraverso Maria, ha inaugurato un mondo nuovo, il mondo dei figli di Dio. E’ anzitutto in Maria, quindi, che è stata racchiusa ogni benedizione spirituale di Cristo. Non è forse Maria che Elisabetta ha salutato dicendo: la benedetta fra tutte le donne?
Quando l’angelo apparve a Maria per annunciarle che sarebbe diventata la Madre di Dio, pronunciò queste parole: "Ti saluto Piena di grazia, il Signore è con te". Perché Maria è salutata come "Piena di grazia?" L’enciclica Redemptoris Mater risponde: "Perché in lei si è manifestata tutta la gloria della grazia, la grazia che il Padre ci ha dato nel suo diletto Figlio". E’ da notare bene, l’angelo non chiama Maria con il suo nome proprio (Miriam era il suo nome); l’angelo la chiama con un nome nuovo, il nome segnato dall’anagrafe divina, la chiama: "La Piena di grazia".

Maria è salutata come la creatura santissima, perché è unita a Cristo che è la somma Santità. Il Papa dice: l’elezione di Maria è del tutto eccezionale ed unica. Sì, Maria si stacca da ogni creatura umana, per la sua missione eccezionale. Eccezionale ed unica è la missione di essere lo strumento dell’Incarnazione del Figlio di Dio. Per questo ha davanti a Dio un titolo eccezionale ed unico. Ma Lei era una povera creatura come noi. Il Concilio dice: "Prima tra gli uomini e i poveri del Signore i quali attendono e ricevono la salvezza è Maria".
Un amico protestante mi ha detto: io prego Dio, ma non prego Maria. Ho risposto: Hai già con serietà considerata la preghiera dell’Ave Maria? La prima parte dell’Ave Maria è tutta biblica, perciò dovrebbe trovare consenziente qualunque protestante. Nella seconda parte hai già vagliato le parole dell’Ave Maria? Noi diciamo: "Prega per noi peccatori". Anche noi ci rivolgiamo a Maria ma per chiedere che preghi per noi. Più che pregare Maria noi chiediamo la preghiera di Maria. Nella comunione dei Santi, è normale che ci rivolgiamo anche ai nostri cari che vivono in Dio, per chiedere le loro preghiere, per chiedere la loro intercessione. Nell’ottica della comunione dei Santi, dunque, il culto a Maria trova la sua piena giustificazione. Il Concilio dice: "Piena di grazia significa tutta santa, significa creatura santissima."

Il Concilio ha inoltre osato dire un affermazione fortissima, contenuta nella "Lumen Gentium", al N° 53, dove si dice che "Maria per tale dono di Grazia esimia, precede di gran lunga tutte le altre creature celesti e terrestri". La Chiesa afferma dunque che Maria è la più grande creatura terrena: tutta la grandezza dei Santi sfuma davanti alla grandezza di Maria. Maria è più di ogni creatura celeste: tutta la grandezza degli angeli non è paragonabile alla grandezza di Maria. E' questo il motivo che ci spinge ad avere una confidenza illimitata in Maria. Chi non capisce la grandezza di Maria è perché non capisce la grandezza dell'Incarnazione. Maria scelta, e preparata da Dio per attuare il prodigio dell'Incarnazione, è davvero la prima di tutte le donne, la più grande e la più vicina a Dio.
I nostri fratelli protestanti si preoccupano molto del culto a Maria che si è sviluppato nella Chiesa cattolica, più ancora nella chiesa ortodossa. Ma il mistero dell'Incarnazione non cessa di stupire la teologia di tutti i tempi. Dobbiamo certamente vigilare sulle esagerazioni del culto a Maria, ma dobbiamo anche dire che non capiremo mai a sufficienza la sua grandezza e il bisogno che abbiamo di lei.

