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www.medjugorje.ws » Eco di Maria Regina della Pace » Eco di Maria Regina della Pace 198 (Marzo-Aprile 2008)

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Messaggio di Maria del 25 gennaio 2008:
“Cari figli, con il tempo quaresimale
voi vi avvicinate ad un tempo di grazia. Il
vostro cuore è come terra arata ed è pron-
to a ricevere il frutto che crescerà nel
bene. Figlioli, voi siete liberi di scegliere il
bene oppure il male. Per questo vi invito:
pregate e digiunate. Seminate la gioia e
nei vostri cuori il frutto della gioia cresce-
rà per il vostro bene e gli altri lo vedran-
no e lo riceveranno attraverso la vostra
vita. Rinunciate al peccato e scegliete la
vita eterna. Io sono con voi e intercedo per
voi presso mio Figlio. Grazie per aver
risposto alla mia chiamata”.
Seminate la gioia
Se osserverete i miei comandamenti,
rimarrete nel mio amore, come io ho osser-
vato i comandamenti del Padre mio e riman-
go nel suo amore. Questo vi ho detto perché
la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia
piena
(Gv 15, 10-11). Quasi duemila anni
sono passati da quando Gesù pronunciò que-
ste parole, molte cose sono cambiate nel
mondo, ma l’essenza della vita è rimasta
immutata. Nonostante i successi della scien-
za e della tecnica, nonostante il sogno di
onnipotenza, l’uomo rimane una creatura
bisognosa di Dio, incapace di dare e riceve-
re gioia se non da Lui ed in Lui. Rimanere
nell’Amore di Gesù è condizione dalla qua-
le non si può prescindere perché la sua gioia
sia in noi e la nostra gioia sia piena.
Esistono altre gioie, anche lecite e buo-
ne, ma sono fragili, passeggere; sono gioie
parziali che non riescono a comporre la
gioia piena. Questa pienezza si sperimenta
solo nella misura in cui ci abbandoniamo al
suo Amore. Allora la gioia non sarà un bene
effimero ma esistenziale, non dipenderà dal
nostro stato di salute o di benessere, non
sarà qualcosa che si possiede ma che si vive;
non qualcosa che si ha ma che si è; non un
sentimento ma l’espressione di una vita
innestata nella Vita. Chi ne fa esperienza
può testimoniare che nulla, veramente nulla
ci può separare dall’Amore di Cristo
(cfr
Rm 8, 35-39) e che frutto di questo Amore è
la gioia piena. Questa possibilità è offerta a
tutti ma richiede l’osservanza dei comanda-
menti di Dio; non si tratta di un prezzo da
pagare: l’Amore di Dio non si compra; è
dono gratuito che attende solo un cuore
tenero, permeabile, capace di accoglierlo.
Il tempo quaresimale
è a ciò partico-
larmente propizio; è tempo di grazia ido-
neo a trasformare in humus accogliente e
fertile il nostro cuore. Il vostro cuore è
come terra arata ed è pronto a ricevere il
frutto che crescerà nel bene.
Questo frut-
to
è Cristo Gesù; è Egli che attende di esse-
re ricevuto da noi, che attende di crescere in
noi. Gesù si offre a noi, non si impone ma
si dona; proprio come 2000 anni fa. Sta a
noi ora, come allora, scegliere. Figlioli, voi
siete liberi di scegliere il bene oppure il
male.
Vedi, io pongo davanti a te la vita e
il bene, la morte e il male… scegli dunque
la vita, perché viva tu e la tua discendenza
(cfr Dt 30, 15-20). Rinunciate al peccato e
scegliete la vita eterna
: Egli è la nostra
vita e la nostra longevità (loc. cit.), appun-
to la vita eterna.
Per questo vi invito: pregate e digiu-
nate.
La preghiera ed il digiuno ci mettono
nelle condizioni di saper scegliere il bene e
non si tratta di una scelta avvilente ma
gioiosa. Seminate la gioia e nei vostri cuo-
ri il frutto della gioia crescerà per il
vostro bene e gli altri lo vedranno e lo
riceveranno attraverso la vostra vita.
È
un invito all’apostolato dell’amore; non
parole, non addottrinamenti ma esempi di
vita: Gesù non è un’idea, un concetto; è il
Vivente, la Persona da incontrare, da cono-
scere, da frequentare, da vivere.
Non le nostre labbra ma la nostra vita
deve parlare di Lui. Siate lieti nella speran-
za, forti nella tribolazione, perseveranti nel-
la preghiera, solleciti per le necessità dei
fratelli, premurosi nell’ospitalità. Benedite
coloro che vi perseguitano, benedite e non
maledite. Rallegratevi con quelli che sono
nella gioia, piangete con quelli che sono nel
pianto
(Rm 12, 12-15). Così si semina e si
coltiva la gioia; così si testimonia e si comu-
nica Gesù. Pace e gioia in Gesù e Maria.
Nuccio Quattrocchi
Messaggio di Maria del 25 febbraio 2008:
“Cari figli, in questo tempo di grazia
vi invito di nuovo alla preghiera e alla
rinuncia. Che la vostra giornata sia
intessuta di piccole ardenti preghiere per
tutti coloro che non hanno conosciuto
l’amore di Dio. Grazie per aver risposto
alla mia chiamata”.
Per coloro che non hanno
conosciuto l’amore di Dio
Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è
colui che ti dice “Dammi da bere!” tu stes-
sa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe
dato acqua viva
(Gv 4, 10). Queste strug-
genti parole di Gesù penetrano nell’anima,
ti spogliano da ogni difesa, mettono a nudo
la tua responsabilità. Sono al tempo stesso
un accorato invito ed un rimprovero che, se
non ascoltati, possono preludere ad una
condanna. Se qualcuno ascolta le mie paro-
le e non le osserva, io non lo condanno…la
parola che ho annunziato lo condannerà
nell’ultimo giorno
(Gv 12, 47-48). Se vera-
mente conoscessimo il dono di Dio la
nostra vita sarebbe ben altra, il mondo stes-
so sarebbe radicalmente diverso. Dio infat-
ti ha tanto amato il mondo da dare il suo
Figlio unigenito, perché chiunque crede in
lui non muoia ma abbia la vita eterna
(Gv
3, 16). Chi crede in lui non è condannato,
ma chi non crede è già stato condannato
(Gv 3, 18a). È Gesù il dono di Dio, e Gesù
è l’Amore fattosi carne umana. La salvezza
sta nel credere che Dio è Amore e nell’ac-
cogliere questa verità non dal punto di vista
intellettuale ma esistenziale, fino a diventa-
re sorgente di acqua che zampilla per la
vita eterna
( Gv 4, 14b).
È la via della santità alla quale Maria ci
invita da sempre ed in particolare in questi
ultimi tempi. È una via impegnativa, certa-
mente non facile, ma una via possibile.
Basta decidersi per Dio, ma decidersi seria-
mente; basta farsi raggiungere dal suo
Amore, aprire il cuore senza infingimenti,
in abbandono fiducioso ed incondizionato,
secondo i suggerimenti e gli inviti costante-
mente ripetuti da Maria: preghiera e digiu-
no innestati in una sempre più consapevole
vita sacramentale. In questo tempo di gra-
zia vi invito di nuovo alla preghiera e alla
rinuncia
. Maria ha sempre particolarmente
raccomandato la preghiera del Rosario,
specie in famiglia. Si tratta di un’arma
potentissima dinanzi alla quale satana non
resiste forse perché questa preghiera ha il
profumo della Vergine Maria, il sapore del-
la Sua umiltà, lo splendore della Sua imma-
colatezza. Il santo Rosario è una preghiera
che piace tanto a Maria e che i piccoli
imparano ad apprezzare ben prima dei
«Ecco faccio un cosa nuova:
proprio ora germoglia,
non ve ne accorgete?»
(Is 43,19)
Marzo - aprile 2008
- Edito da Eco di Maria, C.P.
47 - 31037 LORIA (TV)
(Italia) - Tel +39 (0) 423 470331
A. 24, n. 3-4; Sped.a.p. art.2,com.20/c, leg.662/96 filiale di MN-Autor.tribun.MN: 8.11.86, ccp 14124226
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grandi, ma che a lungo andare piace a tutti;
è una preghiera universale. La rinuncia,
alla quale Maria oggi ci invita, comprende
e dilata il campo del digiuno. È rinuncia a
satana, a tutte le sue opere, alle sue sedu-
zioni, al peccato, ad ogni egoismo e ad ogni
male. È rinuncia al superfluo, ad ogni
sopraffazione, offesa, prevaricazione. È
sobrietà di vita, è silenzio.
Preghiera
e rinuncia sono le rotaie del
binario che Maria ci fornisce, strada agevo-
le, veloce e sicura per arrivare al Cuore di
Gesù. Ma c’è un’altra specifica sollecita-
zione: Che la vostra giornata sia intessu-
ta di piccole ardenti preghiere per tutti
coloro che non hanno conosciuto l’amo-
re di Dio
; l’incertezza nel determinare chi
essi siano non ci induca a sottovalutare l’in-
vito di Maria. Preghiamo perché tutti, pro-
prio tutti, possiamo conoscere l’amore di
Dio e teniamo vivo, nella mente e nel cuo-
re, questo invito per tutto il giorno in modo
che la nostra giornata sia intessuta di
piccole ardenti preghiere
che sboccino al
desiderio di Maria e da Lei attingano la
purezza necessaria per tradursi in acqua
viva che sgorga in pensieri, parole ed opere
graditi a Dio e che dissetano coloro che
incontriamo nella nostra giornata.
