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www.medjugorje.ws » Eco di Maria Regina della Pace » Eco di Maria Regina della Pace 187 (Maggio-Giugno 2006)

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Messaggio del 25 marzo 2006 :
“Coraggio figlioli! Ho deciso di gui-
darvi sulla via della santità. Rinunciate
al peccato e incamminatevi sulla via del-
la salvezza, la via che ha scelto mio
Figlio. Attraverso le vostre tribolazioni e
sofferenze Dio troverà per voi la via del-
la gioia. Perciò, figlioli, pregate. Noi vi
siamo vicini col nostro amore. Grazie per
aver risposto alla mia chiamata”.
Coraggio figlioli!
Nel giorno in cui la Chiesa cattolica
celebra la solennità dell’Annunciazione (Lc
1, 26-38), Maria ci indirizza un messaggio
che apre alla speranza ma sollecita, al tem-
po stesso, una decisione. Già le prime paro-
le esprimono una particolare urgenza:
Coraggio figlioli! Ho deciso di guidarvi
sulla via della santità
. Quel coraggio è un
invito che ci tira fuori dai nostri sepolcri,
che ci rimette in piedi. Svegliati, o tu che
dormi, destati dai morti e Cristo ti illumi-
nerà
(Ef 5, 14). Anzi, è più che un invito; è
una decisione già presa da Maria che sem-
bra non ammettere replica. Non possiamo
neanche indugiare a chiedere come è possi-
bile?
(cfr Lc 1, 34). Dobbiamo solo dire Sì,
ci sto, sono pronto a lasciarmi guidare sul-
la via della santità
oppure No, grazie, pre-
ferisco rimanere dove sono
.
Maria non sembra neanche prendere in
considerazione una risposta negativa e pas-
sa subito ad indicare la via sulla quale ha
deciso di guidarci. Rinunciate al peccato e
incamminatevi sulla via della salvezza, la
via che ha scelto mio Figlio
. È il cammino
quaresimale che la Chiesa ci ripropone ogni
anno e che conduce alla Resurrezione; è la
via del Calvario già percorsa da Gesù. Via
di salvezza da Lui liberamente scelta, non
incidente di percorso perché nessuno mi
toglie la vita –
dice Gesù - ma la offro da
me stesso
(Gv 10, 18). Amore che si lascia
mettere in Croce per divenire CROCEVIA
di salvezza, Corpo che è dato per noi (Lc
22, 19), Sangue versato per molti in remis-
sione dei peccati
(Mt 26, 28). Su questa Via
Maria vuole guidarci e non ce ne è un’altra.
Cristo è l’Agnello immolato e noi, assimi-
lati a Lui nel santo Battesimo, siamo agnel-
li simili a Lui. Pasci i miei agnelli (Gv 21,
15b) ordina Gesù a Pietro.
Maria ha deciso; ora non possiamo più
attendere, tergiversare, indugiare; ora dob-
biamo decidere anche noi. Non ci basta di
stancare la pazienza degli uomini
– spe-
cialmente di chi attende giustizia, pace,
amore – perché ora vogliamo stancare
anche la pazienza di Dio?
(cfr Is 7, 13).
Affrettiamoci a deporre ogni alterigia, ogni
spirito di prepotenza, di sopraffazione, di
divisione, ogni orgoglio, ogni peccato.
Smettiamola di contemplare noi stessi e
volgiamo a Dio i nostri occhi, il nostro cuo-
re, la nostra anima. Laviamoci, purifichia-
moci, eliminiamo il male dalle nostre azio-
ni, impariamo a fare il bene ed a ricercare
la giustizia
(cfr Is 1, 16-17).
Incamminiamoci sulla via della salvezza;
non è una via facile, ma è l’unica via che ci
porta a Dio, la via della santità; è già trac-
ciata, è la via lastricata dalle beatitudini (Lc
6, 20–23).
Tutti siamo chiamati alla santità. Siate
voi dunque perfetti come è perfetto il Padre
vostro celeste
(Mt 5, 48). Incontreremo per
la via tribolazioni e sofferenze ma queste
sono compagne di ogni vita, non sono
caratteristiche della via della santità.
Caratteristica di questa via è invece il modo
in cui si attraversano le tribolazioni e le sof-
ferenze, il modo in cui ci si pone di fronte
ad esse. Possiamo infatti affrontarle da soli
o in Gesù e con Gesù. Possiamo cercare nel
mondo sostegno e consolazione o attingerli
da Dio. Attraverso le vostre tribolazioni e
sofferenze Dio troverà per voi la via del-
la gioia
. Lasciamoci guidare da Maria; Lei
è inabitata dallo Spirito Santo e saprà gui-
darci con la Sapienza che lo Spirito Le dona
e con la dolcezza del Suo Cuore immacola-
to. Quindi preghiamo, cioè spegniamo i
canali delle nostre televisioni e sintonizzia-
moci sul Canale dell’Amore. Noi – dice
Maria – vi siamo vicini col nostro amore
e questo noi sta ad indicare Dio Padre, Dio
Figlio, Dio Spirito Santo e la Vergine
Maria. Di che altro abbiamo bisogno?
Nuccio Quattrocchi
Messaggio del 25 aprile 2006 :
“Cari figli, anche oggi vi invito ad
avere più fiducia in me e in mio Figlio.
Lui ha vinto con la sua morte e risurre-
zione e vi invita ad essere, attraverso di
me, parte della sua gioia. Voi non vedete
Dio, figlioli, ma se pregate sentirete la
sua vicinanza. Io sono con voi e intercedo
davanti a Dio per ognuno di voi. Grazie
per aver risposto alla mia chiamata”.
Parte della sua gioia
Che cos’è la verità? – si chiede Pilato
(Gv 18, 38) – e lo chiede a se stesso più che
a Gesù, tanto è vero che detto questo uscì di
nuovo verso i Giudei
senza attendere la Sua
risposta. Eppure Gesù appena prima aveva
detto di essere nato e di essere venuto nel
mondo per rendere testimonianza alla veri-
ed ancora: chiunque è dalla verità ascol-
ta la mia voce
.
Se Pilato avesse ascoltato queste parole
non avrebbe avuto bisogno di formulare la
sua domanda perché le parole di Gesù sono
già la risposta. Ma Pilato non è disposto ad
accogliere qualcosa da Gesù; è chiuso in se
stesso, nella sua cultura, nel suo potere, nel-
l’idolatria di Cesare e di se stesso. Chiuso
nella sua concezione della vita, egli perde
l’unica occasione di entrare nella Vita! Ma
noi, che ci diciamo cristiani, siamo comple-
tamente diversi da lui? Oggi come allora,
anzi forse più che allora, adoriamo i nostri
idoli e talvolta osiamo spacciarli per
espressione della volontà di Dio e, così
facendo, noi, più o meno consapevolmente,
strumentalizziamo il Nome di Dio.
Solo l’abbandono reale e sincero a Lui,
come Maria ci ha sempre chiesto, è antido-
to efficace al veleno del serpente antico (cfr
Nm 21, 9 e Gv 3,14-15). Guardare Gesù in
Croce per essere attirati da Lui (Gv 12, 32),
per essere assunti in Lui, per essere in Lui
abbandono nel Padre. Crocifissi con Gesù,
appendiamo al legno di Croce tutto ciò che
è negazione del Suo Amore. Uniti a Cristo
per essere Uno in Dio, uno col fratello.
Farsi tutto a tutti come Paolo (si veda 1 Cor
9, 19-23) per amore di Cristo e del Vangelo.
Cari figli anche oggi vi invito ad ave-
re più fiducia in me e in mio Figlio. E
questa accresciuta fiducia che Maria chiede
non è un semplice passo in avanti, ma qual-
cosa di radicalmente diverso: è la conver-
sione a Cristo, fondata sulla fede in Gesù e
Maria e non sui nostri pronunciamenti. Non
si tratta di fare qualcosa per Cristo o per la
Chiesa o per il mondo ma di essere in
Cristo e di Cristo, di vivere in Lui e di Lui,
di respirare in Lui e di Lui, di essere assi-
milati a Lui nelle nostre azioni e reazioni,
nei nostri rapporti con il prossimo e con il
creato. Gesù è la Verità e tutta la nostra vita
deve testimoniarlo. Lui ha vinto con la sua
Maggio, un mese intero con Maria.
Maggio - giugno 2006 - Edito da Eco di Maria, C.P.
27 31030 Bessica (TV)
(Italia) - Tel / fax 0423. 470331
A. 22, n. 5-6; Sped.a.p. art.2,com.20/c, leg.662/96 filiale di MN-Autor.tribun.MN: 8.11.86, ccp 14124226
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morte e risurrezione e vi invita ad essere,
attraverso di me, parte della sua gioia.
La vittoria di Cristo è assoluta, decisiva
e definitiva e noi siamo chiamati ad essere,
attraverso Maria, parte della sua gioia,
cioè ad entrare in Paradiso. La santa
Vergine Maria è la Porta del Cielo e noi sia-
mo invitati ad entrarvi attraverso di Lei. È
Gesù che vince e che ci apre il Paradiso ma
è Maria la soglia che ci introduce in esso.
Questa gioia deve rifulgere nei nostri cuori
per far risplendere la conoscenza della glo-
ria divina che rifulge sul volto di Cristo
(2
Cor 4, 6). Questa gioia autentica la nostra
testimonianza. Portiamo sempre e dovun-
que nel nostro corpo la morte di Gesù, per-
ché anche la vita di Gesù si manifesti nel
nostro corpo. Sempre, infatti, noi che siamo
vivi, veniamo esposti alla morte a causa di
Gesù, perché anche la vita d Gesù sia
manifesta nella nostra carne mortale
(2
Cor 4, 10-11).