Al congresso Mariologico del settembre 2000, il Papa ha fatto un richiamo fortissimo perché capiamo di più la grandezza di Maria. Ha invitato tutti alla serietà teologica e alla concretezza. Sì, Maria deve essere molto amata, ma con una devozione che, per essere autentica, deve essere ben fondata sulla scrittura e sulla tradizione, valorizzando innanzitutto la liturgia e traendo da essa sicuro orientamento per le manifestazioni più spontanee della religiosità popolare. Sottolinea il Santo Padre: "Maria deve essere molto amata e onorata, ma con una devozione che, per essere autentica, deve esprimersi nello sforzo di imitare la tutta Santa in un cammino di perfezione personale. Non basta il culto, il semplice culto. Il culto deve diventare imitazione di Maria."
Il Papa raccomanda quindi una devozione Mariana che abbia ad attingere alla sorgente della grandezza di Maria, facendosi incessante Magnificat di lode al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Se la devozione a Maria non porta a Gesù è una falsa devozione. Maria deve sempre portare a Gesù, perché Maria vuole sempre portare a Gesù "Fate quello che vi dirà" . Ecco cosa vuole Maria da noi!
"Sono con voi stasera, cari figli. Non parlerò nel chiasso, io parlo nel silenzio, in un un cuore calmo, in un cuore pieno di amore, pieno di calore per il proprio fratello. Desidero invitarvi a vivere davvero la mia presenza..."
"Sì, i
o sono vostra Madre e desiderlo esserlo per sempre. Desidero che attraverso di voi tutti sentano che sono la Madre di tutti gli uomini..."
Con queste parole la Madonna si rivolgeva, attraverso Jelena, al gruppo di preghiera di Medj. Frasi semplici, eppure cariche di tenerezza ed amore per quei figli che Ella vuole portare all'incontro con il Figlio Gesù, la Parola incarnata.
Solo una madre sa indicare, con il giusto tono e al momento opportuno, ciò che è utile alla crescita dei propri figli. Ma solo la madre Maria sa toccare i cuori e farli aprire, affinchè ogni seme della Parola porti frutto a suo tempo.

 

 

 

Vergine, madre e donna feconda

di Jelena Vasilj

La contemplazione di Maria è il frutto dell'incontro con la Madre di Gesù, con la persona umana. Meditare su di lei non rappresenta unicamente la scelta di un tema di particolare rilevanza per la nostra vita spirituale, bensì la ricerca da parte del cuore umano di esprimere ciò che è nato nell'animo dopo averla accettata come madre propria. In quanto persona Maria è un mistero che Dio ci pone dinanzi come inesauribile e perciò richiede la nostra umiltà e fede per poterne fare parte.
Maria ci è stata rivelata nel suo essere come madre e vergine ed è di questa verità che il nostro cuore si nutre nell'incontrarla, e sulla sua persona deve essere basata ogni spiritualità di tipo mariano. Oggi c'è il rischio che la devozione mariana ci porti ad un numero di azioni esterne senza mai contemplare l'interiorità di Maria, ed in base ad essa essere i suoi figli nella somiglianza dell'anima, ciò nella nostra integrità della fede e nella fecondità.

Cos'è la fecondità di Maria e cos'è la nostra fecondità? Maria è caratterizzata da due tipi di fecondità, quella fisica, che si attua offrendo della sua sostanza materiale dal momento dell'incarnazione di Dio, durante la sua passione e fino alla sua risurrezione. Però l'affidamento che Maria ha fatto di sé non è solo esterno e dato una volta, visto che la madre non è madre solo nel momento del parto ma continua a nutrire il suo al figlio anche dopo il parto; ma questo gesto esterno è soprattutto accompagnato da un gesto interiore molto più importante per noi dato che non tutti sono disposti alla maternità fisica.
Questo atteggiamento interiore di Maria è il fondamento di una spiritualità al femminile. Un atteggiamento non solo riservato alle donne ma, in un certo qual modo, tutti siamo chiamati ad essere la Madre di Dio (cf. Lc. 8,21). Maria ha portato nel grembo Gesù ma nel suo cuore ha portato la Parola. Con la sua fecondità esterna la Madonna è un esempio di chi partorisce in maniera fisica ma soprattutto di chi deve partorire nella sua interiorità. Quindi tutti siamo invitati ad essere gravidi della Parola di Dio, ad essere pieni di grazia. (cf. Lc. 2,51).