N.Q.
BENEDETTO XVI,
UOMO
DI SPERANZA
(sull’Enciclica Spe salvi)
Benedetto XVI, un pontefice “maestro
della fede”, che punta sempre all’essenzia-
le e che ci aiuta a comprendere la nostra
identità cristiana. Divenuti figli di Dio nel
Battesimo, riceviamo il dono della fede,
siamo salvati nella speranza, viviamo della
carità (amore). La fede, la speranza e la
carità (amore divino) sono le espressioni
della “vita nuova” dei battezzati, ai quali il
Papa ha dedicato le suo prime encicliche:
Fides et ratio; Deus caritas est, Spe salvi.
Al nostro mondo usa e getta forse è
sfuggita l’importanza delle parole del
Santo Padre sulla speranza cristiana conte-
nute nell’ultima enciclica Spe salvi («Nella
speranza siamo stati salvati» Rom, 8,24).
Infatti si tratta di un insegnamento sempli-
ce, che ricorre spesso agli esempi, con la
santa schiava africana Bakita, il cardinal
vietnamita Van Thuan, Sant’Agostino e la
sua ricca esperienza umana e religiosa e
l’esempio della stessa Vergine Maria. Ma
talvolta il “maestro” vola un po’ alto con le
sue analisi sulle parole greche o con le sue
dotte citazioni di filosofi antichi, come
Platone o i più recenti come Marx.
C
OS
È LA
S
PERANZA
C
RISTIANA
?
Ma non c’è da spaventarsi, basta segui-
re un po’ il ragionamento. C’è infatti un filo
conduttore dall’inizio alla fine del docu-
mento ed è la domanda: Cos’è la speranza
cristiana?
Cosa possiamo sperare oggi?
Cosa può sperare l’uomo di sempre?
La prima parte della lettera è dedica-
ta proprio a spiegare cosa sia la speran-
za,
attingendo sopratutto dai testi della
Sacra Scrittura e della dottrina della Chiesa
primitiva. La speranza “Cristiana” nasce
dalla fede in Dio che ama l’uomo, lo redi-
me dal peccato e dalla morte mediante la
resurrezione del suo Figlio Gesù, lo rende
suo figlio in Cristo e gli promette la vita
eterna con lui. Allora la speranza è certez-
za, fondata sulla promessa di Dio della sal-
vezza, cioè della vita eterna con Dio e con
la comunità dei credenti. Perciò colui che
crede in Dio Padre e nel suo Figlio Gesù e
vive nella carità (in grazia di Dio, nell’a-
more di Dio) è “salvo nella speranza”, spe-
ranza certa, perchè fondata sulla fedeltà di
Dio, sulla promessa e sulla possibilità di
vivere eternamente con lui. La speranza è
dunque una ragione di vita fondata su
Dio
e la differenza con il mondo è che il
mondo vive “senza speranza e senza Dio”.
V
OGLIAMO NOI LA VITA ETERNA
?
Dopo averci dato spiegazioni su cosa sia
la speranza, il Papa affronta altre domande:
Vogliamo noi davvero la vita eterna? Cos’è
questa vita eterna? Perchè essa oggi non
interessa più? E poco più in là: cos’è che ha
fatto perdere la speranza al nostro mondo?
Su quali certezze si fonda il mondo di oggi?
Cosa bisogna far per ridar speranza al mon-
do? Dove attingere la speranza?
Papa Benedetto fa un percorso dagli ini-
zi della filosofia dei tempi moderni: da
Bacone, fautore della scienza e della tecni-
ca, all’Illumismo francese, che esalta la
ragione; a Kant, che vede il pericolo di una
deriva morale del mondo se perde contatto
con Dio, ma non sa come conciliare la fede
con la realtà e con la ragione, alla fiducia
nel progresso affidato al riscatto sociale
delle masse, proposto da Marx, che però
non raggiunge i risultati sperati; per giun-
gere alla conclusione che l’uomo con le sue
sole capacità non riesce a darsi un futuro e
una speranza, ma che tuttavia questo futuro
questa speranza ci sono: “La vera grande
speranza dell’uomo, che resiste, nonostan-
te tutte le sue delusioni, può essere solo
Dio, il Dio che ci ha amati e che ci ama tut-
tora “sino alla fine”, “fino al pieno compi-
mento” (Gv 13,1 e 19,30) (n.27).
“Chi viene toccato dall’amore comincia
a intuire cosa vuol dire la parola “vita eter-
na”, la vita vera, che interamente e senza
minacce, in tutta la sua pienezza è sempli-
cemente vita” (n. 27). “E Gesù che ha det-
to di sé di essere venuto per darci la vita e
darcela in abbondanza ci dice pure che cosa
significhi questa vita: Questa è la vita eter-
na, che conoscano Te e Colui che hai man-
dato, Gesù Cristo” (Gv 17,3). (ibid.)
U
N NUOVO
P
AGANESIMO
Il discorso poi va avanti per indicarci “i
luoghi” dove si può trovare ad esercitare
la speranza cristiana:
nella preghiera, nella
fatica e nella sofferenza del vivere quotidia-
no, nella prospettiva dal Giudizio finale.
L’attenzione al documento, come si diceva, è
stata scarsa; anche la risonanza nei mezzi di
comunicazione è stata flebile, forse perché il
tasso di scetticismo e di chiusura in se stessi
con cui vive la gente è altissimo. La defini-
zione di San Paolo nei riguardi dei pagani,
come “gente senza speranza” (Ef. 2,12) si
addice perfettamente al nuovo paganesimo
dei nostri giorni. Ma letto con la sensibilità,
che ha risvegliato nei cuori la Regina della
Pace a Medjugorje, il documento è interes-
santissimo; un vademecum, una guida per il
futuro dei cristiani e dei non credenti. Del
resto, la Madonna cosa è venuta a fare se non
a prenderci per mano per scampare i perico-
li della rovina totale e per avviarci di nuovo
sulle vie di Dio, che abbiamo smarrito?
E
CHI DI
M
EDJUGORJE
Sarebbe interessante fare un accosta-
mento tra i messaggi della Madonna a
Medjugorje e le parole del Papa.
Lo spa-
zio non ce lo consente; ma se uno ha impa-
rato in questi lunghi anni di grazia, cosa
dice e cosa ripete la Vergine Santa, si ritro-
va in perfetta sintonia con l’enciclica Spe
salvi.
Il primo messaggio che la Madonna
ha portato è stato: “Dio c’è”, come dire:
l’uomo da solo non basta, pur con tutto il
progresso, che può raggiungere, il progres-
so umano infatti è ambiguo; può servire al
bene o al male. Allora ecco che la Madonna
chiede di fare la scelta di Dio e di metterlo
al primo posto e mette in guardia dalla pre-
senza e dall’azione di satana. Il mondo del-
la cultura ha snobbato questa enciclica, for-
se perché quando si dice la verità (per es. si
dicono i limiti della scienza e del progresso)
si perdono gli amici; ma capita lo stesso a
coloro che sono infastiditi dai messaggi di
Maria, sia fuori che dentro la Chiesa stessa.
G
LI
I
NVITI DI
M
ARIA
E ancora: “Pregate, pregate, prega-
te!” dice la Madonna. Perché?
Non per-
ché ogni prega è bravo ed esatto nei suoi
doveri: ma perché senza il dialogo con Dio
non si capisce quale direzione deve prende-
re la vita e qual è il significato del presente.
E poi gli inviti di Maria all’abbandono in
Dio e nelle sue mani, anche nelle prove e
nelle sofferenze, l’apertura del cuore alla
gioia e alla speranza come forma principale
di testimonianza cristiana. Perché, così,
ribadisce il Papa: “La misura dell’umanità si
determina nel rapporto con la sofferenza e
col sofferente” (n. 38). “Soffrire con l’altro e
per gli altri, soffrire per amore della verità e
della giustizia, soffrire per diventare una
persona che ama veramente, questi sono gli
elementi fondamentali di umanità, senza i
quali si distrugge l’uomo stesso” (n. 39).
Ricordiamo anche tutte le volte che la
Madonna ci parla della vita eterna e dell’o-
pera di satana per portare l’uomo alla rovi-
na eterna: non sono i richiami stessi del
Papa, specialmente nella parte finale?
E la conclusione stessa dell’Enciclica
ci permette un fecondo accostamento
con gli eventi di Medjugorje.
La
Madonna, nei due numeri conclusivi (n.
49-50) è indicata e pregata come la “Stella
del mare”, che mostra all’umanità, come
gli astri ai naviganti, la rotta da seguire nel
viaggio nel mar oscuro e burrascoso dalla
storia. E così infatti prega il popolo cristia-
no: Salve Regina, madre di Misericordia,
vita, dolcezza e speranza nostra, salve!
