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www.medjugorje.ws » Eco di Maria Regina della Pace » Eco di Maria Regina della Pace 205 (Maggio-Agosto 2009)

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“Il mio cuore è stato reciso,
ed è apparso il suo fiore.
La grazia vi ha germinato
e ha portato frutti per il Signore”.
(odi di Salomone XI)
Messaggio del 25 marzo 2009:
“Cari figli, in questo tempo di prima-
vera quando tutto si risveglia dal sonno
dell’inverno, svegliate anche voi le vostre
anime con la preghiera affinché siano
pronte ad accogliere la luce di Gesù
risorto. Sia Lui, figlioli, ad avvicinarvi al
suo Cuore affinchè siate aperti alla vita
eterna. Prego per voi e intercedo presso
l’Altissimo per la vostra sincera conver-
sione. Grazie per aver risposto alla mia
chiamata”.
Svegliate le vostre anime!
Anche oggi, come spesso in passato,
Maria dedica un accenno all’inizio della pri-
mavera. Per quanto atteso l’arrivo della bel-
la stagione reca sempre con sé qualcosa di
inaspettato, quasi una speranza nuova, una
novità di vita. Il risveglio della natura segna
anche il risveglio del nostro corpo, e non c’è
da meravigliarsi perché anche noi siamo
parte della natura, ed in questo tempo di
primavera tutto si risveglia dal sonno del-
l’inverno.
Tutto rifiorisce, tutto ricomincia.
Maria spesso nei Suoi messaggi ci dice
in questo tempo di grazia”; oggi dice “in
questo tempo di primavera
”; ma le due
espressioni si equivalgono perché Maria
non si ferma all’aspetto fisico del risveglio
primaverile, che pure è di per sé frutto di
grazia divina, ma entra subito nel cuore del
vero risveglio, il risveglio dell’anima.
Svegliate anche voi le vostre anime.
Questo è il vero risveglio per la creatura
umana; senza questo risveglio ogni benes-
sere fisico è effimero, ogni “germoglio” è
destinato a perire prima di fiorire, caduca
ogni attesa, delusa ogni speranza. Svegliate
anche voi le vostre anime con la preghie-
ra
. All’invito segue subito il suggerimento:
la preghiera come mezzo, strumento, di
risveglio per l’anima. Da soli non possiamo
farcela. Non possiamo svegliare l’anima
con formule o con esercizi o con qualsiasi
altro rimedio della scienza o della tecnica o
della filosofia; certo ci sono atteggiamenti e
condizioni che favoriscono la preghiera e
questi vanno cercati e possono creare il cli-
ma ad essa idoneo ma non generarla.
La preghiera è dono di Dio assicurato a
chiunque lo desidera veramente. La pre-
ghiera è umile ascolto di Lui, ricorso a Lui
per stare insieme a Lui, in comunione con
Lui. La preghiera è un incontro d’amore fra
la creatura ed il suo Creatore e come tale va
vissuto, qualunque sia la forma che lo
esprime. La preghiera è abbandono alla Sua
azione di grazia, umile ma ferma fiducia
nell’Amore. Svegliate le vostre anime con
la preghiera affinché siano pronte ad
accogliere la luce di Gesù risorto
. Ecco, la
preghiera deve preparare l’anima ad acco-
gliere la luce del Risorto. Ed è in questa
luce che noi vediamo la luce (cfr Sal 36
(35) 10) ed è luce vera, quella che illumina
ogni uomo
(Gv 1,9). Quella luce che ci per-
mette non solo di scorgere ma di vedere,
non solo di notare ma di capire. Quella luce
che è rivelazione, che è sapienza, che è gui-
da alla Vita, come la stella che ha guidato i
Magi. Quella luce che risplende su quelli
che stanno nelle tenebre e nell’ombra di
morte, e dirige i nostri passi sulla via della
pace
(cfr Lc 1,79). Quella luce che permet-
te di vedere oltre la morte, di attendere la
Vita oltre la vita, di riconoscere
l’Onnipotente nel Crocifisso. Quella luce
che è Epifania di Lui sempre e comunque.
Quella luce che la sentinella attende per
annunciare la fine della notte (cfr Is 21,11).
E noi sappiamo che la notte è finita, che il
nuovo giorno è già sorto in Cristo risorto. È
Lui - ci dice Maria - che ci avvicina al Suo
Cuore affinché siamo aperti alla vita
eterna
.
Grazie, Madre, per queste parole di spe-
ranza, grazie per la Tua intercessione pres-
so l’Altissimo,
tesa ad implorare la nostra
sincera conversione
. Noi sappiamo, per la
testimonianza di tanti grandi Santi, che nes-
suno di quelli che ricorrono al Tuo aiuto
rimane deluso
e su questa certezza ci rimet-
tiamo completamente a Te. Tutto di noi
mettiamo nelle Tue mani, o Maria: fanne
un dono al Padre e frutto d’Amore per i fra-
telli. Ave, Maria! Ave, Maria!
Nuccio Quattrocchi
Messaggio del 25 aprile 2009:
“Cari figli, oggi vi invito tutti a prega-
re per la pace e a testimoniarla nelle
vostre famiglie affinché diventi il più
grande tesoro su questa terra senza pace.