Cosa è questa maternità in senso pratico, come si attua? Il verbo greco diatereo di s. Luca ci illumina a tale proposito; il suo significato è "tenere con cura come un tesoro", quindi lasciare che la Parola sia un tesoro nel nostro cuore. Nel battesimo Dio ha seminato nel nostro cuore il Verbo, il seme che richiede la nostra cura, il nostro si quotidiano perché Egli possa portare frutto nella nostra anima. Un si alla stessa vita di Dio in noi non solo ad un compito specifico della mia missione, ma un si che sarà alla base di una qualsiasi azione; è un si soprattutto all'Eucaristia, a quello stesso Gesù che Maria ha portato nel suo cuore, ai sacramenti, alla parola di Dio mediante la lettura quotidiana; un si non solo presente nei gesti ma attraverso la fede. La fede è la adesione necessaria interiore che purifica il cuore dalle nostre parole dalle nostre fantasticherie su Dio e quella che ci conserva integri nella interiorità e vergini nel nostro cuore.

La distinzione tra interiorità e esteriorità non deve dare l'idea che i nostri gesti esterni non hanno importanza. L'analisi, la separazione ci deve far comprendere come l'esteriorità e l'interiorità lavorano insieme. Se volessimo dare importanza solo allo spirito ci sfuggirebbe il mistero della incarnazione stessa. Ed è la spiritualità mariana che ci ripropone un tale equilibrio ed una spiritualità umana dato che non solo è un dono portarlo nella interiorità ma per Maria lo è stato anche nella esteriorità. Lo stesso avviene per noi nel mistero dell'Eucaristia, la portiamo anche fisicamente per circa 10 minuti nel nostro corpo però ci è di beneficio solo se la portiamo nella nostra interiorità, e perciò Elisabetta disse a Maria "beata perché hai creduto" (cf. Lc. 1,45).

 

 

 

Sr. Elvira: "La donna è il bene del mondo"

Nel numero precedente di Eco abbiamo pubblicato la notizia dell'apertura a Medj. del "Campo della gioia", la comunità al "femminile" della Comunità Cenacolo.
Alle ragazze che venivano inviate ad aprire la casa, sr. Elvira - fondatrice della Comunità - ha ricordato il valore particolare racchiuso nell'essere donna, indicando il modo con cui questo bene si può mettere al servizio degli altri.

Vogliamo amare e l'amore è la tua vita che si sviluppa con uno sguardo, con un gesto, col dolore. La donna in particolare ha il fuoco dell'amore dentro, un fuoco che brucia. La maternità è dentro il suo essere, il suo sangue, i suoi occhi, il suo cervello, tutto in lei è maternità. Dio ha voluto la donna così. Noi siamo fatte per amare e quando una donna ha la pace vera dentro il cuore non può tenerla per sé; la donna è nata per dare la vita per essere questo fuoco di bene, di vita nell'umanità.
La donna è un apostolo che può portare alla gente la gioia, la felicità, la fiducia, la speranza, ma può anche portare la disperazione. Può portare una famiglia alla tortura, alla violenza, allo sfacelo. Se la donna non ha fretta nella sua maturazione interiore farà del bene a tutti. E' un bene per il mondo. Il bene più prezioso del mondo non sono le miniere d'oro e d'argento, le scoperte della scienza e della tecnica. Il bene del mondo è una donna saggia, è una donna vera, è una donna pulita che dove passa semina la vita, la speranza, la pace. Voi ragazze dovete essere capaci di trasmettere ciò che nessuna cultura, nessuna scienza può trasmettere, ma lo può fare una donna piena di calma, di pace interiore, di Spirito Santo, una donna che prega".
Nelle diverse comunità vivono 15 coppie che hanno scelto di condividere la propria esistenza con gli ex-tossicodipendenti , nutrendoli con l'amore che nasce nel cuore della propria famiglia. A Medj. vivono Marco e Cinzia, con il loro piccolo Daniele.

Puoi raccontarci, Cinzia, la tua esperienza, come sposa, al Campo della gioia?

"Marco ed io, come singoli in comunità, abbiamo un'esperienza di anni ma il cammino di coppia invece è una cosa tutta nuova, da scoprire. Le esigenze sono diverse, c'è bisogno di tempi diversi in comunità. Innanzitutto mi occupo del nostro nucleo familiare, ma cerco di mantenere sempre vivo il dialogo con le ragazze, la condivisione. E' bello perché tutti ci sono vicini, e poi sappiamo che siamo osservati perché tanti sentono la vocazione alla famiglia e quindi ci guardano per scoprire cosa distingue una famiglia cristiana. E' questo uno stimolo positivo che ci aiuta ad andare al di là di tante piccole cose.