Voi non vedete Dio, figlioli, ma se pre-
gate sentirete la sua vicinanza. La pre-
ghiera è necessaria non perché imposta da
un dio vanitoso ma perché ci consente di
metterci sulla giusta lunghezza d’onda, ci
permette di sintonizzarci al Cuore di Dio i
cui palpiti entrano così in risonanza con i
palpiti del nostro cuore e si fondono con
essi. È in questa consonanza che si avverte
la Sua vicinanza, la Sua Presenza. Pace e
gioia in Gesù ed in Maria.
N.Q.
La Pasqua è un giorno più lungo del
solito: dura otto giorni; e proprio nell’otta-
va
pasquale di quest’anno il pontificato di
Benedetto XVI ha compiuto il suo primo
anno di vita. Era il 19 aprile il giorno in cui
fu eletto Papa, un pontificato ancora giova-
ni rispetto a quello ventennale di Giovanni
Paolo II, ma che ha già dato chiari segni di
fortezza e stabilità.
Naturalmente ogni confronto con il suo
predecessore non solo risulta arbitrario, ma
anche superfluo, vista la profonda differen-
za che caratterizza i due Pontefici. Non si
può tuttavia negare la linea di continuità
nelle scelte di fondo, che non ci fa rimpian-
gere l’illustre predecessore ma, anzi, ci
dona uno stile che sa approfondire i conte-
nuti della fede con sapienza ed eleganza.
Numerosi i suoi discorsi e gli interventi
che vale la pena segnalare, ma troppo poco
lo spazio a nostra disposizione. E allora pri-
vilegiamo in questo ambito alcune riflessio-
ni che Benedetto XVI ha regalato al suo
gregge in occasione del ricco panorama del-
le celebrazioni pasquali - cuore dell’anno
liturgico e fulcro della nostra vita di fede.
Il segreto della vita sta nell’offerta di sé
“Il segreto della vita e dell’amore sta
nell’offerta di se stessi, in ultima istanza
nella Croce di Cristo”. È quanto ha affer-
mato il Santo Padre nella Messa della
Domenica delle Palme con cui è iniziata la
Settimana Santa. “C’è stato un periodo – e
non è ancora del tutto superato – in cui si
rifiutava il cristianesimo proprio a causa
della Croce. La Croce parla di sacrificio, si
diceva, la Croce è segno di negazione della
vita. Noi invece vogliamo la vita intera sen-
za restrizioni e senza rinunce. Vogliamo
vivere, nient’altro che vivere” ci ricorda il
Papa con tono realistico, e poi aggiunge:
“Non troviamo la vita impadronendoci di
essa, ma donandola. L’amore è un donare
se stessi, e per questo è la via della vita vera
simboleggiata dalla Croce”.
L’arcobaleno di Dio
I profeti annunciavano un re di pace che
spezzerà gli archi ed annuncerà la pace.
“Nella figura di Gesù questo si concretizza
mediante il segno della Croce”, ci ricorda il
Santo Padre, “essa è l’arco spezzato, in
certo qual modo il nuovo, vero arcobaleno
di Dio, che congiunge il cielo e la terra e
getta un ponte sugli abissi tra i continenti.
La nuova arma, che Gesù ci dà nelle mani,
è la Croce – segno di riconciliazione, segno
dell’amore che è più forte della morte.
Ogni volta che ci facciamo il segno della
Croce dobbiamo ricordarci di non opporre
all’ingiustizia un’altra ingiustizia, alla vio-
lenza un’altra violenza; ricordarci che pos-
siamo vincere il male soltanto con il bene e
mai rendendo male per male”.
La Croce in mano ai giovani
Sappiamo che la Croce è un simbolo
che accompagna la Giornata Mondiale del-
la Gioventù nelle diverse parti del mondo.
La Domenica della Palme il Papa l’ha con-
segnata ad una apposita delegazione perché
cominci il suo cammino verso Sydney,
dove nel 2008 “la gioventù del mondo
intende radunarsi nuovamente intorno a
Cristo per costruire insieme con Lui il
regno della pace. Da Colonia a Sydney – un
cammino attraverso i continenti e le cultu-
re, un cammino attraverso un mondo lace-
rato e tormentato dalla violenza”, commen-
ta Benedetto. “Simbolicamente è come il
cammino da mare a mare, dal fiume sino ai
confini della terra. È il cammino di Colui
che, nel segno della Croce, ci dona la pace
e ci fa diventare portatori della sua pace”.
Il sacerdote è: diventare amico di Cristo
La mattina del Giovedì Santo la Chiesa
celebra solennemente una Messa che ricor-
da l’istituzione del sacerdozio e in cui si
benedice il Crisma, l’olio santo che verrà
usato per l’unzione nei diversi sacramenti.
È un bellissimo momento in cui i sacerdoti
rinnovano intorno al proprio vescovo le
loro promesse e ricevono la Grazia che li
accompagnerà nel loro ministero pastorale
per tutto l’anno. “Il mondo ha bisogno di
Dio – non di un qualsiasi dio, ma del Dio di
Gesù Cristo, del Dio che si è fatto carne e
sangue, che ci ha amati fino a morire per
noi, che è risorto e ha creato in se stesso
uno spazio per l’uomo”, ha detto il Papa
nell’omelia. “Questo Dio deve vivere in noi
e noi in Lui. È questa la nostra chiamata !”.
Offriamo la nostra carne
Ancora una volta il Papa ha sottolinea-
to il valore dell’offerta di se stessi come
strumento privilegiato per quanti desidera-
no collaborare con Cristo a formare la
Chiesa: “Si diventa capaci di salvezza solo
offrendo la propria carne. Il male del mon-
do va portato e il dolore va condiviso,
assorbendolo nella propria carne fino in
fondo come ha fatto Gesù, che ha assunto
la nostra carne. Diamogli noi la nostra, in
questo modo Egli può venire nel mondo e
trasformarlo!”.
Rifiutare l’amore ci sporca!
“Solo l’amore ha quella forza purifican-
te che ci toglie la nostra sporcizia e ci ele-
va alle altezze di Dio”, afferma papa
Ratzinger nella Messa del Giovedì Santo,
memoriale dell’Ultima Cena, in cui Cristo
si inginocchiò ai piedi degli apostoli per
lavarli in segno di Carità e servizio.
“L’amore del Signore non conosce limite,
ma l’uomo può porre ad esso un limite”, ha
aggiunto il Santo Padre. E poi si domanda:
“Che cosa è che rende l’uomo immon-
do?... È il rifiuto dell’amore, il non voler
essere amato, il non amare. È la superbia
che crede di non aver bisogno di alcuna
purificazione, che si chiude alla bontà sal-
vatrice di Dio”.
“Schiavi” nell’amore
“Dio scende e diventa schiavo…
Continuamente Egli è questo amore che ci
lava; nei sacramenti della purificazione - il
battesimo e il sacramento della penitenza -
Egli è inginocchiato davanti ai nostri piedi
e ci rende il servizio della purificazione, ci
fa capaci di Dio. Ma c’è ancora una dimen-
sione più profonda. Il Signore toglie la
Il Papa ci insegna a “far Pasqua”
Giovanni Paolo II
Sacerdote e vittima
Grande emozione ed affetto hanno
accompagnato la celebrazione del I° anni-
versario della morte
di Giovanni Paolo II,
amato con un amore che il tempo non affie-
volisce, ma che al contrario, rende sempre
attuale il suo ricordo nei nostri cuori.
Riportiamo alcune parole di papa Benedetto
con le quali ha saputo cogliere l’intima
essenza del suo “amato predecessore”.
“Il 2 aprile dello scorso anno, proprio
come oggi, l’amato Papa Giovanni Paolo II
stava vivendo l’ultima fase del suo pellegri-
naggio terreno. La sua agonia e la sua mor-
te costituirono quasi un prolungamento del
Triduo pasquale... «Dio li ha provati – scri-
ve il Libro della Sapienza – e li ha trovati
degni di sé: li ha saggiati come oro nel cro-
giuolo e li ha graditi come un olocausto».
Il termine “olocausto” fa riferimento al
sacrificio in cui la vittima veniva intera-
mente bruciata, consumata dal fuoco; era
segno, pertanto, di offerta totale a Dio.
Questa espressione biblica ci fa pensare
alla missione di Giovanni Paolo II, che ha
fatto dono a Dio e alla Chiesa della sua esi-
stenza e ha vissuto la dimensione sacrifica-
le del suo sacerdozio specialmente nella
celebrazione dell’Eucaristia. Tra le invoca-
zioni a lui care ve n’era una tratta dalle
Litanie di Gesù Cristo Sacerdote e Vittima:
“Gesù, Pontefice che consegnasti te stesso
a Dio come offerta e vittima, abbi pietà di
noi”.
Quante volte egli ripeté questa invo-
cazione! Essa esprime bene il carattere inti-
mamente sacerdotale di tutta la sua vita.