Io sono la vostra Regina della Pace e
vostra madre. Desidero guidarvi sulla via
della pace che viene solo da Dio. Per que-
sto pregate, pregate, pregate. Grazie per
aver risposto alla mia chiamata”.
Pregate tutti per la pace!
Siamo soliti chiamare pace l’assenza di
guerra e per guerra intendiamo prevalente-
mente ogni conflitto armato fra le nazioni,
ma sono definizioni approssimative, che si
fermano alle conseguenze senza indagarne
la causa prima, l’origine che risiede nel rap-
porto con Dio. Eppure ogni cristiano
dovrebbe sapere che pace significa comu-
nione con Dio in Cristo Gesù
, dono dello
Spirito Santo e nostra libera accettazione. È
Cristo Gesù la nostra Pace (Ef 2,14a) ed in
Lui possiamo trovarla ed in Lui dobbiamo
cercarla, e senza di Lui non avremo che
divisione e guerra. Solo l’accettazione piena
di Gesù nella nostra anima, nella nostra vita,
genererà pace in noi, in chi incontreremo, in
ciò che faremo, in ciò che toccheremo.
Maria ci dice: oggi vi invito tutti a pre-
gare per la pace e a testimoniarla nelle
vostre famiglie affinché diventi il più
grande tesoro su questa terra senza pace.
È un invito pressante, urgente, indilaziona-
bile: tutti dobbiamo pregare per la pace.
Tutti dobbiamo implorare da Dio la Pace, la
Sua Pace: che essa scenda in ciascuno di
noi nella Sua pienezza fino a lasciarci vive-
re, abitare da Cristo Gesù, perché se Egli
non vive in noi potremo forse parlare di Lui
ma mai essere di Lui testimoni autentici.
Potremo parlare di pace ma mai essere
espressione vivente, testimoni di pace nel-
le nostre famiglie
e questa terra sarà anco-
ra senza pace, mancherà ad essa il tesoro
più grande.
Solo la vita di Gesù in noi porta alla
comunione con il Padre e quindi alla pace
vera (Gv 14, 23-27). Quando [Gesù] fu
vicino, alla vista della città
[Gerusalemme]
pianse su di essa dicendo:”Se avessi com-
preso anche tu, in questo giorno, quello che
porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai
tuoi occhi. Per te verranno giorni in cui i
tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti
assedieranno e ti stringeranno da ogni par-
te; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di
te e non lasceranno in te pietra su pietra,
perché non hai riconosciuto il tempo in cui
sei stata visitata”
(Lc 19, 41-44). E Maria
non si arrende, ancora desidera guidarci
sulla via della pace che viene solo da Dio
.
Se la pace è comunione con Dio in Cristo
Gesù, la via della pace è quella che condu-
ce a questa comunione, fino a poter dire con
Maggio - agosto 2009 - Edito da Eco di Maria,Via Cremona, 28 - 46100 Mantova -
TEL. 0039/338.6708931
A. 25, n. 5 - 8 Sped.a.p. art.2,com.20/c, leg.662/96 filiale di MN- Autor.tribun. MN: 8.11.86, ccp 14124226
205
C
ARI LETTORI
,
QUESTA EDIZIONE COMPRENDE ANCHE IL NUMERO DI LUGLIO
-
AGOSTO
. L’E
CO RIPRENDERÀ A
S
ETTEMBRE
.
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Paolo: non vivo più io, ma Cristo vive in me
(Gal 2,20a) e Maria, Regina della Pace e
nostra madre
, proprio questo ci otterrà se
noi ci lasciamo guidare da Lei. Per questo
pregate, pregate, pregate
; la preghiera è la
nostra risposta positiva al Suo desiderio di
guidarci sulla via della pace, e se saremo
perseveranti incontreremo Dio nel nostro
cuore e tutta la vita, nostra e di chi ci sta
vicino, cambierà, sarà vita nuova.
Il 25 marzo dell’anno 2008, Maria ci
ammoniva così: “Siete ancora lontani dal-
l’incontro con Dio nel vostro cuore, perciò
trascorrete più tempo possibile nella pre-
ghiera e nell’adorazione a Gesù nel
Santissimo Sacramento dell’altare, affinché
Egli vi cambi e metta nei vostri cuori una
fede viva e il desiderio della vita eterna”.
Trascorrere più tempo possibile nella pre-
ghiera
equivale a pregare, pregare, prega-
re
; pregare sempre, senza stancarsi mai (Lc
18,1), pregare ininterrottamente (1Ts 5,17)
come ininterrottamente respiriamo, come
ininterrottamente batte il nostro cuore.
Impariamo a respirare Dio e non ci
stancheremo e non potremo più staccarci da
Lui, e il nostro cuore palpiterà dei palpiti
del Cuore di Gesù e vivremo di Lui, e sarà
la Pace.
N.Q.
P
IETRE
V
IVE
i cristiani della Terrasanta
di Alessandro Macinai
Dopo le tante eco dei media sulla situa-
zione della Terrasanta, dopo tante voci che
si fanno avanti giorno dopo giorno sui fatti
militari e politici della Terrasanta ho senti-
to il desiderio di toccare con mano la Terra
che ha dato vita ai primi cristiani e che da
lì hanno propagato la fede in Gesù Cristo.