Come si inserisce la famiglia nel ritmo comunitario? Abbiamo un nostro appartamentino, la cucina, la camera per i bambini; poi partecipiamo alla vita comunitaria con la preghiera, la condivisione, il pranzo. Alla sera poi, ci ritroviamo di nuovo in famiglia per concludere la giornata insieme, condividere, confrontarci, pregare con i bambini e avere un momento d'intimità.
Inizialmente, temevo che la famiglia avrebbe ridotto la mia disponibilità nei confronti degli altri, sia nel dare ma anche nel ricevere; invece vedo che non è così. I tempi sono sicuramente ristretti però mi sono accorta che se ho il cuore disponibile non cambia niente, solo le circostanze. Questa scoperta mi dà molto slancio ad andare avanti insieme agli altri. Ed è proprio una bella scoperta." Red.

 

 

* Mirjana e la Vergine - Come di consueto la veggente ha avuto la sua annuale apparizione il 18 marzo, in occasione del suo compleanno (il più bel regalo che si possa desiderare!). Più di 1000 persone erano presenti alla Comunità Cenacolo per recitare insieme il Rosario, in attesa dell'apparizione, che poi è durata 5 minuti. La Madonna, con un tono risoluto e materno, si è rivolta a Mirjana dicendo: "Cari figli! Oggi vi invito all’amore ed alla misericordia. Donatevi amore gli uni gli altri, come il Padre lo dona a voi. Siate misericordiosi (pausa) di cuore. Fate opere buone senza aspettare troppo a lungo. Ogni misericordia che esce dal vostro cuore vi avvicina a mio Figlio."

* Incontro delle Guide dei Centri per la pace - L'8° edizione di questo atteso appuntamento ha avuto luogo a Medj. dal 26 febbraio all’1 marzo. 140 partecipanti provenienti da 20 paesi hanno discusso sul tema: "Pace e riconciliazione". Anche quest'anno è stata adottata una dichiarazione congiunta: Già da vent’anni siamo testimoni di come Gesù, il Re della Pace, tramite sua Madre, la Regina della Pace, sia divenuto il centro del nostro cammino di pellegrinaggio a Medj. Alla ricerca del nostro ruolo di cristiani, abbiamo capito che dobbiamo innanzitutto adempiere le parole delle Sacre Scritture: "Tutto questo però viene da Dio che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione" (2 Cor 5, 18-19).

* "Il confessionale del mondo" - E' uno degli appellativi di Medj. Infatti, in questo luogo di grazia, dall'inizio delle apparizioni fino ad oggi, migliaia di persone hanno trovato nuovamente la pace in Dio (e con la pace, anche se stessi) attraverso il sacramento della riconciliazione. Ecco perché i sacerdoti, per molti anni, hanno confessato all’aperto. Nel 1989 erano stati posti dei confessionali che tuttavia, con il passare del tempo, si sono usurati. Alla fine dello scorso anno, sono stati completamente rinnovati.

* Paura e stupore davanti ai carri armati - Gli avvenimenti esterni sono un riflesso visibile della lotta tra le invisibili forze del bene e del male. Solo in questa luce possiamo osservare gli spiacevoli avvenimenti che nel pomeriggio del Martedì santo hanno coinvolto, loro malgrado, i presenti a Medj. Erano circa le 16 quando i soldati della SFOR hanno attraversato Medj. con veicoli militari, spaventando la popolazione e più di un migliaio di pellegrini che camminavano in direzione del Podbrdo. Per fare strada al convoglio, costituito da circa 10 veicoli militari in assetto da guerra, i soldati sono scesi dai veicoli ed hanno rivolto le armi contro i pellegrini confusi e spaventati ed hanno poi proseguito.
A tale evento il parroco, I. Sesar, ha replicato con disappunto, in una lettera indirizzata ai responsabili all'ONU: "Siamo sconvolti e desideriamo esprimere la nostra profonda disapprovazione per un tale comportamento, per noi incomprensibile ed inconcepibile. Chiediamo di cuore che nessuno venga in questo luogo con nessun tipo di arma poiché qualsiasi problema o incomprensione possono essere risolti tramite un pacifico dialogo.
Oggi la parrocchia di Medj. è nota in tutto il mondo come luogo di preghiera, pace e riconciliazione. Molti soldati ed ufficiali delle Nazioni Unite sono venuti qui in visita e a chiedere di persona l’intercessione materna della Vergine e l’aiuto di Dio. Essi, in quanto uomini di buona volontà, continueranno ad essere pellegrini graditi. Noi invochiamo su tutti loro lo Spirito Santo e chiediamo loro di non portare inquietudine in questo luogo di pace e di preghiera... Non è forse triste, vedere dei soldati con carri armati, camion ed armi in pugno affianco a dei pellegrini con il Rosario tra le mani? ".