Don Nicolino Mori
2
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Il Santo Padre commenta:
“Persiste ancora una mentalità maschi-
lista, che ignora la novità del cristianesi-
mo, il quale riconosce e proclama l’ugua-
le dignità e responsabilità della donna
rispetto all’uomo. Ci sono luoghi e cultu-
re dove la donna viene discriminata o
sottovalutata per il solo fatto di essere
donna, dove si fa ricorso persino ad argo-
menti religiosi e a pressioni familiari,
sociali e culturali per sostenere la dispa-
rità dei sessi, dove si consumano atti di
violenza nei confronti della donna ren-
dendola oggetto di maltrattamenti e di
sfruttamento nella pubblicità e nell’indu-
stria del consumo e del divertimento.
Dinanzi a fenomeni così gravi e persi-
stenti ancor più urgente appare l’impe-
gno dei cristiani perché diventino dovun-
que promotori di una cultura che ricono-
sca alla donna, nel diritto e nella realtà
dei fatti, la dignità che le compete”.
L’
INVINCIBILE ARMA
La vera preghiera è il motore del
mondo
, perché lo tiene aperto a Dio. Per
questo senza preghiera non c’è speranza,
ma solo illusione.
Senza la dimensione della preghiera,
l’io umano finisce per chiudersi in se stes-
so, e la coscienza, che dovrebbe essere eco
della voce di Dio, rischia di ridursi a spec-
chio dell’io, così che il colloquio interiore
diventa un monologo dando adito a mille
autogiustificazioni.
La preghiera è garanzia di apertura
agli altri
, chi si fa libero per Dio e le sue
esigenze, si apre contemporaneamente
all’altro, al fratello che bussa alla porta del
suo cuore e chiede ascolto, attenzione, per-
dono, talvolta correzione ma sempre nella
carità fraterna.
La vera preghiera non è mai egocentri-
ca
ma sempre centrata sull’altro. Più è gran-
de la speranza che ci anima, tanto maggiore è
anche in noi la capacità di soffrire per amo-
re della verità e del bene, offrendo con gioia
le piccole e grandi fatiche di ogni giorno e
inserendole nel grande com-patire di Cristo.
Benedetto XVI
La donna è
una missione
che genera la Chiesa
È quanto è stato rilevato nei lavori di un
congresso molto prezioso intitolato
Donna e uomo, l’humanum nella sua
interezza
”, svoltosi in Vaticano all’inizio
del febbraio scorso. In un recente passato la
figura della donna era stata messa in luce,
come tutti ricorderanno, dalla bellissima
Lettera Apostolica di Papa Wojtyla
Mulieris dignitatem, che quest’anno com-
pie esattamente vent’anni. Oggi, il deside-
rio di approfondire la conoscenza della
donna come parte imprescindibile dell’uo-
mo nella sua interezza («maschio e femmi-
na li creò
» Gn 1,27), ha motivato i promo-
tori del convegno e ha fornito bellissimi
spunti ai relatori, per la maggior parte per
l’appunto, donne.
Giovanni Paolo II, indicando il valore
del genio femminile aveva fornito una base
di partenza importante: il “genio femmini-
le” è quella capacità di “vedere lontano”,
“intuire” e “vedere con gli occhi del cuore”,
ha affermato Paola Bignardi - una pedago-
ga chiamata a riflettere sulla responsabilità
e sulla partecipazione della donna all’edifi-
cazione della Chiesa e della società.
“Questa capacità propria della donna fa sì
che in lei la vocazione passi attraverso l’a-
more e che il suo contributo principale stia
nell’edificare una Chiesa a sua volta mater-
na, testimoniando una Chiesa che ama, che
sa esprimere la sinfonia di un amore che dà
senso alla vita”.
Generare la vita è uno delle esperien-
ze fondamentali della donna
, non solo fisi-
camente ma anche spiritualmente. Lo
vediamo in molte donne che vivono piena-
mente la propria maternità attraverso i cana-
li invisibili dello Spirito, che attraverso di
loro genera anime a Dio e rigenera situazio-
ni che mancano di vita o rischiano di perder-
la (“La generazione è prima un dato dell’a-
nima che del corpo”, afferma a questo pro-
posito la Bignardi). Il ruolo della donna
all’interno della Chiesa il più delle volte è
visto nell’ottica del servizio, un aspetto fon-
damentale che valorizza quel lato della don-
na capace di donarsi in modo instancabile e
senza calcolo. Ma se ci si limita a questo, si
rischia di ridurre in modo drastico le poten-
zialità della donna stessa, privando l’umani-
tà di un contributo importantissimo che Dio
invece aveva previsto. “Per la donna vivere
la propria identità nella Chiesa significa
contribuire a generare la Chiesa” continua
nella relazione la pedagoga, “la Chiesa è
generata dallo Spirito ma umanamente ha
bisogno di essere generata e credo che la
donna la possa generare nella sua maternità,
contribuendo a fare in modo che la Chiesa
sia veramente anch’essa madre”.
Cosa significa per la Chiesa, in realtà,
essere madre?
Significa far trovare a chi
cerca una “Chiesa che accoglie, una Chiesa
che consegna la libertà della propria vita,
che sa perdonare, che fa sentire che si può
sempre ricominciare”.
Tra gli interventi di particolare rilievo
quello della polacca Alicia Kostka, che ha
dedicato la sua tesi dottorale alla dignità e
alla vocazione della donna dalla prospettiva
di padre Josef Kentenich (1885-1968).
“Padre Kentenich descrive la donna come
Un nuovo dogma
mariano?
È la richiesta di cinque Cardinali in una
lettera al Santo Padre affinché si dichiari un
quinto dogma mariano che proclamerebbe
Maria “Madre Spirituale di Tutta
l’Umanità
, coredentrice con Gesù
Redentore
, mediatrice di tutte le grazie con
Gesù unico mediatore, avvocata con Gesù
Cristo a favore del genere umano”. I porpo-
rati fanno notare l’urgenza in questo tempo
di precisare il ruolo della Madre del
Redentore e la sua “cooperazione unica nel-
l’opera della Redenzione, così come la sua
funzione nella distribuzione della grazia e
nell’intercessione per la famiglia umana”.
Una delle ragioni che ha motivato tale
richiesta si pone su un piano di impegno
ecumenico a “servizio di chiarificazione
alle altre tradizioni religiose e un proclama-
re la piena verità cristiana su Maria”.
Secondo uno dei firmatari è giunto “il
momento della definizione papale del rap-
porto della Madre di Gesù con ognuno di
noi, i suoi figli terreni, nei suoi ruoli di
coredentrice, mediatrice di tutte le grazie e
avvocata. “Proclamare solennemente Maria
come madre spirituale di tutti i popoli vuol
dire riconoscere pienamente e ufficialmen-
te i suoi titoli, e quindi attivare, portare a
nuova vita le funzioni spirituali, di interces-
sione, che offrono alla Chiesa per la nuova
evangelizzazione, e per l’umanità nella
delicata situazione mondiale che vive
attualmente”.
Redazione
Il sacrificio di Cristo, dono
di un cuore purificato
In questo tempo dell’anno in cui ci siamo
preparati alla Pasqua, il termine sacrificio è
risuonato costante nelle nostre chiese e nelle
riflessioni di ognuno. Tuttavia tale parola
richiama in noi quasi spontaneamente un’ac-
cezione negativa, mentre nel senso religioso
ha invece un significato molto positivo:
“Sacrificare non significa privare, significa
rendere sacro
, come santificare significa
rendere santo, semplificare rendere sempli-
ce” ha detto il card. Vanhoye, il predicatore
degli esercizi spirituali al Santo Padre e ai
membri della curia romana.
Nell’Antico Testamento lo scopo del
sacrificio era di cambiare la disposizione di
Dio, di ottenere i suoi favori, in cambio dei
doni offerti. Diversamente avviene nel
sacrificio cristiano che ha lo scopo di cam-
biare la disposizione dell’uomo
, non le
disposizioni di Dio: “Il suo scopo è quello
di dare un cuore purificato e docile a Dio”,
ha specificato il cardinale.
Ma per stabilire il contatto, la piena
comunione con Dio “il peccatore deve esse-
re aiutato da un mediatore che non sia pec-
catore”. Ecco perché il Padre ci ha donato
suo Figlio, che è stato “vittima degna e
sacerdote capace. Vittima degna perché ave-
va una perfetta integrità morale e religiosa,
era senza macchia, santo, innocente, l’im-
macolato. È stato sacerdote capace in quan-
to era pieno della forza dello Spirito Santo”.
Anche a noi è dato di partecipare a
questo sacrificio
e godere pienamente del
contatto con Dio che questo ristabilisce,
quella comunione piena di cui tutti siamo
assetati. È l’Eucaristia il luogo per eccel-
lenza dove tutto questo avviene: “Quando
celebriamo l’Eucaristia e ci comunichiamo,
riceviamo in noi questo intenso dinamismo
di amore, capace di trasformare tutti gli
eventi in occasione di vittoria dell’amore”.
Quindi, il sacrificio è un atto molto positivo
e fecondo “che valorizza immensamente
un’offerta”.
immagine di Dio”, afferma la Kostka, “dob-
biamo essere consapevoli anche nella vita
quotidiana che l’uomo e la donna rappre-
sentano Dio, ciascuno a suo modo. La dot-
trina della Chiesa ancora si impegna a
dimostrare che la donna come persona - che
ama, che pensa, che agisce - riflette Dio.