Il viaggio è iniziato proprio dalla casa
di Pietro, sulle sponde del lago di
Tiberiade dove i primi seguaci di Gesù si
riunivano per fare comunione e nutrirsi del-
la Parola di Dio. Da lì, ripercorrendo la vita
di Gesù tra la Palestina e Israele non è sta-
to facile immaginarsi com’erano le città, i
paesi, le case... perché ormai tutto è stato
trasformato da secoli di storia. Anzi, il
rischio è proprio quello di rimanere dis-
orientati ed anche un po’ delusi di fronte a
tanti luoghi come il Santo Sepolcro, la
Grotta della Natività e tanti altri.
A distanza di duemila anni, tuttavia,
le uniche pietre rimaste in piedi sono le
“pietre vive” dei cristiani della Terrasanta.
È proprio da loro che ho tratto l’attualità
del messaggio cristiano proclamato nel
tempo passato, infatti non dai luoghi mi è
stato possibile attingere alla fede ma da
coloro cha l’hanno incarnata e che quoti-
dianamente la vivono.
Ho sperimentato la loro straordina-
ria ospitalità, l’evangelica logica della
nonviolenza che i cristiani esercitano ogni
giorno nei più di seicento check-point che
frantumano le loro esistenze personali e
familiari. Anche se fin dai tempi di Gesù la
vocazione dei cristiani è stata quella del
“piccolo gregge”, la tragedia della loro cre-
scente emigrazione a causa delle conse-
guenze dell’occupazione militare e del sof-
focamento economico ha portato i cristiani
a meno del 2% dell’intera popolazione.
In modo particolare per i palestinesi,
una vita strangolata dal sistema di permes-
si e restrizioni militari, espropriata come la
loro terra natia, murata viva da quel muro
dell’apartheid, illegale e immorale che è
stato costruito per più di 700 km, non sul
confine della Linea Verde del 1967, ma in
gran parte dentro i territori palestinesi per
rubare terre, sorgenti d’acqua e risorse.
I sacerdoti faticano ad ottenere il
visto dalle autorità militari israeliane.
Trattati alla stregua di terroristi, non posso-
no lasciare le parrocchie per andare in
Patriarcato a Gerusalemme o per pregare
nei luoghi santi e a volte per anni, non
riescono a far visita ai loro genitori (talvol-
ta neppure nel giorno del loro funerale)
pena il rischio che venga loro negato il
rientro nel luogo del ministero.
I cristiani aspettano con impazienza
la visita del “Saidna” (Santo Padre) i pri-
mi di maggio, perché possa toccare con
mano la prostrazione, l’umiliazione e l’op-
pressione che i cristiani (concentrati mag-
giormente nel territorio palestinese) vivono
da decenni soprattutto nei territori occupa-
ti. A tanti cristiani non sarà concesso il per-
messo di andare ad incontrare il Santo
Padre come pure non l’avranno per recarsi
a pregare a Betlemme o Gerusalemme.
La fede dei nostri fratelli cristiani è
duramente provata da indescrivibili sof-
ferenze, logorati dalla disperazione di una
vita senza dignità e senza orizzonti di pace.
Ogni venerdì, dal 1 marzo 2004, ci sono
suore, preti, laici che pregano il rosario sot-
to il muro che divide Betlemme da
Gerusalemme, invocando il dono della
pace. Uniamoci a questa preghiera con
Maria Regina della Pace
G
ERUSALEMME
:
proibito ai cristiani l’accesso
al Santo Sepolcro
Alla vigilia della Pasqua ortodossa,
Israele ha impedito ai cristiani di
Gerusalemme di accedere liberamente alla
chiesa del Santo Sepolcro e alla Città
Vecchia. Nel giorno che precede quello in cui
i fedeli ortodossi celebrano la Pasqua, avvie-
ne nella chiesa del Santo Sepolcro il cosid-
detto miracolo della discesa del Fuoco Santo,
attestato in modo documentato dal 1106. Il
Fuoco viene poi portato in vari Paesi, dove
viene ricevuto con tutti gli onori. Per il quin-
to anno, le forze armate israeliane hanno isti-
tuito dei check point nella zona circostante la
chiesa, non permettendo ai cristiani locali di
pregare e seguire le proprie tradizioni. “È
ovvio che i palestinesi locali, e soprattutto i
palestinesi cristiani, vengono presi di mira”,
ha affermato il Comitato Laico in Terra
Santa/Gerusalemme Est in un comunicato
inviato a ZENIT.
Mentre per la festa di Pesach, la Pasqua
ebraica, Israele ha garantito il pieno acces-
so ai fedeli ebrei che desideravano arrivare
nella Città Santa, per i palestinesi cristiani
che si recavano a Gerusalemme non è stato
così. “Gerusalemme non dovrebbe mai
essere lasciata a una sola parte che possa
governare”, spiega il testo. “I bambini e gli
anziani sono stati umiliati ed è stato loro
impedito di celebrare questo giorno santo”.
“Oggi il prezzo viene pagato caro dai
cristiani di Gerusalemme, che vengono
spinti a lasciare le proprie case e i Luoghi
Santi. Queste violazioni da parte dello Stato
di Israele dovrebbero cessare – dichiara il
Comitato –. I passi intrapresi contro i cri-
stiani palestinesi sono illegali. Chiediamo
ai consolati, alle ambasciate, alle Chiese e
alle organizzazioni cristiane e alle organiz-
zazioni per i diritti umani di intervenire
immediatamente, perché la libertà di reli-
gione e di culto a Gerusalemme sia garanti-
ta a tutte le fedi”.