(da: Press Bulletin)

 

 

 

Medjugorje respira con la Risurrezione

Con l'avvicinarsi delle festività pasquali, la fila davanti ai confessionali diventava sempre più lunga. Gli instancabili frati, insieme ai sacerdoti provenienti dall'estero, hanno confessato fino all'ultimo momento, donandosi sino all'esaurirsi delle proprie forze. L'afflusso dei pellegrini era iniziato già all'inizio della settimana santa ma, come sempre, l'apice delle presenze che gremivano il Santuario si è raggiunto durante il Triduo Pasquale.
La messa in Cena Domini celebrata il giovedì dal parroco I. Sesar, ha dato avvio all'itinerario comunitario in questi giorni di grazia. La Via Crucis del venerdì sul monte Krizevac è stata suddivisa in 11 diversi gruppi linguistici. Tra questi, il numeroso gruppo dei parrocchiani intorno ai suoi frati, costituiva una vera famiglia spirituale riunita in intensa preghiera.

Il Sabato santo era un giorno freddo e nuvoloso e l'aria odorava di neve... Un clima che, in un certo senso, spingeva ogni fedele a prepararsi al "grande evento" nel nascondimento e nell'intimità del proprio cuore. E proprio lì, in ogni cuore aperto, è avvenuta la Risurrezione durante la Veglia Pasquale iniziata circa alle 20.00. Guidati nella ricca liturgia: attraverso il buio verso la Luce, attraverso la schiavitù verso la Libertà, attraverso la ribellione verso la figliolanza con il battesimo, i fedeli sono stati incoraggiati dalle parole del predicatore fra Ljubo: "Vivere con la forza del Cristo risorto la rinascita dell'uomo nuovo in se stessi, è possibile già su questa terra e non solo nella risurrezione dai morti. Ci è data anche qui, oggi, un'anticipazione della gloria eterna, della gioia e della realizzazione finale. Ma possiamo vivere questo solo se nella vita non anteponiamo niente a Dio. Quando mettiamo Dio al primo posto, tutte le realtà terrene ci vengono rese trasfigurate e acquistano il proprio senso...
La risurrezione non è un restituire la vita: Gesù ha l'ha ridata a Lazzaro, al giovinetto di Naim, alla figlia di Giairo. Eppure essi non sono cambiati: hanno riacquistato la vita sulla terra ma hanno dovuto poi nuovamente soffrire e morire. Gesù invece è risorto con un corpo trasformato, in lui tutto l'uomo era trasformato. E' un nuovo corpo spiritualizzato che non può più soffrire, è un corpo risorto che non muore più. Anche noi saremo così, in eterno. La risurrezione di Cristo è l'inizio del nuovo mondo, qualcosa che non è mai esistito e che nessun'altro avrebbe potuto fare per noi. Per questo Gesù Cristo è l'unico Salvatore del mondo".
Ed è sembrato proprio un segno della presenza di Dio il sole splendente apparso nella Domenica di Risurrezione; nell'aria si poteva respirare le Vita. Per tutto il giorno attraverso le numerose celebrazioni eucaristiche, l'apertura interiore dei cuori e la grazia stessa che vibra in questo posto, si è creata un'atmosfera speciale: Medjugorje ha respirato con la Risurrezione.