Ma nel suo discorso il sacerdote polacco
mostra in modo più concreto la donna è
immagine di un Dio che è anche Madre nel-
la sua dedizione disinteressata: “Il servire
disinteressato come dono naturale della
donna, come potenza della donna, è un
riflesso di un Dio che ci serve, perché è for-
te e perché è amore. Essere donna è una
missione!”.
S.C.
3
Eco 198
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I titoli che cercherò di descrivere sono
tratti dalla Sacra Scrittura e precisamente
dall’Antico Testamento.
T
ORRE DI
D
AVIDE
Questo titolo rivolto ad una persona è
usato nel Libro del Cantico dei Cantici, ma
non troviamo nessun riferimento a qualche
costruzione particolare. Possiamo pensare
alla cittadella di Davide che era la parte più
alta e fortificata di Gerusalemme che
Davide aveva scelto per propria dimora, ma
non ad una torre particolare.
Per capire meglio questa litania bisogna
rifarsi all’importanza che avevano le torri,
alla loro funzione particolarmente in tempo
di guerra. Esse servivano come baluardo di
difesa, postazioni per poter scrutare l’oriz-
zonte e avvistare il nemico da lontano, la tor-
re restava ultima difesa dove rifugiarsi. Le
torri servivano per poter comunicare, trami-
te il fuoco o il fumo, con altri torri lontane.
Riferendosi a Maria acquista tutto un
significato spirituale. Maria è difesa del
popolo cristiano contro gli attacchi del
maligno. Lei è un ottimo “osservatorio” per
poter contemplare la bellezza di Dio. La
Madonna è ottimo punto di riferimento lun-
go il difficile cammino della vita per non
perdere di vista la meta. Maria per molti
cristiani, che per circostanze gravi non pos-
sono accostarsi all’Eucarestia e al sacra-
mento della riconciliazione, resta l’unica
“tavola di salvezza” che gli permette di
restare uniti a Dio. Perché restare con
Maria è restare con Dio. Nel dare a Maria il
titolo di torre è riconoscere a lei l’essere
ottima cristiana capace di smascherare i
piani malefici di satana e la sua presenza
devastatrice. Nella storia della Chiesa nei
periodi di forte crisi di fede o nei momenti
di attacchi dai nemici, le difficoltà le sono
state superate sempre grazie all’intervento
di Maria o di santi che a Lei si son rivolti.
T
ORRE D
AVORIO
Anche questa litania è ripresa dal
Cantico dei Cantici dove lo sposo ammira
ed esalta la bellezza della sposa. Se nella
litania precedente la torre richiamava una
costruzione per tempi di guerra qui la torre
diventa simbolo di bellezza, segno di poten-
za che attrae ed affascina e che non resta
inosservata.
Nel Medioevo le torri alle città (Siena,
San Gimignano, Bologna, Pisa) davano un
aspetto di eleganza e di ricchezza. Servivano
come richiamo ai viandanti ai pellegrini ed
ora ai turisti. Anche i nostri campanili (torre
campanaria) hanno il compito di richiamare
e segnalare la presenza della casa di Dio che,
come l’avorio, è bella e preziosa.
C
ASA D
ORO
La Vergine Santissima qui è paragonata
ad una casa d’oro. La casa è per ogni perso-
na il luogo dove è a proprio agio. Dove,
anche se all’esterno c’è tempesta, si sta
riparati e sicuri. Nella casa si conservano
gli affetti più cari, si vivono i momenti più
intimi e più importanti di una famiglia e
Il perdono
Se desideri mantenere la pace nelle prove della vita, perdona. Se desideri gioia e non
tristezza, perdona. Se desideri amare veramente, perdona.
Ma gli uomini, dopo essere fuggiti dal Paradiso, non riuscivano più a perdonare e a chie-
dere perdono al Padre, perché il demonio li teneva schiavi rendendo i loro cuori di pietra
e pieni di peccato.
Allora il Figlio, visto che gli uomini non riuscivano a chiedere perdono, pensò di prende-
re le sembianze dell’uomo, di prendere Lui un corpo da uomo, nascendo da donna, di
prendere su di sé i volti di tutti gli uomini, i sentimenti di tutti gli uomini, e di chiedere
perdono al Padre come uomo, al posto degli uomini, come fece. Allora il Padre donò agli
uomini un cuore di carne al posto di quello di pietra, e aprì le porte del suo Cuore e fece
entrare in Cielo tante persone che satana teneva legate alla terra. Per questo viene da dire
che l’uomo è stato salvato come da uno stupendo gioco d’amore di Dio che si è fatto uomo
per far dire all’uomo ciò che non riusciva affatto a dire: «Padre, perdona» (Lc 23,33).
Sempre a proposito del perdono, l’apostolo Pietro, un giorno, chiede a Gesù se è suf-
ficiente perdonare sette volte al fratello che pecca. Ma Gesù risponde che bisogna perdo-
nare non sette, ma settanta volte sette, cioè sempre, facendoci capire l’importanza del per-
dono. Altre volte Gesù ha detto che bisogna perdonare: «Amate i vostri nemici, fate del
bene a coloro che vi odiano» (Lc 6,27).
Da queste parole pare di capire che il perdono sia strettamente connesso con l’amore:
sì, non si può amare senza perdonare. Certo è che possiamo perdonare solo se vediamo
ogni persona come un dono, se consideriamo dono ogni vicenda che ci offre la vita, anche
le più difficili, come ha fatto Maria. Infatti, quando Le dicono che deve fuggire di notte
perché vogliono uccidere il Bambino, non giudica questa situazione una sciagura, ma un
dono. Quando perde Gesù nel tempio, non si adira, ma accetta il contrattempo come un
dono. Quando Gesù risponde ai parenti che madre, padre e fratelli sono quelli che fanno
la volontà del Padre, Maria non rimane risentita, ma considera quelle parole un dono.
Quando Le uccidono il Figlio, e lo vede morire in croce, continua ad amare considerando
quella morte un dono.
L’esempio di Maria è per noi di grande insegnamento e ci spinge a fare come Lei, che
ha sempre saputo vedere il dono. Allora, chiediamole di rendere capaci anche noi di vede-
re il dono nella nostra vita. In questo modo, forse, la nostra vita diventerà tutta un ringra-
ziamento al Padre per i doni ricevuti e, soprattutto, per il Dono ricevuto: Gesù. In questo
modo, forse, dimorerà costantemente in noi un grande desiderio di perdonare, che ci farà
amare ogni persona, tutto il creato, con l’amore di Gesù.
Come uno che serve
Come è possibile che un dio venga in terra per servire? Eppure il Figlio, che è Dio, è
venuto tra noi proprio per farlo, come Egli stesso disse: «Io sono in mezzo a voi come uno
che serve» (Lc 21,21). Ma Gesù lo ha detto, soprattutto, con la sua vita. Lui ha messo
veramente in pratica le parole: «Colui che vorrà diventare più grande si farà vostro servo»
(Mt 20,26). Gesù invita anche noi a fare come Lui, che ha lavato i piedi agli apostoli, invi-
ta anche noi a scegliere la parte del servo, la parte migliore che nessuno potrà toglierci.
Gesù invita anche noi a servire. Ma che cosa significa servire? Perché Gesù ci chiede di
servire? Forse servire vuol dire perdere qualcosa di noi, perdere per donare all’altro, pri-
varci, insomma, di qualcosa che ci appartiene.
In questo modo è come se il nostro cuore si svuotasse di una sua parte lasciando, per
così dire, uno spazio vuoto. E questo spazio, chissà perché, viene subito occupato dall’a-
more di Dio, da Dio stesso. Quindi, servire non vuol dire perdere, o meglio, vuol dire per-
dere qualcosa di noi per accogliere l’amore di Dio, per accogliere cioè una realtà infinita-
mente più preziosa di quello che perdiamo. Per questo Gesù si è fatto servo: per lasciare
completamente spazio all’Amore del Padre.
Satana sa bene che l’uomo è chiamato a servire e sa pure che se l’uomo non si mette
a servizio opera solo il male perché il suo cuore non lascia spazio all’Amore. Per questo
motivo lo spinge sempre a non servire, come ha fatto lui. Scegliamo, allora la parte del
servo, come ci chiede Gesù, perché solo così possiamo accogliere l’Amore.
Anche Maria ha scelto di servire, come lei stessa disse: «Eccomi, sono la serva del
Signore si faccia di Me secondo la tua parola». Per questo Maria fu ripiena di Spirito
Santo al punto che tutte le generazioni la diranno beata. Lasciamoci, allora, educare da
Maria per metterci in tutto a servizio del piano di Dio. Così facendo, nel nostro cuore
lasceremo un spazio grande per accogliere l’Amore. Così, forse, il nostro cuore sarà pie-
no di gioia, come quello di Maria. Così, forse, capiremo che anche il Padre è un Dio
d’Amore proprio perché è come uno che serve. Così, forse, capiremo che l’uomo esiste
solo perché il suo Dio è come uno che serve.
L
E
L
ITANIE
...
P. Ludovico Maria Centra
P
ENSIERI SEMPLICI
di Pietro Squassabia
personali. Ecco allora che è bello sentirsi a
casa nel Cuore materno di Maria nel quale
si può incontrare suo figlio Gesù e il vero
volto del Padre.