(fonte: Zenit)
Senza sacrificio, non c’è vita
“Ad una vita retta appartiene anche il
sacrificio, la rinuncia. Chi promette una
vita senza questo sempre nuovo dono di sé,
inganna la gente. Non esiste una vita riusci-
ta senza sacrificio. Se getto uno sguardo
retrospettivo sulla mia vita personale, devo
dire che proprio i momenti in cui ho detto
‘sì’ ad una rinuncia sono stati i momenti
grandi ed importanti della mia vita...
Anche noi possiamo lamentarci davanti
al Signore, come Giobbe presentargli tutte
le nostre domande che, di fronte all’ingiu-
stizia nel mondo e alla difficoltà del nostro
stesso io, emergono in noi. Davanti a Lui
non dobbiamo rifugiarci in pie frasi, in un
mondo fittizio. Pregare significa sempre
anche lottare con Dio, e come Giacobbe
possiamo dirGli: ‘Non ti lascerò, se non mi
avrai benedetto!’”.
(B. XVI benedicendo la Croce della GMG,
domenica, 5 aprile 2009)
Dio ci fa differenti
“Sì, miei cari amici! Dio fa la differen-
za... Di più! Dio ci fa differenti, ci fa nuovi.
Tale è la promessa che Egli stesso ci fa:
“Ecco io faccio nuove tutte le cose” (Ap 2,
5). Ed è vero! Ce lo dice l’apostolo san
Paolo: «Se uno è in Cristo, è una creatura
nuova; le cose vecchie sono passate, ecco
ne sono nate di nuove. Tutto questo però
viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé
mediante Cristo» (2 Cr 5, 17-18).
Essendo salito al Cielo ed essendo
entrato nell’eternità, Gesù Cristo è diventa-
to Signore di tutti i tempi. Perciò, può farsi
nostro compagno nel presente, portando il
libro dei nostri giorni nella sua mano: in
essa sostiene fermamente il passato, con le
sorgenti e le fondamenta del nostro essere;
in essa custodisce gelosamente il futuro,
lasciandoci intravedere l’alba più bella di
tutta la nostra vita che da lui irradia, ossia la
risurrezione in Dio. Il futuro dell’umanità
nuova è Dio”.
(Angola, incontro con i giovani nello
stadio dos Coqueiros, 21 marzo 2009)
P
AROLA
DI
P
APA
B
ENEDETTO
Il nuovo Pietro
nella terra di Gesù
“A Gesù, attraverso Maria...”. Ed è pro-
prio a Maggio, mese dedicato alla Vergine
Santissima, che il Papa è ospite in Palestina.
Tre Celebrazioni eucaristiche i momen-
ti più importanti del pellegrinaggio: a
Gerusalemme, nella valle di Josaphat, a
Betlemme e poi a Nazareth, al monte del
Precipizio. La preghiera per la Pace e l’u-
nità, per la Terra Santa e per il mondo
intero
è l’obiettivo del suo viaggio.
Preghiera intensa quindi al Cenacolo e al
Santo Sepolcro e poi incontri ufficiali con le
autorità politiche e religiose.
Red.
2
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“Donne, il Dio vivente
ha scommesso su di voi!”
“Alle Donne Dio ha affidato le sorgenti
della vita: Vivete e scommettete sulla vita,
perché il Dio vivente ha scommesso su di
voi!” esclama con fervore il Santo Padre
rivolgendosi alle donne in terra d’Africa,
nel suo recente viaggio in Camerun e in
Angola. Benedetto XVI si è letteralmente
immerso in quella porzione di umanità così
vibrante e viva, capace persino di trasfor-
mare le situazioni di miseria in occasioni di
festa e di gioia.
Non ci si stanca mai di parlare alle don-
ne e delle donne, perché grande è il loro
valore. Altrattanto grande, tuttavia, è la loro
sofferenza. Talvolta sconfinata, come quel-
la delle bambine, delle fanciulle, delle don-
ne che abitano paesi segnati da forti culture
maschiliste, che vanno dall’Africa, alla
Cina, passando per l’Iran e l’Afganistan,
solo per fare alcuni esempi. Ma gli abusi, le
violenze, le ingiustizie, lo sfruttamento,
nascosti o manifesti, sono purtroppo eredità
comune di milioni di donne su tutta la
superficie del nostro pianeta. La donna sof-
fre e paga il suo genio femminile.
“Tutti esorto ad un’effettiva consapevo-
lezza delle condizioni sfavorevoli a cui
sono state – e continuano ad essere – sotto-
poste tante donne, esaminando in quale
misura la condotta e gli atteggiamenti degli
uomini, a volte la loro mancanza di sensibi-
lità o di responsabilità, possano esserne la
causa. I disegni di Dio sono diversi!”, con-
tinua il Papa nel suo discorso.