 

 

20° Anniversario delle apparizioni:

Un novena come dono a Maria

Tutti i grandi misteri della salvezza si preparano nel silenzio. Il silenzio ci dona la possibilità di riconoscere la Parola e lascia lo spazio per l'azione della Grazia.
I frati della parrocchia di Medj. hanno scelto questa strada, la strada del silenzio, della preghiera e dell'adorazione per preparare e celebrare attraverso di essi il 20° anniversario delle apparizioni della Madonna. In questo spirito hanno tuttavia preparato, come dono alla "Gospa", qualcosa di speciale, nella quale si possono riunificare tutti i suoi figli sparsi nel mondo: La preghiera con la Regina della Pace.
Soltanto la preghiera unita "per Cristo, con Cristo ed in Cristo" non conosce confini di lingue, paesi, distanze…Essa ci congiunge tutti in un'unità, la Chiesa di Cristo. Con la preghiera, come Maria stessa dice, otteniamo la vera pace e la riconciliazione, la conversione del cuore. Solo la preghiera ha il potere di fermare le sia guerre armate sia quelle dell'incredulità e della paura del futuro, come anche le catastrofi naturali…
La preghiera proposta dai frati è organizzata in forma di NOVENA. Ad ogni giorno è dedicata un'intenzione particolare per la quale si pregano i Misteri Gloriosi del Rosario con la riflessione di testi prestabiliti (il primo è un estratto dal vangelo; il secondo, un messaggio della Madonna degli anni passati; il terzo, un brano del Catechismo della Chiesa Cattolica).
Sono stati scelti i Misteri Gloriosi del Rosario affinché, attraverso la preghiera, ci si possa anche inserire nella liturgia della parrocchia di Medj., che li prega dopo la S. Messa serale.

Le intenzioni sono le seguenti:

1° giorno: preghiamo per i veggenti

2° giorno: preghiamo per i sacerdoti in servizio nel Santuario

3° giorno: preghiamo per i parrocchiani

4° giorno: preghiamo per tutti i responsabili della Chiesa

5° giorno: preghiamo per tutti i pellegrini che hanno visitato Medjugorje

6° giorno: preghiamo per tutti i pellegrini che andranno a Medjugorje

7° giorno: preghiamo per tutti i gruppi di preghiera e i centri ispirati a Medj. in tutto il mondo

8° giorno: preghiamo per la realizzazione dei messaggi e di tutti i frutti di Medj.

9° giorno: preghiamo secondo le intenzioni della regina della Pace.

Il testo della novena si trova su Internet, nel sito del Santuario www.medjugorje.hr. La novena è stata anche stampata in un libretto, pubblicato in lingua croata, inglese, francese, tedesca e italiana. Il libretto si può acquistare presso il Negozio di souvenirs della parrocchia o ordinare presso il Centro di informazioni all'indirizzo di posta elettronica: informacije@medjugorje.hr oppure al numero tel\fax 00387.36651988.

(dalla corrispondente di Eco a Medjugorje Paula Jurcic)

* Nei giorni 18 - 19 maggio, si terrà al Palasport di Firenze l’incontro nazionale di preghiera "Medjugorje, anno ventesimo" per pregare e festeggiare il ventennale delle apparizioni della Madonna a Medj. All’incontro parteciperanno alcuni veggenti (Vicka, Marija, Jelena) e i padri Jozo e Ljubo (successore di Slavko). Saranno inoltre presenti: p. Sgreva dell’Oasi della Pace, p. Barnaba, del Pontificio Ateneo Antonianum; Don Amorth, il noto esorcista, (tratterà del ruolo della Madonna come difesa dal maligno); don Divo Barsotti, della "Comunità dei figli di Dio".
Per informazioni, tel: 055. 223358 (Giselda e Imperio), fax O55.486568; E-mail: paoli@csfet.fi.cnr.it (P. Paoli).

* P. Jozo guiderà l'incontro di Preghiera per la Pace a Verdello (BG), domenica 20 maggio, nella Chiesa parrocchiale. Il tema trattato "Con Maria nel terzo millennio". Per informazioni, tel 035.4829515.

* Sabato 26 maggio, Vicka parteciperà all'incontro prtesso il Palazzetto dello sport di Verona. Per informazioni, tel: 0349.4324292 (Concetta) 0349. 4084800 (Paola).

 

 

 

Le "Vergini pellegrine": per una nuova evangelizzazione

All’inizio del terzo millennio, mentre il Santo Padre invita tutti i cristiani a lavorare per la nuova evangelizzazione del mondo, lo sviluppo della preghiera intorno alle Vergini pellegrine appare come un mezzo privilegiato per raggiungere tutti coloro che non conoscono ancora Gesù e sua Madre. Accogliere una Vergine pellegrina per una veglia di preghiera che include predicazione, santa Messa, preghiere, rosario, adorazione e confessione, permette in effetti un’evangelizzazione intensa.