La preziosità della casa: l’Oro sta a dire
la bellezza delle virtù di Maria ed è forse
anche per questo che in tutti i secoli i cri-
stiani hanno voluto impreziosire le chiese
dedicate alla Madre di Dio e le sue imma-
gini con oggetti d’oro e i donatori erano
proprio i più poveri.
In conclusione, Maria a buon titolo è “la
casa” perché è sempre pronta ad accogliere
noi suoi figli e stringerli al cuore.
4
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Il Dio, che è divenuto agnello,
ci dice che il mondo
viene salvato dal Crocifisso
e non dai crocifissori. Il mondo
è redento dalla pazienza di Dio
e distrutto dall'impazienza
degli uomini.
Benedetto XVI
La croce
non è un capolinea!
di Stefania Consoli
Quante riflessioni sulla croce abbiamo
fatto nel tempo di quaresima, quante pre-
ghiere e pie devozioni dietro Gesù che sali-
va il Calvario... Ma quante volte in realtà
abbiamo pensato che lo strumento di morte
che Egli portava sulle spalle era solo un vei-
colo e non il fine del tragitto? Un veicolo
che lo avrebbe trasportato oltre la barriera
della morte, dove lo attendeva il risveglio a
vita eterna.
Ogni giorno affrontiamo situazioni in
cui ci sentiamo crocifissi, costretti a vivere
qualcosa che non ci appare un bene, o che
addirittura ci procura dolore. Situazioni in
cui avvertiamo un senso di impotenza, di
frustrazione, di sconfitta.
Come ci poniamo di fronte a quelle cro-
ci? Le subiamo passivamente rimanendo
schiacciati sotto il loro peso? Le combattia-
mo arrabbiandoci o cercando di scansarle?
Rivendichiamo il nostro diritto al benessere
e cerchiamo vie di fuga che ci distraggano,
in attesa che il problema sia passato in modo
quasi magico? E se tutto questo in noi
avviene, allora è lecito chiedersi: che senso
ha la croce, perché Gesù ce la propone?
Il senso l’ho trovato scritto in una frase
di un uomo totalmente immobile, costretto
dalla malattia a vivere nel suo corpo come
se fosse in un bozzolo. Interiormente però il
suo essere, più che vitale, si andava lenta-
mente mutando in farfalla, pronta a volare
via quando i colori della sua anima sarebbe-
ro stati armoniosamente completi per il cie-
lo. Un uomo inchiodato nel letto che con
coraggio usava la bocca per scrivere parole
di speranza, indirizzate a chi, forse libero di
muoversi, viveva paralisi interiori che gli
impedivano un lesto movimento verso Dio.
LUIGI ROCCHI,
ora Servo di Dio,
scriveva: “Non si deve amare la croce, ma
si deve amare a costo della croce!”.
Ecco il segreto impresso su quel legno
che Gesù ci propone di “abbracciare”. Ecco
il suo vero senso. È l’amore l’obbiettivo,
la meta finale. Un amore capace di supera-
re ogni morsa di dolore. Un amore in grado
di passare le fitte maglie della prova, che
come un setaccio sa trattenere ciò che è
ancora impuro e grossolano, per rilasciare
poi quanto è destinato a rimanere. Su quel-
lo, alla fine, saremo giudicati.
Amare a costo della croce
significa
allora spingerci fino all’impossibile; signi-
fica “osare l’amore” quando tutto ci dice di
non farlo: le antipatie, le ferite e le offese
subite, i risentimenti, i rancori, le giustizie
umane che da una parte ci convincono di
aver ragione ma che in cambio ci procura-
no amarezza, inquietudine e malumore.
Amare in queste circostanze ci costa
davvero, fa sanguinare il cuore; ci crea dis-
gusto perché richiede una rinuncia alle pro-
prie idee, alla nostra mentalità o inclinazio-
ni. Ci obbliga ad uscire da noi stessi, rinun-
ciando a difendere una falsa dignità frutto
dell’amor proprio e del nostro orgoglio.
Amare il nemico, amare l’avversario,
amare anche l’amico che ci tradisce o delu-
RICOMINCIA SEMPRE!
Non ti arrendere mai:
neanche quando
la fatica si fa sentire.
Neanche quando
il tuo piede inciampa.
Neanche quando
i tuoi occhi bruciano.
Neanche quando
i tuoi sforzi sono ignorati.
Neanche quando
la delusione ti avvilisce.
Neanche quando
l’errore ti scoraggia.
Neanche quando
il tradimento ti ferisce.
Neanche quando
il successo ti abbandona.
Neanche quando
l’ingratitudine ti sgomenta.
Neanche quando
l’incomprensione ti circonda.
Neanche quando
tutto ha l’aria del niente.
Neanche quando
il peso dei peccati ti schiaccia.
Invoca il “tuo” Dio,..E ricomincia!
P.MB
Padre, perdonali!
Il cristiano è tale solo se accetta questa
condizione del suo Maestro, perdonare al
tuo fratello come anche a te è stato perdo-
nato
. Se oggi il cristiano non è capace di
donare il perdono, a volte anche all’interno
della propria famiglia o comunità, è perché
non si è ancora aperto pienamente al perdo-
no di Dio, un perdono che è medicinale, che
è curativo, capace di sanare ogni ferita.
Sentirti perdonato da Dio è un’esplosione
interiore, un’esplosione che ti fa sentire il
“donare la vita” come un’esigenza. E ora
Gesù su quella croce sta dicendo al Padre:
perdonali. Cioè: fagli sentire questo smisu-
rato amore che hai per loro, infondi in essi
questo olio sanante e liberante capace di
compiere una nuova creazione, una ricrea-
zione
. Sì, Gesù fin da questa parola, e ancor
prima con i gesti e le parole dell’ultima
cena ci rivela il senso della sua passione e
della sua morte in croce: Padre perdonali…
padre ricrearli… falli nuovi… a nostra
immagine come li avevi voluti all’inizio
della creazione.
Lì, dunque, dove c’è sofferenza e morte,
lì, dove c’è la croce e tutto ci parla di una
fine, in realtà, si sta compiendo un inizio.
Ecco faccio un cosa nuova:
proprio ora germoglia,
non ve ne accorgete?
(Is 43,19)
Sì, per te oggi il Signore sta compiendo
cose nuove, per la tua famiglia, per questa
nostra società confusa e disorientata. Da
quella croce sta fiorendo la vita. Non chiu-
dere gli occhi, non fuggire questo dolore,
non farti sordo alla preghiera di Gesù, lui,
quella preghiera, la sta rivolgendo al Padre
per te, e ripete: Padre perdonali perché non
sanno quello che fanno.
Sì, ancora oggi, da quella croce, un gri-
do si alza verso il cielo, è il grido accorato
della preghiera del Signore: Padre perdo-
nali.
C’è davvero molto di cui dobbiamo
essere perdonati, tutti! Nessuno escluso, chi
più chi meno, tutti abbiamo bisogno di
“essere liberati dal perdono di Dio”. Il suo
perdono ha questo potere liberante, ci dona
quella libertà a cui sempre aneliamo, anche
se a volte per vie assai contorte.
Ancora oggi, noi lo stiamo offendendo.
Leggi inique degli stati continuano a deri-
dere Gesù, guerre spietate continuano ad
inchiodare le sue mani e i suoi piedi, vio-
lenze e soprusi continuano a percuotete il
suo corpo innocente, ma la preghiera di
Gesù, la dolce preghiera di Gesù è sempre
la stessa: Padre perdonali perché non san-
no quello che fanno.
p. Gabriele Pedicino
de, amare solo per amore dell’Amore.
«Padre perdonali, perché non sanno quello
che fanno!».
Parole del Crocifisso. Parole
di perdono e di misericordia. Parole di un
amore che rimarrà in eterno, mentre la cro-
ce resterà solo un ricordo.
«Sono venuto a portare il fuoco sulla
terra, e come vorrei trovarlo ancora acce-
so»
. In quell’ora sul Calvario, come pietra
focaia, Gesù veniva battuto per generare
una scintilla che poi diventò fiamma. Un
legno, la sua croce, destinato a consumarsi
per mantenerla vivida.
Ecco trovato allora il senso delle
nostre croci:
legna gettate nella fornace
della nostra vita, per far ardere l’amore che
lo Spirito ci donato nel battesimo.
“All’Amore che ti trascina non chiede-
re dove va”, scriveva ancora Luigi, “così io
non chiedo mai a Dio dove porta la mia cro-
ce. So che Egli mi ama e questo basta”.
“Da dove vengo? Dall’Amore. Che
faccio? Amo. Dove vado? All’Amore.
Perché tanta sofferenza? Che male ho
fatto? Perché, Gesù?”. Ho sentito allo-
ra lo sguardo del Nazareno, del Figlio
di Dio, che mi ha turbato e mi ha detto:
“Non una lacrima andrà perduta. La
vita passa attraverso la morte, la gioia
attraverso il dolore”.