In Dio l’essere donna non era progetta-
to in modo penalizzante, anzi. Nella
Scrittura si dice che l’opera del Creatore
non sarebbe stata compiuta se l’uomo fos-
se stato solo. “Perché, come poteva essere
ad immagine e somiglianza di Dio che è
uno e trino, di Dio che è comunione? Per
questo il Signore creò la donna e la dotò in
modo privilegiato introducendo in lei l’or-
dine dell’amore, che non vedeva abbastan-
za rappresentato nella creazione”.
“Bisogna riconoscere, affermare e
difendere l’uguale dignità dell’uomo e
della donna: sono ambedue persone!
Ambedue sono chiamati a vivere in profon-
da comunione, in un vicendevole riconosci-
mento e dono di se stessi, lavorando insie-
me per il bene comune con le caratteristi-
che complementari di ciò che è maschile e
di ciò che è femminile”.
Chi non avverte, oggi, il bisogno di dare
più spazio alle «ragioni del cuore»? In un
mondo come l’attuale dominato dalla tec-
nica, si sente bisogno di questa comple-
mentarietà della donna, affinché l’essere
umano vi possa vivere senza disumanizzar-
si del tutto.
«Non hanno più vino» – dice Maria a
Gesù. “Così la conosciamo da quelle nozze
di Cana: come la Donna benigna, piena di
materna sollecitudine e di coraggio, la
Donna che si accorge dei bisogni altrui e,
volendo rimediare, li porta davanti al
Signore. Presso di Lei, possiamo tutti, don-
ne e uomini, ricuperare quella serenità e
intima fiducia che ci fa sentire beati in Dio
e instancabili nella lotta per la vita”, con-
clude il Santo Padre.
Redazione
Catherine era in seconda media quando
venne rapita dai ribelli dell’Esercito di
Resistenza del Signore nella sua scuola nella
diocesi di Lira. In tutto, 139 ragazze vennero
costrette a seguire i rapitori nel bosco.
Rischiando la vita, la vice direttrice della
scuola, Suor Rachele si mette sulle loro trac-
ce, li raggiunge e riesce a farsi restituire 109
ragazze. Per le altre 30 invece, niente da fare.
Sr. Rachele supplica, si inginocchia e offre se
stessa in cambio… ma i ribelli non cedono e
le portano via, sparendo nel bosco.
E così si consuma la tragedia di que-
ste ragazze, prigioniere dei ribelli, distri-
buite come mogli dei vari comandanti,
madri di figli non voluti, costrette a condi-
videre la vita e i pericoli della guerriglia,
accampandosi e spostandosi nel bosco, par-
tecipi di imboscate, attacchi e scontri con
l’esercito ugandese. Una vicenda di paure,
sofferenze, stenti e soprattutto violenza che
si trascina per anni. Quattro ragazze
muoiono. Altre riescono a scappare o sono
catturate durante gli scontri fra i ribelli e
l’esercito. A distanza di oltre dodici anni,
ne restano ancora due nel bosco.
Circa un anno fa, dopo Pasqua io stes-
so avevo chiesto ad una delegata dei ribelli
il loro rilascio. Mi era stato risposto che la
cosa purtroppo era impossibile perché
Myriam e Catherine erano diventate mogli
di Joseph Kony, il capo dei ribelli. Da allo-
ra, più nessuna notizia.
Fino a qualche settimana fa, quando
Catherine è improvvisamente spuntata dal-
la foresta in Congo, portando con sé il
bambino di appena 21 mesi avuto da Kony.
Caduta con un gruppo di ribelli in una
imboscata dell’esercito, questa ragazza di
25-26 anni si è data alla fuga, ritrovandosi
poi sola nel bosco. Ha vagato per quasi un
mese, mangiando erbe e radici, scampando
miracolosamente a tutta una serie di perico-
li, compreso l’incontro con un leone…
Durante la Messa di ringraziamento
per il suo ritorno, all’offertorio, i doni sim-
bolici portati sull’altare - catene spezzate,
erbe e radici amare - esprimevano ciò che la
folla aveva appena ascoltato quella domeni-
ca: il vangelo della risurrezione di Lazzaro.
Anche Catherine, come Lazzaro, è
uscita dalla tomba di dodici anni e mezzo di
prigionia, 4887 lunghi giorni di sofferenza e
di violenza. Sì, in un certo senso è stata risu-
scitata, restituita alla sua famiglia. Quando
ormai sembrava che non ci fossero più spe-
ranze, le viene offerta la possibilità di una
vita nuova. Per Catherine e per il suo bimbo
oggi è davvero Pasqua! L’abbiamo celebrata,
abbiamo ringraziato e lodato il Signore per il
miracolo che nel suo amore misericordioso
ha voluto compiere oggi in mezzo a noi.
Eppure, sento che manca ancora qualcosa.
Durante la celebrazione ho avuto modo
più volte di guardare questa giovane donna:
il suo volto rimaneva spesso disteso ma
come assente, in un atteggiamento quasi
neutrale, riservato, di chi c’è ma al tempo
stesso potrebbe essere altrove: il volto e lo
sguardo di Catherine non hanno tradito
alcuna emozione. La psicologia, e prima
ancora il buon senso, ci dicono che si tratta
di una persona ferita, con profondi traumi,
che andranno curati con pazienza e sui tem-
pi lunghi. Addestrata a nascondersi, scap-
pare, difendersi o attaccare per sopravvive-
re, le occorreranno anni per rilassarsi ed
assumere un altro atteggiamento, positivo e
costruttivo. Dovrà imparare e ricominciare
a vivere in modo nuovo.