Egli non ha mai fatto mistero del suo desi-
derio di diventare sempre più una cosa sola
con Cristo Sacerdote, mediante il Sacrificio
eucaristico, sorgente di infaticabile dedizio-
ne apostolica.*
2
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nostra sporcizia con la forza purificatrice
della sua bontà. Lavarci i piedi gli uni gli
altri significa soprattutto perdonarci instan-
cabilmente gli uni gli altri, sempre di nuo-
vo ricominciare insieme per quanto possa
anche sembrare inutile. Significa purificar-
ci gli uni gli altri sopportandoci a vicenda e
accettando di essere sopportati dagli altri”.
Nella Via Crucis cerchiamo il nostro
posto!
“Nella Via Crucis non possiamo essere
solo spettatori. Siamo coinvolti noi e dobbia-
mo cercare il nostro posto: dove siamo noi?
Nella Via Crucis non c’è la possibilità di
essere neutri. Pilato, l’intellettuale scettico,
ha cercato di essere neutro, di stare fuori, ma
proprio così ha preso posizione contro la giu-
stizia per il conformismo della sua carriera” .
Conclude con queste parole il rito che
solitamente la sera del Venerdì Santo si rivi-
ve al Colosseo, luogo di martirio di migliaia
di cristiani ai tempi della loro persecuzione
a Roma. “La Via Crucis non è una cosa del
passato e di un determinato punto della
Terra. La croce del Signore abbraccia il
mondo, la sua Via Crucis attraversa i conti-
nenti e i tempi”, ha poi aggiunto.
Stazioni di consolazione
Sappiamo quale sofferenza ha vissuto
Gesù in quel tratto di strada percorso verso
il Calvario, e spesso siamo portati a consi-
derare solo la cattiveria degli uomini. Ci
colpevolizziamo identificandoci con loro,
ma forse non consideriamo abbastanza le
figure positive che fanno corona al
Condannato. Per questo il Papa ha precisa-
to: “Abbiamo anche visto stazioni di con-
solazione. Abbiamo visto la Madre la cui
bontà rimane fedele fino alla morte e oltre
la morte. Abbiamo visto la donna coraggio-
sa che sta davanti al Signore e non ha pau-
ra di mostrare la solidarietà con questo sof-
ferente. Abbiamo visto Simone Cireneo…
Come non finisce la sofferenza, anche que-
ste consolazioni non finiscono!”.
La via della misericordia
In questo modo il Papa ci invita a cam-
biare il nostro sguardo verso la Via Crucis
che “non è semplicemente una collazione
delle cose oscure e tristi del mondo, non è
neppure un moralismo alla fine inefficien-
te, e non è un grido di protesta che non
cambia niente, ma la Via Crucis è la via
della misericordia che pone il limite al
male, così abbiamo imparato da Papa
Giovanni Paolo II… E così veniamo invita-
ti a prendere la via della misericordia e por-
re con Gesù il limite al male…Preghiamo il
Signore perché ci aiuti ad essere contagiati
dalla sua misericordia. Preghiamo la Santa
Madre di Gesù, la Madre della
Misericordia, che anche noi possiamo esse-
re uomini e donne della misericordia e così
contribuire alla salvezza del mondo”, ha
infine concluso.
Cosa significa risorgere?
È la notte di sabato tuttavia a contenere
quel grande mistero sulla quale si fonda tutta
la nostra fede cristiana; l’evento della sua
resurrezione dei morti. Evento inaudito,
evento determinante per la sorte dell’umani-
tà di tutti i tempi. Ma proprio nell’omelia del-
la Veglia Pasquale Benedetto XVI si chiede:
“In che cosa consiste propriamente il risusci-
tare? Che cosa significa per noi?”. Per
rispondere il Santo Padre usa per una volta
una parola presa in prestito dal linguaggio
della teoria dell’evoluzione: “La
Risurrezione di Cristo è la più grande “muta-
zione”, il salto assolutamente più decisivo
verso una dimensione totalmente nuova: un
salto in un ordine completamente nuovo, che
riguarda noi e concerne tutta la storia”.
Sembrano concetti complicati, per que-
sto il Papa per spiegarceli continua a porre
delle domande: “Che cosa lì è successo?
Che cosa significa questo per noi?
Innanzitutto: che cosa è successo? Gesù
non è più nel sepolcro. È in una vita tutta
nuova. Ma come è potuto avvenire questo?
Quali forze vi hanno operato?”.
Un’esplosione di luce
Ecco la risposta: “La morte di Cristo è
stata un atto di amore. Nell’Ultima Cena
Egli anticipò la morte e la trasformò nel
dono di sé…La Risurrezione fu come un’e-
splosione di luce, un’esplosione dell’amo-
re…Essa inaugurò una nuova dimensione
dell’essere, della vita, nella quale, in modo
trasformato, è stata integrata anche la mate-
ria e attraverso la quale emerge un mondo
nuovo”, ha continuato.
Questa grande esplosione, così come
Papa Benedetto l’ha definita, coinvolge tut-
tavia anche noi: “La grande esplosione del-
la Risurrezione ci ha afferrati nel Battesimo
per attrarci… È chiaro che questo avveni-
mento non è un qualche miracolo del pas-
sato. È un salto di qualità nella storia
dell’”evoluzione” e della vita in genere
verso una nuova vita futura, verso un mon-
do nuovo che, partendo da Cristo, già pene-
tra continuamente in questo nostro mondo,
lo trasforma e lo attira a sé. Vivere la pro-
pria vita come un continuo entrare in que-
sto spazio aperto: è questo il significato
dell’essere battezzato!
Al Signore risorto, ci aggrappiamo e
sappiamo che Lui ci tiene saldamente
anche quando le nostre mani si indeboli-
scono. Ci aggrappiamo alla sua mano, e
così teniamo le mani anche gli uni degli
altri, diventiamo una cosa sola”.
Non è qui!
“Non è restato nel sepolcro il Figlio di
Dio, perché non poteva rimanere prigionie-
ro della morte e la tomba non poteva tratte-
nere “il Vivente” che è la sorgente stessa
della vita” – commenta papa Benedetto in
assolata domenica di Pasqua, nella gioia
serena che questo giorno comunica ai cuo-
ri. “Il corpo esanime di Cristo è stato attra-
versato dal soffio vitale di Dio e, rotti gli
argini del sepolcro, è risorto glorioso. Per
questo gli angeli proclamano: “non è qui”,
non può più trovarsi nella tomba… ha aper-
to la terra e l’ha spalancata verso il Cielo!”.
E conclude con questo augurio il per-
corso attraverso la sua prima Pasqua da
Pontefice: “Il Signore risorto faccia sentire
ovunque la sua forza di vita, di pace e di
libertà. A tutti oggi sono rivolte le parole
con le quali nel mattino di Pasqua l’angelo
rassicurò i cuori intimoriti delle donne:
“Non abbiate paura! … Non è qui. E’ risu-
scitato” …Non tema l’umanità del terzo
millennio di aprirGli il cuore. Cristo ora è
vivo e cammina con noi. Immenso mistero
di amore!”. *
Quelle
piaghe
benedette
di Stefania Consoli
Ma com’è possibi-
le? Come si fa a bene-
dire il segno dolente
impresso da una soffe-
renza? Come essere contenti del ricordo di
un dolore che forse è ancora vivo sul bordo
di una piaga; noi gente di un mondo che ci
parla del contrario e tenta di rimuovere la
traccia di ogni male? Eppure è così per i
segni che marchiano il corpo del Risorto:
racconto di passione, cronaca di missione
consumata sulla croce, testimonianza del-
l’atto unico di salvezza eterna.
Sono lì, ancora aperte sul suo corpo
ormai glorioso, vivo per sempre sotto for-
ma inconcepibile alla mente, ma percepibi-
le attraverso i sensi di cui l’anima è provvi-
sta. Sì, l’anima vede, sente e tocca vera-
mente le realtà celesti.
A sr. M. Marta Chambon - mistica fran-
cese di metà ‘800 - Gesù un giorno disse:
“Le mie sante Piaghe sostengono il mon-
do… chiedimi di amarle costantemente,
perché Esse sono sorgente di ogni grazia.
Bisogna invocarle spesso, attirarvi il pros-
simo ed imprimerne la devozione nelle ani-
me. Dalle mie Piaghe escono i frutti di
Santità. Meditandole vi troverete sempre
nuovo alimento di amore”.
E allora se ci sono vanno vissute, cono-
sciute ed abitate quelle piaghe benedette.
Perché da loro scorre salvezza. E luce.
Quella stessa che inondò il sepolcro chiuso
e scardinò i sigilli della morte. Fontane
aperte che offrono bevanda agli assetati di
giustizia, pace ed indulgenza.
Contemplarle davanti al Crocifisso rav-
viva la memoria di una cosa familiare che
muove a compassione. Nel paradosso che
unisce la cruenza delle trafitture con la
mitezza di Colui che le ha permesse.
Davanti ai nostri occhi lì puntati scorro-
no immagini di scene non vedute - raccon-
tate - e aiutano a comprendere quell’Uomo
che sopportò per noi l’orrendo atto. Ci aiu-
tano a conoscerlo quel Re con la corona:
una morsa di acuminate spine che senza tre-
gua ferivano il suo capo. Le mani aperte,
tese nello spasimo. I piedi fermi, uno sul-
l’altro, bagnati dalle lacrime.
Ma c’è una piaga che immette nel pro-
fondo di Cristo crocifisso. È lì che Lui ci
invita; in quello squarcio sul costato spa-
lancato, proprio vicino al cuore, dove
ascoltare i battiti ancora lì presenti è un fat-
to normalissimo, per chi ci va con fede.