“Da allora la mia vita non fu solo
dolore, il dolore si è fatto veicolo di
gioia, di amore, di vita. Sono sicuro che
anche voi vi siete posti queste domande,
che anche voi cercate la gioia: questa
dipende dalla vostra volontà di amore
verso coloro che soffrono, perché il
Regno di Dio venga nel cuore degli
uomini, verso quegli innocenti che, attra-
verso la loro sofferenza, preparano la
nuova venuta di Gesù. Non vi stancate di
sorreggere un po’ la croce, di asciugare
le loro lacrime, di tenere accesa la spe-
ranza della risurrezione, quando ci
saranno “cieli nuovi e terre nuove” per
tutti. Dio vi benedica”.
Luigi Rocchi
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È morta lo stesso anno in cui iniziavano
le apparizioni della Regina della Pace a
Medjugorje. Amava molto la Santa Vergine e
come Lei, aderì alla volontà divina in modo
radicale, anche quando il progetto di Dio le
richiese un’immolazione al limite di ogni
umana sopportazione. Crocifissa con il
Cristo in croce, si lasciò consumare per la
salvezza delle anime. Questa la sua missione,
questa la strada che l’ha portata a santità.
Più imitabile
che ammirabile
“Tutta la perfezione è nell’amore, tutta la
santità è nell’umiltà”.
È quanto affermava
MARTHE ROBIN
, la
mistica francese nota a
molti per la sua vita di sof-
ferenza e nascondimento,
una donna straordinaria che
ha testimoniato come, con
l’aiuto della Grazia, si pos-
sa vivere solamente di
amore e di donazione
.
Nata nel 1902 in un pic-
colo villaggio francese,
Marthe è l’ultima di sei
figli. Sin da piccola esprime un’indole pro-
pensa al servizio; dotata di una natura gioio-
sa e viva, dopo la scuola aiuta i genitori in
casa ed in campagna. È attraverso questa
vita ordinaria che scopre la presenza di Dio
e, pian piano, una profonda attrazione verso
lui. La sua fede di bambina è già fortemen-
te personalizzata: “Le mie sorelle non vole-
vano che pregassi così tanto, ma io prega-
vo soprattutto nel mio letto. Pregavo la
Vergine Maria, più che altro le parlavo.
Avevo sempre il mio rosario in tasca e lo
pregavo camminando per strada... Pregavo
molto più pensando che parlando…
”.
Marthe è soprattutto consapevole di essere
amata in modo unico e con un amore vero,
forte e nello stesso tempo tenero.
Signore, vi benedico per la prova...
All’età di sedici anni la giovane entra in
una via di sofferenza che finirà solo con la
sua morte: rimane paralizzata per due anni
e mezzo senza mangiare, né vedere perché
i suoi occhi non possono sopportare la luce.
In questo tempo le appare per la prima vol-
ta la Vergine Maria. Questa prima malattia
si rivela una segreta preparazione per la
lunga strada di solitudine nella sua came-
retta. È il momento in cui scopre anche il
valore del silenzio... “nel quale si sente
Dio
”. Nel 1921 Marthe si riprende e può di
nuovo uscire e camminare con l’aiuto di un
bastone. È il momento in cui confida alla
Madonna il proprio desiderio di entrare nel
Carmelo. Si sente molto vicina a s. Teresa
di Gesù Bambino e, come lei, vuole “dona-
re tutto a Dio
”.
Unita alla Passione di Gesù
Ben presto però la sua salute degrada
nuovamente. Molti medici tentano di aiu-
tarla ma con poco successo. Tutto questo la
spinge ad offrirsi completamente a Dio
in un atto di abbandono e di offerta all’a-
more e alla volontà di Dio
” - il 25 marzo
del 1925 - “Dio eterno, amore infinito, o
mio Padre!… In questo giorno mi dono e
mi consacro a voi tutta intera e senza ritor-
no…
”. Lei comprende che pur rimanendo
laica
, è chiamata a vivere la sua offerta con
Gesù crocifisso per la Chiesa ed il mondo.
Tre anni dopo le si paralizzano le gam-
be e, nel corso di pochi mesi, la paralisi si
estende anche alle braccia. Non mangia
più, non beve più, non dorme più: l’unico
cibo materiale è l’Eucaristia.
Nel 1930
Gesù le chiede: “Vuoi essere come me?”.
Marthe risponde: “…che io muoia affinché
loro abbiano la vita…
”.
A partire da questo momento inizia a
vivere la Passione di Gesù. Ogni settimana,
fino alla sua morte, lei rivivrà misteriosa-
mente le tappe della Passione: “Sperimento
quanto sia dolce amare persino la sofferen-
za e direi anzi, soprattutto
nella sofferenza, perché la
sofferenza è l’incomparabile
scuola di amore vero…
” .
Un amore particolare
per Maria
Soprattutto ama pregare il
rosario. Un libro di Grignion
de Montfort - “Il segreto di
Maria” - l’aiuta ad entrare in
una grande familiarità con la
Vergine. L’autore scrive:
“Quando lo Spirito Santo,
suo Sposo, ha trovato Maria in un’anima,
vola in lei, entra in lei pienamente e le si
comunica in abbondanza…”.
La giovane “santa”, come viene chia-
mata nel villaggio, viene preparata con
anni di preghiera, di rinunce e di sofferen-
za per una missione che presto comincia a
germogliare nella sua parrocchia.
Attraverso di lei, Gesù chiede al parroco di
creare una scuola cattolica per ragazze, ma
l’uomo non ha i mezzi per farlo. Marthe
insiste: “Quello che Dio chiede, Egli lo
dona”.
Nel 1934 la prima scuola cattolica a
Châteauneuf-de-Galaure apre le sue porte.
Il Focolare di Carità
Gesù aveva inoltre confidato alla giovane
di voler fondare nella parrocchia un “Foyer
de Charité”
(Focolare di Carità) dove Egli
avrebbe operato dei prodigi: “Questi focola-
ri si spargeranno per tutto il mondo fino ai
punti più reconditi della terra
”.
Più che mai Marthe si sente figlia della
Chiesa, vuole agire in accordo con il suo
parroco, cosciente che il suo sacerdozio lai-
cale può esercitarsi esclusivamente attra-
verso quello del presbitero. Ma il parroco si
sente inadeguato per quest’opera. Dio
quindi le promette che le manderà un sacer-
dote scelto, come lei, proprio per questa
vocazione.
Un 10 febbraio, vigilia della festa della
Madonna di Lourdes, Marthe riceve la visita
dell’abate Georges Finet, un prete che dif-
fondeva la spiritualità mariana secondo il
Montfort. Alla fine dell’incontro la mistica
comunica all’abate che egli deve diventare il
suo “Padre spirituale” e il Padre del primo
focolare. Un tale progetto ha qualcosa di così
grande che intimorisce l’ignaro sacerdote,
ma come non vedere l’opera dello Spirito
Santo in un’anima così umilmente unita al
Signore e così vicina a Maria alla quale egli
stesso amava affidarsi come un bambino? E
così l’abate si rende disponibile.
Legati dall’amore di Cristo
Il Foyer è una comunità di battezzati,
uomini e donne, che mettono insieme i loro
beni materiali, intellettuali e spirituali. Essi
vivono, lavorano e pregano in uno stile di
vita familiare organizzato secondo i biso-
gni del servizio.
Il Signore vi ha chiamato a grandi
cose, la prima di tutte è di lasciare voi stes-
si
”, dirà loro Marthe. Non sono legati dai
voti, ma è solo l’amore di Cristo che li lega
gli uni agli altri e con questo amore accol-
gono tutte le persone che vi si recano per
ritemprarsi.
Marthe, immobile sul suo letto, diventa-
ta quasi cieca, porta nella sua preghiera i
sacerdoti, i membri del Foyer e coloro che
li frequentano, misteriosamente attirati ver-
so di lei: “Mio adorabile Gesù, voi che
vivete dentro di me, voi che mi dirigete,
istruite, fate che tutte le persone che mi si
avvicinano mi lascino consolati quando
piangono, risollevati quando sono appe-
santiti, sereni per tanti giorni, attraverso il
ricordo di una parola, di uno sguardo e di
un sorriso
”.
Dispensatrice di speranza
I piccoli, i poveri di cuore, i peccatori e
le anime in ricerca di verità e di luce: questi
le si avvicinano e si lasciano colmare dalla
sua accoglienza e dal suo ascolto, così sem-
plice e così vero. Marthe tuttavia non dona
mai delle soluzioni. Lei ascolta e tace, pre-
ga e invita alla preghiera. Offre come teso-
ro più bello una parola di Gesù che esce dal
suo cuore.
Soprattutto comprende e compatisce in
un silenzio dove l’altro, sentendosi amato,
rispettato, capace di essere perdonato e di
diventare il santo che Dio aspetta da lui, tro-
va la speranza. Si preoccupa solo di indiriz-
zare i peccatori verso il sacerdote che ren-
derà loro, nella confessione, la pienezza
della tenerezza di Dio.
A quelli che soffrono e a tutti, ricorda
il valore dell’offerta che vive lei stessa
:
ogni anima che ama dovrà donare alla
sua vita e alle sue sofferenze un valore
apostolico, un valore redentivo, un valore
di eternità… Più che mai il mondo ha biso-
gno di anime sante e generose che, ostie
vive
, si dedicano tutte intere al sacrificio,
all’immolazione, all’amore
”.