Come Lazzaro, appunto. Risorto ma
ancora rinchiuso e legato dalle sue bende.
Per questo Gesù deve dire ai suoi amici:
“Scioglietelo!”. Da solo, senza il loro aiuto
sollecito e premuroso, Lazzaro sarebbe rima-
sto una... mummia vivente! La Risurrezione
è il miracolo che solo Dio può fare, il dono
gratuito del suo amore per i figli coi quali,
per mezzo di Cristo, vuole condividere la sua
stessa vita. Ma questo dono è accompagnato
dall’invito a fare la nostra parte, cioè a cam-
minare e crescere nella nuova vita che ci è
regalata. Gesù ha fatto uscire Lazzaro dalla
tomba. Dio ha liberato e fatto tornare a casa
Catherine. Dio ha fatto e fa sempre la sua
parte. Tocca ora a noi continuare e completa-
re la sua iniziativa perché porti frutto ed
abbia successo. Siamo chiamati a dare una
mano a Dio perché possa completare la
nostra risurrezione nel cammino di ogni gior-
no, facendo crescere la vita nuova che egli ha
seminato in noi e attorno a noi.
È il compito degli amici che sciolgono
Lazzaro dalle sue bende. Il lungo cammino
di guarigione e reintegrazione che Catherine
dovrà intraprendere, sorretta e accompagnata
con amore e delicatezza da chi le sta accan-
to. Tutti noi comprendiamo come la ricorren-
za della Pasqua metta in gioco e ci inviti ad
una decisione su tutta la nostra vita. Si tratta
di scegliere innanzitutto se vogliamo acco-
gliere con gioia il dono di Gesù morto e
risorto che ci tira fuori dal nostro sepolcro,
oppure se pensiamo di poter farcela da soli a
gestire la nostra vita. E poi, decidere se ci
accontentiamo di restare immobili, mummie
viventi, prigionieri dei nostri limiti, o se inve-
ce accogliamo l’invito a darci da fare per
sciogliere i nodi e i blocchi che ci impedisco-
no di camminare e seguire il Signore risorto
in una vita nuova, animata dal suo amore.
Tutti noi, nessuno escluso, proprio
come Lazzaro e come Catherine, siamo
ancora impigliati, trattenuti e legati
in
vari modi dalle nostre bende, ferite, paure,
incapacità, chiusure e peccati. Io, tu, tutti noi
abbiamo innanzitutto bisogno oggi di essere
nuovamente liberati e risuscitati dall’amore
vivificante di Cristo. E poi, per ricominciare
a camminare e vivere in pienezza il dono
ricevuto, abbiamo bisogno, come Lazzaro e
Catherine, di qualcuno che ci aiuti, di amici,
fratelli e sorelle che ci sleghino, ci tolgano le
bende, ci accompagnino.
Coscienti che da soli non riusciremo a
liberarci, scopriremo allora che anche gli
altri attorno a noi hanno lo stesso bisogno.
Non si può fare Pasqua e viverla da soli. È
aiutando l’altro, il vicino, - i tanti Lazzari e
Catherine accanto a noi - che diventiamo
noi stessi più liberi, nuovi e vivi. Per questo,
oggi, alla fine della Messa, ho chiesto a
Catherine di aiutare me e tutta la gente che
si era radunata intorno a lei per festeggiare
il suo ritorno. Oggi in Uganda (ma non
solo!) abbiamo grande bisogno di saggezza
per non ripetere gli sbagli del passato, per
far sì che le sofferenze di Catherine e di tan-
te persone come lei non siano state inutili.
p. Giuseppe (Vescovo di Lira)
Catherine sciolta dalle bende, come Lazzaro...
3
Eco 205
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P
A S S E G G I A N D O C O N I L
R
E
C’era una volta un Re, ricco, saggio e molto buono. La sua dimora era un giardino colmo di delizie, da guardare e da gustare.
Tinte, melodie e sapori si combinavano in armonia perfetta. Ogni cosa occupava il proprio posto. Per questo c’era pace, gioia e nel
cuore di tutti spensieratezza... Sì, perché di ogni creatura si occupava lui, il Re. Le nutriva, le assisteva, le coltivava, assicurando a
tutte serenità e beneficio. Esse dovevano solo preoccuparsi di vivere, lasciandosi amare e contraccambiando con l’amore quel sovra-
no amabile e generoso.
Tra queste creature ce n’era però una diversa dalle altre, perché solo ad essa erano stati concessi tratti del tutto somiglianti a quel-
li del Creatore. Si chiamava “uomo”, distinto in maschio e femmina, e dal Re aveva ricevuto in dono intelligenza e creatività, sensi-
bilità e facoltà d’amare; ma soprattutto libertà che lo poneva su un piano molto nobile, quasi divino.
Ma, ahimé, all’uomo questo non bastava.Voleva far da sé! Nel profondo del suo essere bramava di gestire la propria vita come gli
pareva, e così tentò di carpire i segreti del Re...
Cosa successe dopo? È una triste storia, perché ciò che era pura beatitudine si trasformò in maledizione: «Maledetto sia il suolo
per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita… polvere tu sei e in polvere tornerai!».