Chi si sente povero è invitato. Chi men-
dica salvezza si affretti a quella fonte di
perdono che mai sarà serrata. Anzi ad ogni
Messa si spalanca nuovamente per effonde-
re quel Sangue che lava, nutre e purifica i
cuori penitenti.
Sono chiamati i deboli, i fragili, gli insi-
curi. Tutti noi, allora, per trovare rifugio e
protezione, come nella fenditura di una
roccia.
Nascosti agli occhi vili. Esposti solo
ad uno sguardo: quello di Misericordia. *
3
Eco 187
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Giustizia del corpo
davanti al Creatore
Che cosa è il corpo? A che cosa serve
il corpo? Perché abbiamo il corpo?
Forse nessuno si pone queste domande per-
ché sembrano scontate. Il corpo è un dono
grande, dono di Dio; esso è mistero e l’uo-
mo ha la responsabilità di conoscerlo. Tanti
anni possono passare di studi, analisi, ricer-
che, ma non servono ad entrare nel mistero
del corpo, tanto meno a vivere nella giusti-
zia il proprio corpo.
Per giustizia del corpo intendo quell’at-
teggiamento originale di sé, che Cristo ha
recuperato e riportato nella dignità di stare
davanti a Dio. La rivelazione di questo
mistero spetta al cristiano, egli ha pieno
accesso alla conoscenza del mistero, così
come alla riscoperta del dono che Dio ci ha
già fatto, donandoci il corpo.
La riscoperta del corpo avviene come
processo previsto nel cammino di fede del
cristiano. È, infatti, conseguenza della
risurrezione di Cristo nella carne, in essa il
corpo trova la sua dimensione e assume le
caratteristiche previste dall’ordine della
Grazia, così che entrando in quest’obbe-
dienza assume in sé la vita e diventa parte
importante a servizio di ciò che l’anima
vive nel rapporto con Dio.
Tanti esempi ci possono aiutare a
capire questa previsione a cui è chiamato
il corpo.
Vediamo che al giorno d’oggi il
corpo è diventato un idolo, l’uomo serve il
corpo in tante forme, tanto da essere entra-
to in una schiavitù legata all’aspetto del
proprio corpo. Vediamo anche tanti esempi
di persone consacrate, che vivono una tra-
scuratezza del proprio corpo, come fosse
realtà staccata dalla missione a cui sono
chiamati.
Sono questi due esempi estremi e
distanti tra loro, in mezzo ai quali si racco-
glie una vasta gamma di situazioni riguar-
danti il rapporto che ognuno ha con il pro-
prio corpo; ma quale rapporto vuole Dio
che abbiamo con il nostro corpo?
Dall’esperienza personale mi rendo
conto che con gli sforzi umani non è possi-
bile portare il corpo ad un equilibrio, per-
ché, se è staccato dalla fede, esso diventa
un luogo chiuso in cui si accumulano e sca-
ricano tutti i disequilibri e i drammi che l’a-
nima vive.
Una sola è la risposta che porta all’uni-
tà dell’essere, in cui si attua la verità piena
del cristiano: questa risposta è il passaggio
pasquale di Gesù attraverso l’uomo
, che
ha riportato l’equilibrio e l’unità là dove era
disarmonia e divisione.
L’entrare nella sua passione e morte con
ciò che abbiamo e siamo, porta alla resurre-
zione della sua vita nella nostra carne, cioè
l’Eucaristia vivente. In questo programma
il corpo è inserito e previsto a servire come
tempio in cui avvengono le leggi della vita,
ed esso riceve il compito di concelebrare
ciò che l’anima celebra nella sua unione a
Gesù Cristo. Così il corpo, trova la sua pie-
nezza ed il suo ordine. «Non regni più il
peccato nel vostro corpo mortale…non
offrite le vostre membra come strumenti di
ingiustizia, ma offrite voi stessi a Dio come
vivi tornati dai morti e le vostre membra
come strumenti di giustizia per Dio…»
(Rm
6, 12-13).
Daniele Benatelli
Unisco al mio sangue
il desiderio di Dio
«Noi che siamo i forti abbiamo il dove-
re di sopportare l’infermità dei deboli, sen-
za compiacere noi stessi. Ciascuno di noi
cerchi di compiacere il prossimo nel bene,
per edificarlo. Cristo infatti non cercò di
piacere a se stesso»
(Rm 15,1-3).
DONARE IL SANGUE è per me sem-
pre un’esperienza molto significativa, un’a-
zione che cerco di vivere in Cristo e per
Cristo unendomi a Lui nella semplicità di
questo gesto. Non l’affronto infatti come
particolare sacrificio, ma soltanto come una
risposta d’amore a Colui che mi ha dato la
vita e la salute come dono gratuito, facendo
sì che anch’io possa essere dono per gli altri.
Vi sono alcune attenzioni attraverso le
quali mi impegno perché tutto questo da un
semplice gesto di volontariato possa esse-
re trasformato in offerta spirituale
: acco-
starmi all’Eucaristia prima della donazio-
ne, così che con Gesù presente nella mia
anima e nel mio corpo siano la sua vita ed
il suo sangue a circolare in me ed io ne sia
completamente reso parte.
A questa si aggiunge il pregare duran-
te il prelievo, benedicendo gli strumenti
medici, l’ambiente, gli infermieri, gli altri
donatori, il mio e tutto il sangue che viene
trasfuso offrendolo al Padre che ne è il
Creatore, unendolo al Sangue Preziosis-
simo del Figlio da cui abbiamo la redenzio-
ne, consacrandolo allo Spirito Santo, ispi-
ratore di questo atto d’altruismo, atto da
ricapitolare nell’Amore.
Prego per la persona che riceverà il
mio sangue, pur senza sapere chi sarà,
invocandone la salute spirituale. Sento di
essere esaudito, in quanto il mio gesto non
è soltanto un donare fisicamente perché
mediante la preghiera unisco al mio sangue
il mio desiderio di Dio, la mia offerta
incondizionata a Lui. Questo impegno vis-
suto con lo sguardo rivolto a Dio si trasfor-
ma in un appuntamento prezioso che sento
di non voler mai tralasciare nella mia vita.
«…E il Dio della perseveranza e della
consolazione vi conceda di avere gli uni
verso gli altri gli stessi sentimenti ad esem-
pio di Cristo Gesù, perché con un solo ani-
mo e una voce sola rendiate gloria a Dio,
Padre del Signore nostro Gesù Cristo».
(Rm 15,5-6)
Il giorno successivo al prelievo si
avverte un po’ di debolezza, ma anche que-
sto diventa dono e fonte di gioia, perché ho
donato una parte di me! Questa consapevo-
lezza diviene pensiero di gratitudine e for-
za, immagine di ciò che dovrebbe avveni-
re in campo spirituale.
Così dovrebbe
essere infatti nella vita quotidiana di chi
desidera offrire la propria vita: se pensiamo
che tutto ci è donato, e che ciò a cui rinun-
ciamo, ciò di cui sentiamo la mancanza va
a nutrire e sostenere qualche nostro fratello
bisognoso, allora diviene facile distogliere
lo sguardo da noi stessi ed elevarlo al
Signore, ringraziandolo per ognuno di que-
sti passaggi ordinari, eppure talvolta miste-
riosi, bui, dolorosi.
È necessario confidare nel fatto che
anche se ci privassimo di tutto ciò di cui
abbiamo realmente bisogno per nutrire chi
è nella necessità, tutto ci verrà nuovamente
donato, secondo i tempi della sapienza
divina e della sua generosa misura. Il fisico
stesso, creato con armoniosa perfezione ce
ne dà la dimostrazione pratica: un po’ della
mia forza vitale è andata ad aiutare e soste-
nere un’altra persona, ma il corpo pronta-
mente si rende attivo per ricolmare ogni
vuoto. Questo è soltanto lo specchio della
nostra natura spirituale.
Nel momento stesso in cui ci rendiamo
capaci di donare e di donarci, subito si spa-
lancano in noi nuovi spazi per accogliere
nuovamente dal Signore doni abbondanti
da trasmettere con gioia e gratitudine sem-
pre maggiore. E come il sangue che si
riforma nel mio corpo
è uguale a quello
donato, eppure è nuovo, così anche la gra-
zia che ci viene donata
dopo una qualsisia
rinuncia per amore è sempre una grazia
nuova, preziosa ed irripetibile.
Così facendo ci sentiremo attratti da Lui
con forza sempre maggiore, ci sentiremo
invitati ad entrare nel circolo della vita nel-
lo Spirito che mai si interrompe: donare e
ricevere, morire e risorgere, ricevere amore
e ridonare amore per essere amore.
Nel vivere e contemplare tutto questo,
donare il sangue diventa per me canto di
lode e di ringraziamento al Dio Padre,
Figlio e Spirito Santo per il dono della salu-
te fisica e spirituale, e segno esteriore di
una realtà che voglio vivere sempre più
pienamente, senza limiti e senza interruzio-
ne nel mio operare quotidiano, nella mia
preghiera e nella mia vocazione:
«Gratuitamente avete ricevuto, gratuita-
mente date»
(Mt 10,8).
Francesco Cavagna
L’amicizia con i san-
ti della chiesa glo-
riosa e purgante è da
tenere stretta come
un tesoro prezioso.
Essi non sono
“appesantiti” dai
limiti e interessi
umani, e nutrono per
noi un amore vero.