La piccola Marthe conosceva degli
attacchi del demonio sempre più violenti,
ma la presenza di Maria la impregnava di
una dolcezza che è segno della risurrezione
già vissuta nel cuore della Passione.
Il chicco caduto...
«Se il chicco di grano caduto in terra
non muore, rimane solo. Se muore, porta
molto frutto
» (Gv 12,24)…Venerdì 6 feb-
braio 1981
Marthe ritorna al Padre dopo
un’ultima, estrema lotta contro il diavolo.
Oggi sarebbe felice se noi la guardassimo
come lei stessa amava guardare Maria, “più
imitabile che ammirabile”
. La sua camera
è divenuta un luogo di preghiera dove già
sono avvenuti diversi miracoli.
Irma Heller
R
ITRATTI DI SANTITÀ
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Digiuno e preghiera
a Medjugorje
Dal prossimo 30 marzo al 6 aprile a
Medjugorje, nella Domus Pacis, si terrà il
seminario di preghiera, digiuno e silenzio
per gli italiani. Come tutti sappiamo, questi
seminari sono voluti dalla Madonna, inizia-
ti da p. Slavko barbaric, proseguiti da padre
Ljubo Kurtovic e da quest’anno tenuti da
padre Miljenko Steko.
Maria a Medjugorje ci invita a collabo-
rare al progetto salvifico di Dio, compiuto
da Gesù sulla croce e che continua fino alla
sua venuta attraverso di noi. Lei ci chiama
affinché la nostra vita dia lo stesso frutto del
suo Gesù, “Pane e vino per la salvezza del
mondo”. Nel silenzio e nella solitudine, lon-
tano dal nostro quotidiano, scopriamo cosa
è veramente importante, essenziale per noi.
Andiamo nel nostro deserto tra le braccia
della Madre per partecipare al suo disegno.
Il digiuno non va visto con gli occhi
della carne, con la sofferenza, con la priva-
zione del corpo, ma con la certezza assolu-
ta di entrare in una dimensione di luce spi-
rituale che illumina una parte di noi che
non dipende dal corpo. Basta solo lasciarsi
guidare da Lei, “la piena di Spirito Santo”,
per tentare di avere il dominio su tutto il
nostro essere e donarlo agli altri.
Cinque giorni che ci trasformano in pre-
ghiera, silenzio e adorazione giorno e not-
te. Se amiamo la Madre, questa donazione
diventa gioia che ci trasfigura. Può procu-
rarci anche sofferenza, tentazione di non
farcela, ma sarà proprio questa sofferenza
gradita a Dio che Egli trasformerà con la
Sua Sapienza ed Onnipotenza. Chi crede in
Lui non rimarrà deluso: “Questa è la ric-
chezza dei poveri”.
Il ritiro è il nostro tempo con Dio,
abbracciati alla Madre, per riflettere, medi-
tare attendere, scoprire che niente è a caso.
Scoprire sopratutto che siamo grandi agli
occhi di Dio Padre perché nella nostra inte-
riorità, nella profondità dei nostri cuori, ci
aspetta lo sguardo di Dio che ci dice: “Ti
amo figlio, voglio instaurare nel tuo cuore
il Mio regno, trasmettilo agli altri”.
Lo stupore e la gioia di aver gustato la
presenza di Gesù ci porta a rispondere: “Il
pane che ho mangiato in questi giorni, frut-
to di un seme e del lavoro dell’uomo, mi
sazia di Te, oh mio Amore Infinito”.
Trasformiamo questa nostra meraviglia in
riconoscenza. Trasformiamoci in scintille
danzanti come lode eterna di ringraziamen-
to a Te, Signore del cielo e della terra.
Grazie Madre di averci tracciato con il tuo
dito la via da percorrere.
Per info: Anna Fasano
cell. 335 5780090
E-MAIL : liveloveuniversal@libero.it
Direzione luce
Creati per amore da Colui che è
l’Amore, siamo stati plasmati a sua imma-
gine e somiglianza; portiamo in noi la pie-
nezza della vita ricevuta all’inizio della
nostra esistenza, quando eravamo solo nel
pensiero di Dio.
Tuttavia, a causa del peccato, la pienez-
za d’origine si è in qualche modo nascosta,
come un seme, nell’intimità della nostra
anima. Sì, un seme, che porta in sé il miste-
ro della vita. In esso si trova il nucleo di ciò
che siamo.
“Ti lodo, perchè mi hai fatto
come un prodigio,
sono stupende le tue opere,
tu mi conosci fino in fondo!
Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto
intessuto nelle profondità della terra.
Ancora informe mi hanno visto i tuo occhi
e tutto era scritto nel tuo libro,
i miei giorni erano fissati
quando ancora non ne esisteva uno.”
Salmo 138
Quando un seme viene seminato in un
campo, improvvisamente si trova sotto ter-
ra, sepolto. Il terreno lo fa riposare ma nel-
lo stesso tempo il peso della terra crea una
pressione su di lui che fa morire il “vec-
chio” affinché nasca il “nuovo”.
Sepolti nel battesimo, anche noi viviamo
questo riposo, nella fede e nella speranza, in
Dio nostro Padre che ci conosce fino in fon-
do e tutto regge nelle sue mani. tuttavia, nel-
lo stesso tempo, la pressione esercitata su di
noi dalle prove, dalle tentazioni e dalle nostre
croci quotidiane ci spinge verso l’amore, la
donazione e l’offerta, che fanno diminuire il
nostro ego e risvegliare la vita nuova.
C’è un’immagine che mi stupisce ed
attira: il seme si annulla per diventare l’oc-
casione in cui esplode una vita nuova che
porta frutto il trenta, il sessanta o il cento
per cento
. Il germoglio si spinge in avanti
in direzione della luce, e se nel suo tragitto
trova una pietra, sebbene questa sia molto
più grande e pesante di lui, esso è capace di
spostarla e di sollevarla per incontrare la
luce, per immergersi in essa, nutrirsi di lei
ed assumerla...
La natura conosce perfettamente la dire-
zione, ma quanto più dovrebbe conoscerla
l’uomo (creato ad immagine di Dio che dona
la vita in pienezza)! E non solo conoscerla,
ma anche saperla percorrere con amore, in
modo libero e naturale. Anche i massi verreb-
bero spostati; ed ecco il mistero della vita, il
mistero della grazia di Dio che non ci è stata
mai tolta, il mistero del passaggio pasquale
per ogni uno di noi. La pietra di ogni nostro
sepolcro sarebbe di sicuro ribaltata.
“Non vivo più io, ma Cristo vive in me”.
San Paolo
Il Signore fa spuntare una vita nuova in
noi e, per mezzo nostro, influisce anche su
tutto quello che ci circonda, su quanti Egli
ci mette sulla strada della nostra quotidiani-
tà. Proprio come un germoglio buca la terra
e appare fuori come una cosa nuova, viva e
bella, così la novità della vita di Dio dentro
di noi si manifesta come una realtà nuova,
viva, concreta, che irradiandosi tocca i cuo-
ri degli altri.
Halina Wiszczor
Daniele Pasini
L
A MIA
M
USICA AL
S
ERVIZIO DELLA
F
EDE
“Come tanti giovani vengo da una famiglia che frequenta la Chiesa.
Dentro di me ho sempre coltivato, in diverse maniere, un profondo rap-
porto con Gesù, quindi non posso parlare di vera e propria conversione:
non ho infatti mai dubitato della presenza del Dio di cui parla la Chiesa
Cattolica e per essa ho sempre avuto un’attrazione particolare. Inoltre
non sono mai mancate le occasioni di frequentarla, visto che mio padre
(organista) ha sempre suonato in Chiesa e mi ha portato sempre con sé
a suonare presso chiese sia in Italia che all’estero.
Ho vissuto una vita apparentemente tranquilla, ma nel profondo del
mio cuore ho vissuto periodi molto tormentati, nei quali ho rischiato gra-
vi momenti di depressione alternandoli a momenti in cui avrei voluto
farla finita con la vita.
Non avrei mai avuto il coraggio di farlo, ma l’ho
pensato. In realtà questo era dato dal fatto che non avevo ancora trovato un vero rapporto
con Gesù. Anche quando pensavo di pregare bene, riconosco che pregavo male. Ero sem-
pre ipercomplicato (lo sono ancora, purtroppo): Gesù ci vuole semplici e la Mamma del
Cielo ancora di più vuole che con semplicità ci abbandoniamo nelle sue sante Mani.
È pur vero che quando siamo sommersi da problemi più grandi di noi, dalla depressione
incombente, siamo talvolta presi dal panico, dalla grande incertezza e da tanti sentimenti di
smarrimento, ma...non scordiamoci MAI che la Parola di Dio ci dice che le croci che Egli
permette siamo sempre in grado di portarle, per quanto pesanti esse siano. Per cui, alla luce
della Parola Divina, il suicidio non ha mai senso. È una contraddizione spirituale.
Nonostante, comunque, tutti i problemi da cui ero sommerso, il Signore e la Mamma
mi hanno circondato di persone che mi hanno letteralmente sopportato (non che gli affet-
ti siano mancati nella mia vita, anzi, sono stato fin troppo coccolato e viziato) e mi hanno
aiutato nelle più disparate situazioni nella vita. Tra queste la grazia enorme di buttarmi
negli studi universitari (nonostante fossi recalcitrante) e di scoprire che avevo tante quali-
tà nascoste che neppure pensavo di possedere.