L’armonia si frantumò e si fece strada quella tragica disubbidienza che portò l’uomo e sua moglie lontano dal cuore del buon
Sovrano e, naturalmente, dal suo bel giardino.
Passarono molti anni, ma non poteva il Re dimenticare quella creatura che aveva amato al punto da donarle le sue stesse qualità.
Aveva nostalgia. Non poteva pensare che l’uomo, vagabondo, errava nelle aride steppe dell’egoismo, rischiando di precipitare nei
burroni scavati dalla sua stessa prepotenza. Non riusciva a rassegnarsi all’idea che egli si stesse avvelenando con le radici dell’ido-
latria perché affamato di felicità. La creatura che più gli assomigliava stava definitivamente deturpando in sé ogni bellezza.
Il Re, allora, si mise di nuovo in movimento, e cominciò ad inviare all’uomo ormai lontano diversi messaggeri che lo “sveglias-
sero”, affidando loro una parola che poi per molti secoli si trasformò in consiglio, ammonimento, legge, persino in rimprovero… Ma
tutto inutile. L’uomo sembrava sordo ai divini avvertimenti. Serviva qualcos’altro. Fu così che la Parola stessa, per farsi udire, si fece
creatura, anzi, bambino.
Ma dove nascere? Ci voleva un luogo adatto, un posto bello come quel giardino antico dove il Signore era abituato a passaggia-
re, un posto degno per quel nuovo Adam, che sacrificandosi avrebbe un giorno riparato l’orgoglio del primo uomo.
Il Re, abituato a progettare, ne pensò uno perfetto. Un giardino in cui nulla sarebbe stato fuori posto. Uno spazio aperto a tutti,
eppure chiuso, come una “fonte sigillata”. In quel giardino il seme avrebbe trovato il giusto spazio per attecchire e germogliare, cre-
scendo poi “in santità e grazia”.
Il giardino? Era Maria, l’Eden di Dio…”.
È aperto ancora oggi, e non si tratta di favole. Da molti anni con premurosa insistenza la Vergine ci offre il suo Cuore Immacolato.
In quel giardino la brezza dello Spirito aleggia sempre fresca, e riposa quieta nella culla di un eterno “Fiat”. È lì che la Madre ci
invita ad entrare e a rimanere. Senz'altro, accanto a noi, passeggerà anche lui, il nostro Re.
S.C.
Rinascere dall’alto
,
nascere dall’Altro
di Stefania Consoli
Guardiamoci attorno. Tutto sembra
esplodere di vita. Ciò che ieri appariva
morto, chiuso in sé oggi è un tripudio di
colori: alberi verdi, fiori sui prati e frutti
che pian piano vanno maturando. Dal son-
no invernale alla vita risvegliata in prima-
vera. È un prodigio al quale non ci abitue-
remo mai. Perché non c’è ovvietà nella bel-
lezza, è sempre nuova. Così come la vita.
Il Signore ha inserito il grande evento
della Pasqua proprio in questa stagione del-
l’anno, per renderci più comprensibile il
risveglio dalla morte dell’uomo-Dio quel
«primo giorno dopo il sabato».
Infatti, se abbiamo realmente permesso
alla Risurrezione di agire nelle nostre pro-
fondità, così da smuovere ciò che era sepol-
to sotto la coltre invernale delle nostre pigri-
zie interiori, ci accorgeremmo che i veri ger-
mogli in fiore sono dentro di noi. Tutti, com-
presa la creazione, siamo coinvolti in un
movimento vitale potentissimo che ci attira
fuori da noi stessi per “rinascere dall’alto”
(cfr. Gv 3,3) attraverso lo Spirito che al cul-
mine degli avvenimenti pasquali Dio effon-
de su di noi.
Ma cosa significa rinascere dall’alto? A
questa stessa domanda Gesù aveva risposto:
«Quel che è nato dalla carne è carne e quel
che è nato dallo Spirito, è Spirito… Il vento
soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non
sai di dove viene e dove va: così è di chiun-
que è nato dallo Spirito» (Gv 3,6).
Noi, popolo di battezzati, abbiamo già
ricevuto lo Spirito Santo, ma ogni anno ci
vuole una nuova Pentecoste per risvegliarne
i doni, perché la quotidianità rischia di asso-
pirli e, alla fine, vanificarli. Se la carne che
nasce dalla carne ogni giorno deve essere
nutrita per rimanere in vita, così lo spirito
che nasce dallo Spirito va sostenuto attra-
verso il cibo adatto all’anima: preghiera,
adorazione, Sacra Scrittura, sacramenti…
Ce ne accorgiamo subito quando la carne
prende il sopravvento con le sue pretese:
siamo distratti, assenti, mai sazi, e in fondo
mai appagati.
Alla domanda posta dai discepoli:
«Maestro dove abiti?» oggi ci sentiremmo
rispondere: “In te! Dentro di te!». Siamo
noi i Templi vivi dove Dio prende dimora...
Rinascere dall’alto perché in noi si fac-
cia primavera, significa allora aprire il cuo-
re all’Ospite divino, all’Altro e lasciarlo
libero di abitare in noi e di agire. Nel deser-
to di un’umanità assetata di verità e di amo-
re, saremo oasi rigogliose, oasi promettenti
serenità e vita.