Quest’anno è un
anno speciale per uno di questi amici. C’è
una festa di compleanno che dura tutto un
anno, e siamo invitati. Grazie e benedizio-
ni vengono offerti a coloro che si uniscono
al cielo e alla terra per celebrare l’uomo che
diventò uno dei fondatori della Società di
Gesù assieme a s. Ignazio di Loyola, e che
viene paragonato a s. Paolo tanto era il suo
zelo e il suo successo nelle missioni.
SAN FRANCESCO SAVERIO nac-
que in Spagna 500 anni fa: era il 7 aprile
1506. Nel 1542 Francesco iniziò il lavoro
missionario nella colonie portoghesi
dell’India. Predicò con grande successo a
Goa prima di spostarsi in India meridiona-
le e Ceylon (l’attuale Sri Lanka), Malacca e
Giappone. Decine di migliaia di persone si
convertirono e furono fondate molte comu-
nità cristiane.
Un santo in terra d’Asia
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Molto devoto alla Madonna (la corona
del Rosario l’aveva sempre con sé), inseg-
nava un cristianesimo fondato sulla carità.
“Tutto quel che faceva lo faceva con grande
gioia”, si legge di lui. Cercava prima di tut-
to di dare conforto ai malati e di istruire
i bambini
. “Mi assediava una folla di gio-
vani, tanto che non riuscivo più a trovare il
tempo per dire l’Ufficio, né per mangiare,
né per dormire; chiedevano insistentemente
che insegnassi loro nuove preghiere.
Cominciai a capire che a loro appartiene il
regno dei cieli”.
Moltissimi erano i malati che guariva-
no, e perfino alcuni morti risuscitati. La sua
fama lo precedeva nei suoi viaggi e
Francesco veniva inondato di richieste.
Scrisse a s. Ignazio che era impossibile sod-
disfare tutti da solo, così per superare il
problema e per evitare che i malati o i loro
parenti litigassero tra loro per averlo, egli
trovò un sistema doppiamente efficace
coinvolgendo proprio i bambini. Questi
venivano istruiti, poi quelli di fiducia veni-
vano incaricati da Francesco ad andare dai
malati, a radunare i familiari e i vicini di
casa per recitare il Credo e altre preghiere,
incoraggiando i malati ad avere fiducia e
speranza nella guarigione. Dio si lasciava
commuovere dalla fede e dalla pietà di que-
sti -
scriveva Francesco - donando ad un
gran numero di malati la salute del corpo e
dello spirito
. Secondo i testimoni, questi
bambini chiedevano in prestito la corona
del Rosario del Santo per porre sui malati
durante la preghiera.
Ma la messe era grande e gli operai
troppo pochi. Nelle sue lettere Francesco
esprimeva il suo disappunto che troppo
pochi erano disposti a mettere i loro talenti
al servizio di Dio: “Molto spesso mi viene
in mente di percorrere le Università
d’Europa, e di mettermi a gridare come un
pazzo
e scuotere coloro che hanno più
scienza che carità…”
perché qualcuno
potesse rispondere: “Eccomi Signore; che
cosa vuoi che io faccia?” come Samuele
nella Bibbia. “Moltissimi, in questi luoghi,
non si fanno cristiani solamente perché
manca chi li faccia cristiani!”
Assieme a Teresa di Lisieux, San
Francesco Saverio è venerato come patrono
di tutte le missioni. È morto alle porte della
Cina il 3 dicembre 1552. Il suo corpo
incorrotto
è custodito nella chiesa del
Buon Gesù a Goa, in India.
S. Francesco Saverio, in quest’anno di
grazia (3 dicembre 2005 – 3 dicembre
2006) affidiamo alla tua intercessione il
nostro cuore perché si converta, lasciando
che al resto ci pensi Gesù che nessuno può
battere in generosità.
B.K. Drabsch
Maggio, il mese di Maria
Tutti sanno che il mese di maggio è
dedicato a Maria, e in questo tempo si mol-
tiplicano le iniziative che mettono la Madre
di Dio al centro della nostra attenzione:
preghiere, processioni, pellegrinaggi ai
santuari mariani, riflessioni ed approfondi-
menti. Ma non tutti sanno quando e perché
questa tradizione legata al mese di maggio
è nata e come si è sviluppata nel tempo.
Proviamo qui a fare una breve sintesi
che ci aiuti a vivere il “mese di Maria” con
maggiore conoscenza e consapevolezza.
Alle origini del culto mariano
Il culto mariano si è sviluppato nel cor-
so dei secoli arricchendosi man mano di
feste liturgiche dedicate a Maria, ma anche
di varie espressioni della pietà popolare,
accolte e incoraggiate dal Magistero della
Chiesa. Sin dai primi tempi del cristianesi-
mo, in epoca carolingia (sec. IX), la gior-
nata del sabato è stata dedicata a Maria,
infatti anche ora c’è la possibilità di sce-
gliere per la liturgia la Memoria di s. Maria
in sabato. Sicuramente questa scelta vuole
ricordare l’importanza del Sabato Santo per
comprendere il ruolo di Maria nella storia
della salvezza. Ella, diventata la Madre del-
la Chiesa nascente e di ogni uomo, attende
sicura la Resurrezione del Figlio e confer-
ma gli apostoli e i discepoli nella loro fede
vacillante.
Come era presente nella Chiesa degli
inizi, così Maria ci è vicina nel nostro pel-
legrinare sulla terra, nel nostro sabato del-
la vita
e della storia, in cui la salvezza è già
compiuta nel Cristo, ma ancora deve giun-
gere a pienezza sia nella nostra esistenza
che nel mondo.
La fede del popolo
La pietà popolare verso la Beata
Vergine Maria è stata sempre più
viva tra i credenti, che hanno
sentito il bisogno di cam-
minare accompagnati
dalla Madre lungo i
tortuosi percorsi del-
la vita, affidandole
se stessi, le proprie
famiglie, le varie
nazioni. Nel corso
dei secoli i fedeli
sono arrivati così a
dedicare a Maria un
intero mese; in
Occidente le prime testi-
monianze del mese di mag-
gio mariano
risalgono alla fine
del XVI sec., un’epoca in cui l’aposto-
lato poggiava molto sui pii esercizi, gli uni-
ci accessibili per il popolo, mentre la
Liturgia della Chiesa restava un po’ diffici-
le e lontana dal sentire popolare.
Questo mese viene subito associato allo
sbocciare dei fiori, all’aprirsi della natura,
alla dolcezza dei paesaggi e dei profumi, tut-
to ciò è immagine della bellezza, dello splen-
dore della vita, cioè di Maria, così come è
stata da sempre percepita dal popolo.
Nel rito bizantino invece il mese dedi-
cato a Maria è quello di agosto, in cui si
celebra la solennità della Dormizione (per
noi l’Assunzione) di Maria, mentre i cri-
stiani copti hanno scelto per Lei il mese di
Kiahk (tra dicembre e gennaio), in cui
ricorre la solennità del Natale.
Il Magistero della Chiesa ci ha fornito
anche un Direttorio sulla pietà popolare,
per giungere ad integrare ogni tipo di devo-
zione personale o comunitaria con quello
che è l’apice della vita cristiana: la Sacra
Liturgia, in cui tutto deve confluire, perché
nell’armonia ciascuno raggiunga anche la
maturità della fede e della vita spirituale.
Ogni forma sana di pietà popolare testi-
monia la fede dei semplici di cuore ma
affonda sempre le sue radici nei misteri del-
la fede cristiana, porta ad un legame vitale
con Cristo, con il credere in Lui, prepara il
cuore e indirizza all’incontro con Lui nella
celebrazione liturgica della s. Messa
Maria ci porta sempre a Gesù
Il mese di maggio può essere un
momento di impegno per la riflessione e la
conversione concreta di ciascuno di noi, un
tempo in cui viene ritagliato uno spazio per
una preghiera personale o comunitaria in
più, le iniziative che ci vengono proposte
sono molte e varie.
È importante che queste proposte siano
in armonia con il tempo e le feste liturgiche
ricorrenti; spesso maggio fa parte dei cin-
quanta giorni della Pasqua, allora i nostri
pii esercizi possono riflettere sulla parteci-
pazione della Vergine Maria al mistero pas-
quale e alla Pentecoste.
Inoltre la devozione a Maria ci riporta
subito all’Incarnazione del Figlio, a scopri-
re il vero Volto di Gesù, che ha preso da Lei
la sua umanità. Attraverso Maria, meditan-
do sul mistero della sua esistenza, ci sentia-
mo inseriti nella possibilità di incontrare
Gesù come il Dio con noi, come Colui che
ha condiviso in tutto la nostra esi-
stenza terrena.
La Madre di Dio, come
prima discepola, è
entrata nella pienezza
della vita, poiché ha
vissuto sempre in
Grazia perfetta,
come persona
redenta, ma ora
vuole accompagna-
re ciascuno di noi su
questa strada. Ella è
la piena di grazia per
noi, perché attraverso di
Lei abbiamo ricevuto la
Salvezza e continuiamo a rice-
vere tutte le grazie necessarie per il
nostro cammino, per la vita spirituale ed il
nostro aprirci all’amore del Padre celeste.
Ogni tipo di devozione e di culto a
Maria devono quindi aiutarci ad accogliere
nella nostra vita questa Madre, così come
ha fatto Giovanni ai piedi della Croce, per-
ché Maria possa essere al nostro fianco nel-
la nostra vita quotidiana, nella nostra casa,
permettendole di guidarci verso la santità.
Allora non saremo mai soli, perché dove
c’è Maria è presente la Santissima Trinità.