Il movimento, nato nel 1995 per iniziativa della Confraternita Nostra Signora di Francia, che a Roma dipende dal Cardinale Medina, Prefetto della Congregazione per il culto divino, aveva lo scopo principale di preparare il Giubileo. I frutti di conversione, di gioia e di pace e le numerose vocazioni sacerdotali e religiose constatate dappertutto hanno suscitato una richiesta sempre crescente di nuove statue in molti Paesi, soprattutto nell’Europa dell’est, in Asia, in Africa e in America latina. La preghiera intorno alle Vergini pellegrine per l’unità dei cristiani e la conversione del mondo, è stata incoraggiata da molti Vescovi, Arcivescovi, Patriarchi e Cardinali di tutti i continenti. 7000 immagini della Madonna (icone e statue) sono state inviate finora, grazie a tutti coloro che hanno collaborato, tra cui molti lettori di Eco.
Noi che sappiamo che il mondo verrà a Cristo attraverso Maria, dobbiamo trovare insieme persone disponibili a pregare e a impegnarsi perché queste "visitazioni della Madonna" possano moltiplicarsi in tutti i Paesi. Se molti di voi si sentiranno coinvolti in questa iniziativa e decideranno di collaborare, allora potremo davvero realizzare una vera e propria "insurrezione mariana" e far realizzare le parole profetiche del Cardinal Wyczynski, riprese da Giovanni Paolo II: "Se verrà la vittoria, verrà attraverso Maria". La Vergine Maria è più che mai necessaria e attesa in tutto il mondo: permettiamo a questa Madre incomparabile di visitare tutti i suoi figli!
A proposito di questa iniziativa, citiamo alcune voci della chiesa:

"Il Cardinale Vlk, Presidente della Conferenza dei vescovi d’Europa, augura alla vostra Confraternita di contribuire largamente al servizio della chiesa in europa" (Mons.T.Fitych, segretario, Praga).
"Sono particolarmente sensibile al vostro desiderio di portare una testimonianza cristiana di fedeltà e di evangelizzazione in risposta al Santo padre" (Cardinal Tomko, Prefetto della Congr. per l’evang. Dei popoli).
"Vi inviamo di cuore la nostra benedizione paterna e patriarcale, invocando la grazia di Dio e la sua infinita misericordia insieme all’intercessione della santa Theotokos, sulla vostra opera" (Bartolomeo I, Patriarca di Costantinopoli, Primate Ortodosso).

Per le vostre offerte: Notre Dame de France &endash; 11 rue des Ursulines - 93200 Saint Denis &endash; Francia (versamento sul conto "Confrérie ND de France" &endash; Crédit Lyonnais Saint Denis Basilique &endash; n° 30002 / 00536 / 0000008657 R / 78).

Per ricevere una statua: fax 0033 1 64 59 65 22 oppure e-mail olbns@easynet.fr

 

 

Testimonianza dalla Costa d’Avorio

Carissimi amici, nel dicembre del 1998, quando iniziavo il mio primo anno di catecumenato, ho conosciuto Eco che mi ha aiutato molto nel mio cammino spirituale. Attraverso i messaggi della Vergine e le diverse rubriche del giornale, ho imparato a conoscere la Madonna, a amarla e a venerarla. Grazie a Lei scopro ogni giorno il volto di suo Figlio e pregando il rosario medito tutti i misteri della vita di Gesù e intercedo con Mamma Maria per il mondo.
In ogni momento scopro che Gesù è sempre presente e che ci è più vicino nelle prove. Ho potuto sperimentare questo proprio qui in Costa d’Avorio, quando il Papa ha creato Cardinale Mons. Bernard Agré.
La notte di Pasqua riceverò il battesimo e sono certo che sarà una vera effusione di Spirito Santo. Prego per voi, perché il Signore vi renda il centuplo di tutto quello che di meraviglioso fate per i lettori. Che il Signore vi benedica

Kuoassi Kouakou Clément, Abidjan

 

 

"Gli occhi della Madre

si riempirono di gioia

alla vista del Figlio risorto

e, sul Suo volto divino,

Ella fissò lo sguardo".

Se i nostri occhi cercheranno la presenza di Gesù vivo lo riconosceranno allo "spezzare del pane".

Non sarà vana la nostra attesa del suo Spirito, con Maria.

Il Signore ci benedica.

 

don Alberto