Ecco quanto Dio ci stima!
Io non mi stimavo per nulla, mentre invece lui non aspet-
tava altro che mi abbandonassi nelle Sue Mani, per comprendere quanto mi stima (sare-
mo mai in grado di comprendere una cosa del genere?). Dio ci ama troppo! Lui è comple-
tamente pazzo di noi! Ma come, direbbe qualcuno, Lui che è il Creatore dell’Universo,
cosa se ne fa di noi poveri peccatori? Se ne fa, se ne fa! Nel mio caso, Egli ha dato una
svolta alla mia vita facendomi conoscere una ragazza speciale, della quale si è servito per
portarmi a Medjugorje e curare il mio cuore
, tutt’ora malato di una marea di proble-
mi. Nonostante ciò, il Signore, sul Monte Krizevac, mi ha dato l’ispirazione del brano che
introduce il mio primo lavoro discografico. E come non lodarlo e ringraziarlo per una gra-
zia così? Erano anni che desideravo di metter su un progetto discografico tutto mio... e ora
è tutto realizzato! Dio mi ha aiutato a coronare questo bellissimo sogno!”
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Villanova M., 1° marzo 2008
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Ci benedica Dio Onnipotente,
il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Amen.
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E-mail redazione
: ecoredazione@infinito.it
L’ u l t i m o
t r e n o
“Non chiedo nulla per me stessa, ma
chiedo tutto per la salvezza delle vostre
anime”.
(Messaggio del 25.10.88).“Cari
figli, voi non siete consapevoli dei messag-
gi che Dio vi manda per mio tramite. Vi sta
elargendo grandi doni e voi non compren-
dete”.
(Messaggio del 8.11.84)
Non desidera forzare alcuno a fare ciò
che non sente e non desidera. Solo una par-
te molto piccola ha accettato i messaggi,
all’inizio erano molto di più, per tanti pur-
troppo sembra si tratti di una cosa ordinaria.
Nel 1986 sono stato per la prima volta a
Medjugorje con mia moglie. Ho creduto
allora alla presenza di Maria e tuttora lo cre-
do. Riconosco questo dono gratuito che mi
è stato elargito, questa spinta inderogabile a
cambiare. Momenti stupendi e dolorosi per
crescere nell’amore. Dopo vent’anni a quel-
l’iniziale fervore da cui non mi sono mai
slegato, si è inserita però una sorta di “tiepi-
dezza” dovuta alla nostra natura umana, ma
sempre dono in cui la fede viene provata, in
quanto apparentemente non sostenuta da
aiuti così forti come quelli iniziali.
Perché queste considerazioni? Mi viene
spontaneo fare un parallelo con la storia di
questo nostro “Eco di Maria”. Questo dono
di Maria e della Provvidenza. Una spinta
iniziale in cui “Eco” in pochi anni ha rag-
giunto una tiratura di 380.000 copie per l’e-
dizione italiana. Anche qui però nel tempo
una sorte di “tiepidezza”, ci vede ora pub-
blicare 160.000 copie ogni numero. Anche
per “Eco” stiamo vivendo il tempo della
prova. Se lo sappiamo capire questo è il
tempo favorevole per crescere, per essere
testimoni. Maria non ci vuole escludere da
questa possibilità di diffondere i suoi mes-
saggi. All’inizio ci ha nutriti del suo latte
delle sue cure per farci crescere, ora ci vuo-
le forti per divenire adulti nella fede.
“Voi non potete capire quanto grande
sia il vostro posto in questo piano di Dio. Io
sono con voi per realizzarlo pienamente”.
Accogliamo questo invito. Maria è con noi!
Facciamoci apostoli della Regina della
Pace
, non teniamo solo per noi il dono, ma
rendiamo partecipi anche i nostri fratelli
che ancora non conoscono questa realtà. È
stato detto che queste sono le ultime appa-
rizioni per l’umanità, e ciò è sicuramente
vero per quanti dall’inizio delle apparizioni
(1981) ad oggi hanno terminato la loro vita
terrena, ed hanno potuto da questa sorgente
di grazia attingere forza per vivere in gra-
zia. Per quanti invece non l’hanno cono-
sciuta, sono stati privati della presenza dol-
ce e viva di Maria nei loro cuori. Non per-
diamo l’ultimo treno della salvezza nostra e
di quella dei nostri fratelli. Certo anche io
ho timore e paura a proporre “Eco” a sacer-
doti o ad amici, non è facile essere frainte-
si o rifiutati e compatiti, ma le parole di
Gesù mi danno coraggio! Rallegratevi
quanto vi derideranno per causa Mia.
Allora amici di “Eco”, Maria ci chie-
de di fare sentire la sua voce
tramite que-
sto piccolo ma grande strumento. Le nostre
paure e timidezze non ci devono fermare a
diffonderlo con amore e umiltà, perché è
quando sono debole che sono forte. Maria e
Gesù sono con noi.
Mario Sfriso
(Tipografo dell’Eco)
I lettori scrivono
R. Vitt dalla Germania
: Sempre atten-
do con piacere l’arrivo di ECO di Maria. È
un diamante per l’anima, che ci fa rivivere
Medjugorje. Con grande piacere e gratitu-
dine posso dire che io e i miei 3 figli siamo
stati a Medjugorje. Come sacrestano sono
andato in pellegrinaggio l’anno scorso con
i nostri pastori ad Assisi...
Arq. Salcedo, Ecuador
: Ricevo rego-
larmente ECO di Maria ogni due mesi. È una
pubblicazione molto bella e importante che
mi aiuta molto. Qui in Cuenca abbiamo
qualcosa di simile. La Beata Vergine appare
come Guardiana della Fede dall’agosto
1988, quindi sono 20 anni quest’anno.
L’attuale arcivescovo l’ha dichiarato un san-
tuario. Vengono celebrate sante messe ogni
sabato e domenica. Quest’ultimo sabato, il
primo del mese, c’erano circa 500 persone
che sono giunte al santuario dopo un pelle-
grinaggio a piedi. I pellegrini sono partiti
alle ore 6 del mattino nonostante il freddo e
il gelo di quel giorno – sì, perché Jardin è a
3.600 metri sopra il livello del mare!
Leggo l’ECO per intero, e lo condivido
con amici e ne traiamo importanti conclu-
sioni.
Signore
insegnami...
a ringraziare
“Insegnami, Signore, a ringraziare, che
è il primo, il più grande, il più fecondo
dovere di chi sa e riconosce di aver ricevu-
to tutto: a ringraziarti dei tuoi ineffabili
doni. Tu mi hai creato nel seno di mia
madre e hai ascoltato con infinito amore il
primo palpito della mia vita nascente e ti sei
piegato su di me per accogliermi tra le tue
creature, perché fossi insieme all’universo
onore e gloria del tuo nome.
Tu hai difeso la vita che mi avevi dato,
fin dal seno materno, quando uomini
dimentichi della tua legge avevano deciso
di sopprimerla prima che vedesse la luce,
sopprimerla, dicevano, per salvare quella
pericolante di mia madre. Tu invece,
Signore, che vegliavi paternamente su l’una
e su l’altra, le hai salvate tutte e due, attra-
verso la pietà dei miei parenti, di mio padre
soprattutto, e l’onestà di un uomo che mise
la propria scienza a servizio della vita, non
della morte.
Grazie, Signore, tu sei la stessa miseri-
cordia e i tuoi giudizi sono ineffabili! Ma
chi potrà ringraziarti a sufficienza? La tua
bontà è senza limiti, la tua sapienza senza
numero”.
p. Agostino Trapè o.s.a.
(2. continua)
Padre JOZO a Milano
Anche quest’anno ci sarà a Milano il
consueto incontro, nello spirito di
Medjugorje, con Padre Jozo, Ivan ed altri
testimoni della Regina della Pace. Chi di
noi ha già partecipato negli anni scorsi sa
che si tratta di un momento di forte preghie-
ra e di avvicinamento alla Regina della
Pace, e ha avuto la gioia di portare a casa
tante grazie che la nostra Mamma celeste
aveva preparato per noi. È una giornata
intensa, ricca di preghiera, catechesi,
testimonianze e grazie.
L’incontro avverrà a Milano
domenica 6 aprile 2008
dalle ore 9.00 alle ore 21.00
presso il PALASHARP
(ex “Mazdapalace”) di via Sant Elia 33
Info:
“Mir i Dobro” tel: 0332487613
oppure: http://www.miridobro.it
Sarà presente anche il cantautore di ispira-
zione cristiana Roberto Bignoli che terrà
un concerto-testimonianza verso le 11.00
del mattino!
Incontro di preghiera
con Marija Pavlovic
a Casale Monferrato
sabato 5 aprile 2008 dalle ore 15,00
Palazzetto dello sport
Organizzato dai gruppi di preghiera
Regina della Pace di Casale Monferrato e
Regina Pacis di Alessandria
Info:
Narcisa Cell. 3488121815
Incontro di preghiera
con padre Ljubo Kurtovic
ad Asti
Domenica 11 Maggio ore 15,00
nella chiesa parrocchiale di S. Paolo
via Cavour n° 47 Asti
Tel. 0141 / 593477
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