Sabina Rosciano
«
Dio ha composto il corpo, conferen-
do maggior onore a ciò che ne manca-
va, perché non vi fosse disunione nel
corpo, ma anzi le varie membra aves-
sero cura le une delle altre. Quindi se
un membro soffre, tutte le membra sof-
frono insieme; e se un membro è ono-
rato, tutte le membra gioiscono con
lui. Ora voi siete corpo di Cristo e sue
membra, ciascuno per la sua parte».
(cfr. 1 Cor 12, 25-27)
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tato ti dica: amico, passa più avanti» (Lc
14,10) ci invita alla scelta dell’ultimo posto
per poi elevarci in alto, fino al cielo.
Chiara Lubich, con un’espressione molto
bella e significativa, ha detto: “quando uno
si fa piccolo, il diavolo non lo vede, e quin-
di non può nuocergli”.
Il piccolo, insomma, è come immuniz-
zato contro il male. L’azione di Gesù, che
è l’antidoto contro il peccato, esercita la sua
efficacia nel piccolo: nel grande pare che la
medicina non abbia effetto.
Anche Gesù si è messo all’ultimo posto
assecondando la volontà del Padre, si è fat-
to piccolo, anzi ha accettato l’annientamen-
to, che è veramente il posto più piccolo. In
questo modo il Padre lo ha esaltato e lo ha
ricolmato di gloria.
Pure Maria si è messa all’ultimo posto,
si è fatta piccola, e così ha potuto dire: tut-
te le generazioni mi chiameranno beata.
Se anche noi ci facessimo piccoli, possibi-
lità concessa a tutti, allora chiamerebbero
beati anche noi, e lo saremmo veramente.
Proviamo a percorrere questa strada.
Ci accorgeremo che sarà sempre più lumi-
nosa; avremo così la luce sufficiente per
distinguere chiaramente le cose, quelle che
ci procurano la vita e quelle che ci portano
alla morte.
Chiediamo a Maria la sapienza del cuo-
re per capire che l’essere piccoli non è un
male, ma un bene, il modo privilegiato per
vivere la vita in pienezza.
Così facendo, forse, sapremo lodare e rin-
graziare Dio, come ha fatto Maria, per le
meraviglie che il Padre opera in noi e negli
altri.
Pietro Squassabia
25 A
NNI
DI
G
RAZIA
Il 25 giugno 2006 sono
venticinque anni di appari-
zioni della Madonna a
Medjugorje. Un fatto straordi-
nario sotto molti punti di vista, che ha fatto
scorrere già un fiume di inchiostro e questo
fiume, con molta probabilità, diventerà
ancora più grande, per quanto ancora si dirà
e si scriverà.
Ma la Madonna non viene per far scri-
vere libri o per far discutere i preti. La
Madonna ha a cuore la salvezza del mondo,
anzi di ogni figlio di Dio, che viene sulla
terra in questa generazione.
A me questa scadenza di 25 anni
rimanda ad un’altra scadenza, quella del
Giubileo
, che pure cade ogni 25 anni e che
è chiamato “anno di grazia” fin dall’Antico
Testamento. E il riferimento biblico che mi
suggerisce è il brano del profeta Isaia: «Lo
spirito del Signore Dio è su di me…perchè
mi ha mandato a portare il lieto annunzio
ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori
spezzati, a proclamare la libertà ai prigio-
nieri, a promulgare l’anno di grazia del
Signore»
(Is 61,1 ss).
Notizie dalla terra benedetta
Rileggendo queste righe ci si trova
tutta Medjugorje. Chi più di Maria ha
ricevuto in dono lo Spirito del Signore Dio?
Lei ne è la sposa; ha concepito per sua ope-
ra; è stata coperta dalla sua ombra e, perché
questo non apparisca un caso singolare, ha
condiviso il dono dello Spirito con gli
Apostoli nella Pentecoste, cioè con la
Chiesa nascente.
Come “membro eletto della Chiesa e del-
la sua figura” (LG 53), come la definisce il
Concilio Vaticano II, Maria possiede in misu-
ra sovraeminente tutte le caratteristiche e le
funzioni che Gesù, capo del Corpo Mistico,
ha trasmesso a tutto il popolo di Dio; la fun-
zione profetica, sacerdotale e regale.
Non c’è profeta che non sia mandato
e Maria ha detto tante volte che queste
apparizioni non sono una sua iniziativa; ma
è Dio che la manda, quando e dove vuole.
A questo proposito poco senso hanno i
commenti un po’ ironici di qualcuno, al
quale pare che la Madonna parli un po’
troppo. Il profeta mandato da Dio è una
sentinella e non può tacere di fronte al peri-
colo, altrimenti si carica di una enorme
responsabilità.
Come il profeta, Maria viene a porta-
re il lieto annuncio. È significativo che la
Santa Vergine chiami le parole rivolte ai
veggenti e a noi “i miei messaggi”. Le
parole di Maria, a volte di una tenerezza e
dolcezza indicibili, a volte severe o velate
di tristezza, sono comunque e sempre l’eco
della Buona Notizia, cioè del vangelo di
Gesù; perché anche lei è al servizio del van-
gelo, anzi è la “stella della nuova evange-
lizzazione”, come diceva Giovani Paolo II.
I messaggi di Medjugorje sono Buona
Notizia perché mirano a consolare i poveri
e i miseri; a fasciare le piaghe dei cuori
spezzati. Il cuore spezzato è la conversione,
che è il motivo di fondo di tutti i messaggi
e che non è impossibile o mortificante; ma
l’unica cosa giusta che l’uomo può fare:
mettere Dio al primo posto.
Chi va a Medugorje respira anche
oggi un senso di pace e la ragione è sem-
plice
: là le cose sono esattamente come Dio
desidera; prima viene Dio e le cose di Dio,
dopo tutto il resto. L’armonia spirituale si
riflette nell’armonia di tutto l’ambiente e
Maria, che è rimasta serva fedele di Dio,
dal suo primo sì, può definirsi giustamente
la Regina della pace.
Shalom significa pace-pienezza di Dio;
di questa pienezza gode Maria in cielo e la
diffonde, per comando di Dio, sulla terra. Se
tutti gli uomini ascoltassero i messaggi di
Maria, davvero il mondo godrebbe i benefi-
ci dell’ anno sabbatico, del Giubileo, cioè il
dono del perdono dato e ricevuto e la retri-
buzione dei beni della terra secondo giusti-
zia. Frutto della giustizia è la pace.
Ma come ogni profeta Maria è ina-
scoltata, anche nella sua patria, nella
Chiesa.
In questo tempo c’è sicuramente
l’opera di satana, da cui Maria tante volte ci
ha messo in guardia; ma se il Signore per-
mette questo è sicuramente per un bene più
grande.
Lasciamo che questo mistero di gra-
zia si dispieghi nel tempo, finché il
Signore vorrà e come Lui desidera; a noi,
cui la Madonna ha toccato il cuore, ottenga
in questo anno giubilare una fedeltà sempre
più grande ai suoi messaggi, il dono della
preghiera e la pace profonda del cuore.
don Nicolino Mori
La Piccola
(pensieri semplici)
«L’anima mia magnifica il Signore ed il
mio spirito esulta in Dio mio salvatore per-
ché ha guardato l’umiltà
(la piccolezza)
della sua serva» (Lc 1,46).
Maria non era una personalità del tem-
po. Non era una persona che contava nella
società. Non faceva parte dei dottori della
legge e nemmeno dei sapienti di allora. Era
una fanciulla, e quindi tenuta in poca consi-
derazione, soprattutto per quel tempo. Non
era di famiglia benestante, per cui alla pre-
sentazione di Gesù al tempio offre due
colombe, l’offerta dei poveri. Non compie
imprese importanti. Non viene tenuta in
considerazione dalla gente di allora nem-
meno quando diventa la Madre di Dio.
Nessuno si accorge di lei, e nemmeno Gesù
fa vedere di trattarla come una persona
importante.
Lei è discreta, non parla tanto, ma è
attenta nell’ascolto e conserva nel cuore
quanto ha appreso; non disperde i doni rice-
vuti ma li mette a frutto. Non si impone ma
si lascia condurre. Lei è la Piccola.
Ci si chiede: come ha potuto Dio averla
scelta per madre e quali caratteristiche ha
potuto trovare in lei, quali esami ha supe-
rato, la Piccola, per essere stata riconosciu-
ta degna di diventare la Madre di Dio?
Quali stratagemmi ha usato per essere con-
siderata la prediletta?
Forse il segreto sta in questo: nella sua pic-
colezza.
E ancora: quali doti ha trovato Dio in
lei e continua a trovare per essersi compia-
ciuto e per continuare a compiacersi in Lei.
La risposta pare sempre al stessa: la sua
piccolezza.
Maria è la Piccola che ha permesso a
Dio di operare in lei, e così l’ha ricolmata
di doni, l’ha resa piena di grazia, tutta pura,
tutta santa, tutta donazione, tutta amore.
È la piccolezza di Maria che l’ha resa
grande, è ancora la sua piccolezza che la
costudisce dal male, è la piccolezza di
Maria che la rende Madre di Dio.
È la sua piccolezza che attira la bene-
volenza di Dio, il solo santo, il solo buono,
il solo giusto, così da diventare veramente
oggetto di compiacimento del suo Signore
che la rende tutta bella ed invincibile, oggi
come allora.
Anche noi abbiamo la possibilità di
imitare Maria, anche noi possiamo sce-
gliere ed occupare l’ultimo posto, il posto
dei piccoli. «Ti benedico Padre, …, perché
hai nascosto queste cose ai sapienti ed agli
intelligenti e le ha rivelate ai piccoli»
(Mt
11,25). Se ci convincessimo di questo, non
ci lamenteremmo mai del posto che la vita
ci offre.
Accetteremmo, come Maria e come i
santi, il posto che ci riserva la Divina
Provvidenza. Godremmo della nostra pic-
colezza, vedremmo con occhi diversi le
gioie e le pene delle vita.
Per questo il maligno ci spinge sempre
a cercare il primo posto, la grandezza, lui
che è grande di superbia, per poi gettarci
nell’abisso.
Gesù, invece, che dice: «Quando sei
invitato a nozze, va a metterti all’ultimo
posto, perché venendo colui che ti ha invi-
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Si è aperto il Cielo!
di p. Tomislav Vlasic
Sul far della sera del 24 giugno 1981 a
Bijakovici, frazione della parrocchia di
Medjugorje, si è aperto il Cielo. Niente di
nuovo e tutto nuovo… Nelle anime dei cri-
stiani tutto era già noto, ciò nonostante si
manifesta una novità e tutto si vivifica;
fede, speranza e carità si risvegliano e atti-
vano la vita divina nelle persone.
Questa novità per alcuni diventa vita,
per altri inciampo. O meglio, la Madonna
viva tra gli uomini per qualcuno diviene
gioia, mentre qualcun altro vorrebbe sop-
primerla. Il giubilo nel popolo di Dio
diventa ispirazione e promotore di fede,
mentre in chi non crede si insinua la paura
del popolo “libero in Dio”. Il Signore si
mostra vivo al suo popolo e, come sempre,
diventa segno di contraddizione.
In questo vortice umano Maria si mani-
festa come Madre di tutti, al di sopra di
ogni divisione e riserva dell’uomo. Poiché
la Madre di Dio si rivela nella dignità di
Regina della Pace, ed annunzia ad ognuno
la grandezza e la nobiltà della vita in Dio.
Maternamente rimane con la gente, non-
ostante la diversità di risposta alla Sua
chiamata.
Il popolo riconosce la Gospa
Avvenne così. I sei veggenti testimonia-
no di vedere la Regina della Pace e subito
il popolo si mostra favorevole. Attratto
come da una calamita, ubbidisce alla
Gospa e si avvia con entusiasmo sulla stra-
da di Dio. Il Signore, da parte sua, attesta
generosamente la presenza di Maria con
grazie e segni.
Il popolo entra nella realtà della parti-
colare presenza della Madonna venuta a
stabilirsi nella parrocchia di Medjugorje,
mentre Medjugorje si protende verso tutta
l’umanità. È impossibile riportare le innu-
merevoli testimonianze dei parrocchiani.
Tuttavia appunterò qualcosa.
Nell’agosto 1981 chiedo ad un uomo
appena rientrato da una vacanza in
Germania: «Ivan, cosa ne pensi, la
Madonna è apparsa?». Mi risponde:
«Reverendo, per caso dubiti?». «Desidero
saperlo da te», dico. «Ma com’è possibile
non credere dopo tutte queste grazie e
segni?». Aggiungo: «Cosa diresti se doma-
ni i veggenti dicessero che hanno menti-
to?». Risponde: «Direi: adesso mentite,
perché la Madonna è apparsa!».
Dio imprime così un sigillo nell’anima
aperta del popolo. Padre Jozo in veste di
parroco, s’incammina dietro la Vergine e
con lui tutta la parrocchia. Era un onore
andare in prigione sotto scorta per un inter-
rogatorio notturno. La gioiosa testimonian-
za illumina il volto del credente; la paura
scacciata dall’anima genera una fede
incrollabile!
Il popolo non si trattiene in superficie
ma comincia a vivere la vita autentica della
Chiesa: confessione, partecipazione alla s.
Messa, preghiera, digiuno diventano realtà.
Era veramente un piacere guidare la litur-
gia. Uno degli eventi che non dimenticherò
mai è la partecipazione alla preghiera nel-
l’autunno del 1981 e del ‘82, quando i lavo-
ri dei campi si fanno meno intensi. La chie-
sa era stracolma: una testa accanto all’altra.
Due corone del Rosario, la s. Messa e l’a-
dorazione eucaristica, e in chiesa nessuno si
muoveva! Silenzio. L’intera parrocchia
sembrava un vero e proprio convento.
Il popolo era attratto da Dio. Alla gente
era sufficiente appena un segno per radu-
narsi. Vivere per Dio era la vita! Nessuno
doveva costringere il popolo.
La voce riecheggia
Un parapsicologo sloveno di cui non
ricordo il nome annota una sua esperienza
dell’agosto ‘81: «Ieri mi sono rintanato sul
Podbrdo tra le spine. Non potevo andare
sul luogo delle apparizioni perché la polizia
mi controllava. Erano circa le 21.00. Gli
uccelli già tacevano. Si notava solamente
un fatto: in tutte le case risuonavano solo
preghiera e canto. La vita qui è immersa in
Dio. Per me che studio tali fenomeni, que-
sto è qualcosa di unico, di irripetibile. In
questo luogo si manifesta una particolare
dimensione di vita ».
Come una stazione radio, ogni anima
che riceve l’annuncio lo trasmette agli altri.
La notizia coinvolge tutta l’umanità. Entra
nei pori dei movimenti spirituali: l’adora-
zione al SS. Sacramento, la lettura della
Parola di Dio e la devozione alla Madonna
diventano la base per il risveglio del popo-
lo. I messaggi colpiscono anche i non cre-
denti. Qualcuno si converte. Gli altri, stret-
ti nella paura di Dio, riportano la notizia
dandogli un «carattere ostile». Ma la noti-
zia esatta raggiunge gli assetati di Dio.
L’umanità è improvvisamente abbracciata
dalla novità divina.
La strada si apre
Oggi sono rimasti i segreti, le domande,
le aspettative. Si sono sostituite le interpre-
tazioni umane. Qualcuno si aggira nel
deserto e talvolta ritorna nella schiavitù,
nonostante il nuovo. Ma tutti attendono i
segni promessi!
La strada si apre per gli uomini di buo-
na volontà. Fedeli a Dio e coraggiosi nello
Spirito Santo, essi sanno accedere ai segre-
ti e alle promesse: sono consapevoli che
bisogna entrare nel mistero e trovare la
Luce
. Sarà tardi per quanti attendono che i
veggenti o qualcun altro dica loro cosa
fare: saranno ciechi pur avendo gli occhi.
Entrare nella Luce esige la totale con-
versione, la trasformazione in figli e figlie
di Dio creati a Sua immagine. Essere figli
con il proprio Dio è l’obbiettivo al quale la
Madonna invita l’umanità affinché entri nel
nuovo cielo e nella nuova terra (cfr. Ap
21,22). Questa è la REALTÀ in cui scom-
paiono quei segni che Dio dona solo come
orientamento sul cammino.
La storia insegna che sono santi, com-
pletamente consacrati, anche coloro che
vivono radicalmente il Vangelo: un piccolo
resto
. Spesso sono riservati, inosservabili,
perseguitati, ma Dio apre loro la strada in
modo silenzioso. In questo modo Egli apre
miracolosamente la strada a tutto il popolo,
perché esso è chiamato ad entrare nella
REALTÀ promessa. Ci saranno trionfo e
grande gioia!
Avanti coraggiosi! Permettete a Dio di
guidarvi, e voi seguiteLo. Chi desidera rin-
chiudere le rivelazioni divine in anguste
cornici e in interessi umani, rimarrà nel
deserto o finirà nella schiavitù. Chi si
abbandona a Dio avrà la vita di Dio.
Com’è sulla strada?
Un giorno, conversando domandai ad
una suora: «Cosa chiedi a Dio dentro di te
mentre preghi?». Rispose: «Niente! Cosa
devo chiedere se tutto mi è già stato dato…
Dio mi ha fatto risorgere. Io semplicemen-
te accolgo i doni da Dio e li distribuisco. Il
resto è una perdita di tempo. Guarda come
si comporta la Madonna con Dio. Cosa può
ancora chiederGli?».
Questa è la vita di chi cammina con
Dio. Questo è vivere nel Dio vivente.
Nonostante le sfide della vita l’uomo
sovrabbonda di beni: ha tutto e dona tutto!
Testimoniare significa trasmettere la
vita divina. Dio continua a creare, a redi-
mere e a consacrare l’anima che Egli trova
disponibile. Chi trasmette la vita di Dio,
riversa negli altri fede viva, speranza viva e
carità viva. La Luce caccia le tenebre e apre
all’umanità la via di risposta ad ogni
domanda. In questo modo l’umanità sa
dove sta andando.
«Desidero mostrarmi ai pellegrini sul
volto di ogni parrocchiano», dissero i veg-
genti a nome della Gospa nel 1981.
Possano le nuove grazie del 2006 rendere
luminosi tutti i chiamati, affinché essi sia-
no luce che illumini la strada all’umanità
avvolta nel buio.
Nel mondo il buio è grande. La Luce di
Dio è più grande. È il tempo del risveglio
della coscienza; il tempo della fierezza del-
la missione che mostri agli uomini la sal-
vezza. Se siamo intercessori autentici,
come la Regina della Pace, il “Cielo aper-
to” si farà ogni giorno più chiaro, e i segre-
ti non esisteranno più perché la Luce rende
limpido ogni mistero! *
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Villanova M., 1° maggio 2006
Resp. Ing. Lanzani - Tip. DIPRO (Roncade TV)
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Ci benedica Dio Onnipotente,
il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Amen.
Bosnia: l’esodo dei cattolici
Sono appena tornato dal mio 290° viag-
gio in Bosnia col quale abbiamo portato aiu-
ti a tante povertà di ogni etnia. Ai croati, ai
musulmani, ai Serbi.Siamo sempre aperti a
tutte le povertà senza operare discriminazio-
ni tra le varie etnie e religioni. Tuttavia siamo
anche attenti ad un fenomeno molto grave
che sta investendo la Bosnia: i croati-cattoli-
ci, che ebbero proprio in Bosnia e in Sarajevo
il loro ceppo originario, stanno quasi scom-
parendo da questo Paese. Non c’è lavoro e
pertanto i pochi posti esistenti è ben difficile
che vengano occupati dai croati, che in
Bosnia sono una piccola minoranza. Così i
croati-cattolici si vedono costretti ad emigra-
re. La Diocesi di Banja Luka è addirittura
decimata rispetto a prima della guerra! Ma
anche in quella di Sarajevo i cattolici sono
paurosamente diminuiti.
Ecco perché, pur aiutando tutti, abbiamo
un occhio particolare per le parrocchie, le
comunità religiose e le istituzioni socio-cari-
tative-assistenziali cattoliche. Tentiamo così
di dare il nostro piccolo contributo per frena-
re l’esodo e permettere alle comunità cattoli-
che di resistere nonostante le molte difficol-
tà.Tutti i mesi abbiamo programmato almeno
un nostro convoglio. La tappa di preghiera a
Medjugorje ci dà sempre la ricarica e ci ottie-
ne il dono della perseveranza.
Speriamo che altri amici volontari si
organizzino con un furgone carico di aiuti e
ci telefonino per partecipare a questi nostri
pellegrinaggi di carità. I molti poveri della
Bosnia vi aspettano e, tramite noi, ringrazia-
no anche tutti coloro che con le loro offerte ci
permettono di riempire e portare tanti furgo-
ni tutti i mesi.
Bonifacio Alberto – Centro Informazioni
Medjugorje – Via S. Alessandro, 26 – 23855
Pescate (LC) – Tel. 0341-368487 – Fax
0341-368587 – e.mail: b.arpa@libero.it
Eventuali offerte a: A.R.PA. – Associazione
Regina della Pace – ONLUS (stesso indiriz-
zo) conto corrente postale n. 46968640.
A Medj si va
con radiolina e cuffie!
Sono ancora molto pochi i pellegrini ita-
liani che arrivano a Medjugorje provvisti di
radiolina e cuffie. Così perdono una parte
importante delle grazie che Dio vuol dare in
quel santuario attraverso Maria. Perdono
infatti tutta la traduzione in italiano delle
varie ore di preghiera serale: la S. Messa
nonché la bellissima preghiera di guarigione,
sempre nuova e diversa, che si fa subito dopo
la S. Messa serale. È vero che non c’è sem-
pre la traduzione. La parrocchia di Medj. la
garantisce e la offre gratuitamente solo nelle
grandi feste. In tutte le altre occasioni va
richiesta attraverso un fax o con l’e-mail che
ogni organizzatore deve inviare all’Ufficio
Informazioni di Medjugorje per segnalare
l’arrivo del proprio gruppo:
fax 00387-36-651988
e-mail: informacije@medjugorje.hr.
Appena arrivati, si passa all’Ufficio
Informazioni per versare il costo, che è di
Euro 60 per serata, ma che può essere ripar-
tito tra i vari gruppi presenti. Perciò l’invito a
tutti gli organizzatori di pellegrinaggi è que-
sto: raccomandate a tutti i pellegrini di porta-
re una radiolina con cuffie (frequenza 99,7) e
poi accordatevi con l’Uff. Inf. e con gli altri
organizzatori per garantire la traduzione.
Alberto Bonifacio
La Regina della Pace conclude ogni suo
messaggio ringraziandoci “per aver rispo-
sto alla sua chiamata”. Lei infatti ci sta
chiamando con accorata passione materna
tutti i giorni da venticinque anni: “Io cari
figli sono instancabile, vi chiamo anche
quando siete lontani dal mio cuore
….”
(Mess. 14.11.1985).
Solo un amore senza misura, quello
stesso che ha incendiato il Cuore del Figlio
sino alla “follia della croce”, può spiegare
questo incomprensibile “abbassamento”
della Regina del Cielo e della terra, che non
teme di continuare per tanto tempo a “stare
alla porta e bussare” al cuore di pietra dei
suoi figli, così malati e per questo più ama-
ti. È soltanto questa inesprimibile qualità
d’amore che La spinge ad immergersi com-
pletamente nel mistero della “kenosis” del
Figlio, che «pur essendo di natura divina,
non considerò un tesoro geloso la sua ugua-
glianza con Dio, ma… assumendo la con-
dizione di servo …umiliò se stesso» (Fil
2,6-8). Qui sta la vera radice dell’umiltà di
Maria, di Colei che, pur piangendo “lacri-
me di sangue per i suoi figli che si perdono
nel peccato
” (Mess. 24.05.1984), si sotto-
mette tuttavia al dono prezioso e terribile
della libertà donata ai suoi figli, quel sigil-
lo divino che li costituisce ad immagine e
somiglianza del loro Creatore: “…Dio ha
dato ha dato a tutti la libertà, che Io rispet-
to con tutto l’amore; ed io mi sottometto,
nella mia umiltà, alla vostra libertà

(Mess.25.10.1987).
L’unica arma infatti di cui si avvale
Maria nel decisivo combattimento contro
le potenze delle tenebre, è l’amore puro di
Dio che sgorga in pienezza dal suo Cuore
Immacolato, quello stesso amore che poté
cambiare nell’ora del Calvario il cuore del
centurione che guidava i crocefissori del
Figlio, e che oggi vuole operare la piena
trasfigurazione del mondo, aprendolo defi-
nitivamente alla luce increata di nuovi cie-
li e di terra nuova.
Il “grazie” di Maria ogni volta ci sor-
prende intimamente, ispirandoci assieme
ad un sentimento di tenerezza filiale anche
un segreto disagio per la consapevolezza
della radicale ambiguità delle nostre rispo-
ste al dono ineffabile del suo amore puris-
simo, che ancora ci continua a chiamare
per nome.
Infatti, conosciamo bene il cumulo di
ostinate freddezze e di sottili tradimenti
ben annidati nelle pieghe dei nostri cuori
malati, che resistono da troppi anni al Suo
amore tenero e fedele. Il Suo Cuore di
madre tuttavia, più attento ad una scintilla
di bene che ad un oceano di male presente
nel cuore dei suoi figli, sa riconoscere e
valorizzare ogni più piccolo germe di fre-
sca, nascente, risposta d’amore al dono
celeste della Sua chiamata. E per questo ci
ringrazia
, impegnandoci così implicita-
mente a custodirlo ed a svilupparlo come
un bene prezioso che Lei desidera giunga a
piena maturazione, per farne scaturire inat-
tese correnti di vita e di salvezza per noi e
per gli altri.
In realtà Maria è oggi la mano ed il
Cuore del Padre che invita i suoi figli al
banchetto delle Nozze celesti dell’Agnello,
per unirli eternamente alla Sua offerta rega-
le che illumina la creazione nuova: “Cari
figli, decidetevi e credete che Dio vi si offre
nella Sua pienezza. Voi siete invitati e biso-
gna che rispondiate al Padre che vi chiama
attraverso di Me
” (Mess. 25.10.1987).
Il dispiegarsi dell’immenso potenziale
di grazia salvifica che Dio vuole oggi
effondere nel mondo attraverso la “serva
del Signore” dipende incredibilmente dalla
nostra libera risposta d’amore alla sua
chiamata.
In questo senso siamo oggetti-
vamente responsabili della salvezza di
moltitudini di fratelli e dell’intero universo.
Gesù …..ha bisogno di voi. I vostri cuori
disponibili per Lui lo aiuteranno a salvare
il mondo
”(Mess. 12.03.1984)
Non sottovalutiamo l’importanza deci-
siva dell’ora presente e della nostra perso-
nale risposta agli inviti di Maria! Anche il
magistero profetico del Papa, in perfetta
sintonia con il messaggio della Regina del-
la Pace, ci avverte che è giunto il tempo
delle scelte univoche e decisive:
“La Croce del Signore abbraccia il mondo;
la sua Via Crucis attraversa i continenti ed
i tempi. Nella Via Crucis non c’è la possi-
bilità di essere neutrali. Dobbiamo cercare
il nostro posto”. (Papa Benedetto XVI,
14.04.06).
Cari figli! Oggi come mai prima vi
invito alla preghiera. …Satana è forte e
desidera distruggere non solo la vita uma-
na, ma anche la natura ed il pianeta su cui
vivete. …Io vi benedico e rimango con voi
finché Dio lo vuole. Grazie perché voi non
tradirete la mia presenza qui. Grazie per-
ché la vostra risposta serve al bene ed alla
pace. Grazie per aver risposto alla mia
chiamata
” (Mess. 25.01.1991). *
“Grazie per aver risposto alla mia chiamata!”
di Giuseppe Ferraro
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E-mail redazione: ecoredazione@infinito.it
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