Dal caos, al cosmo...
Lo Spirito che ci fa giovani
Il creato è opera dello Spirito Santo. San
Paolo ci ha parlato di una creazione che
“geme e soffre nelle doglie del parto”. A
questo suo pianto da parto, oggi si mescola
un pianto di agonia e di morte. La natura è
sottoposta, ancora una volta “senza suo
volere”, a una vanità e corruzione, diverse
da quelle di ordine spirituale intese da san
Paolo, ma derivate dalla stessa sorgente che
è il peccato e l’egoismo dell’uomo.
Noi che abbiamo ricevuto le primizie
dello Spirito stiamo affrettando “la piena
liberazione del cosmo e la sua partecipazio-
ne alla gloria dei figli di Dio”, o la stiamo
ritardando, come tutti gli altri?
Ma veniamo all’applicazione più perso-
nale. Diciamo che l’uomo è un microco-
smo
; a lui dunque come individuo, si appli-
ca tutto ciò che riguarda in generale il
cosmo. Lo Spirito Santo è colui che fa
passare ognuno di noi dal caos al cosmo
:
dal disordine, dalla confusione e dalla dis-
persione, all’ordine, all’unità e alla bellez-
za. Quella bellezza che consiste nell’essere
conformi alla volontà di Dio e all’immagi-
ne di Cristo, nel passare dall’uomo vecchio
e all’uomo nuovo.
L’evoluzione dello spirito non si svolge
nell’uomo parallelamente a quello del cor-
po, ma in senso contrario. Noi nasciamo
“uomini vecchi” e dobbiamo diventare
“uomini nuovi”. Tutta la vita, non solo l’a-
dolescenza, è una “età evolutiva”!
Secondo il vangelo, bambini non si
nasce ma si diventa! Un Padre della Chiesa,
san Massimo di Torino, definisce la Pasqua
un passaggio “dai peccati alla santità, dai
vizi alla virtù, dalla vecchiaia alla gioventù:
una gioventù s’intende non di età ma di
semplicità. Eravamo infatti cadenti per la
vecchiaia dei peccati, ma per la risurrezio-
ne di Cristo siamo stati rinnovati nell’inno-
cenza dei bambini”.
Lo Spirito Santo è l’anima di questo rin-
novamento e di questo ringiovanimento.
Iniziamo le nostre giornate dicendo, con il
primo verso dell’inno in suo onore: “Veni,
creator Spiritus”: Vieni Spirito creatore,
rinnova nella mia vita il prodigio della pri-
ma creazione, aleggia sul vuoto, le tenebre
e il caos del mio cuore, e guidami verso la
piena realizzazione del “disegno intelligen-
te” di Dio sulla mia vita.
p. Raniero Cantalamessa (Liberam. da Omelia)
4
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Oh Maria!
Mia santa buona Maria!
Fammi e fai comprendere a
tutti il grande valore del silen-
zio nel quale si capisce Dio.
Insegnami a tacere per
ascoltare la Saggezza eterna.
Insegnami a trarre dal
silenzio tutto quello
che contiene, di grande,
di sovrannaturale, di divino.
Aiutami a farne una perfetta
preghiera, una preghiera tutta
di fede, di fiducia e d’amore.
Una preghiera vibrante,
energica, feconda,
capace di glorificare Dio
e di salvare le anime!
(
Marthe Robin)
Chi rimane...
A volte forse ci chiediamo: perché il mio fare, il mio andare, il mio impegno non por-
ta frutto? Forse questo accade perché non rimaniamo nel posto a noi assegnato, non rima-
niamo in Gesù. L’apostolo Pietro rimane con Gesù, Giuda non rimane con lui, ma fugge
e si ritrova solo.
Il giorno in cui Gesù si trova a Betania in casa delle sorelle che conosce, Maria rima-
ne seduta ai suoi piedi e lo ascolta mentre Marta è presa dai tanti servizi. Gesù, al vede-
re questo, esclama: “Maria si è scelta la parte migliore che nessuno le toglierà”. Alla mor-
te del fratello Lazzaro, Maria rimane in casa in attesa del Maestro fino a quando si alza in
fretta per correre da Gesù che la manda a chiamare. Maria ha capito quanto è importante
rimanere ai piedi di Gesù, rimanere accanto a lui. Il suo cuore rimane in lui, riposa in lui.
Anche il suo andare, non è una propria iniziativa, ma un rispondere alla chiamata del suo
Signore. Sa che solo con lui può guarire dalle sue ferite perché ha capito che l’Amore è
medicina e profumo che inebria. Sa che solo con lui la sua vita può portare frutto, diver-
samente dal passato.
Maria ha inteso bene le parole del Maestro: “Chi rimane in me e ascolta le mie paro-
le, porta molto frutto…chi non rimane in me viene gettato via” (Gv 15,5-6). Sa che solo
con Gesù il frutto non manca, che Gesù è il frutto che sazia veramente. Maria ha capito
che il tesoro nascosto lo si scopre nello stare con Gesù, nel fare quello che lui chiede e
non quello che vogliamo noi. Ha capito che lui è il tesoro da non perdere. Certamente
Maria avrà appreso dalla Madre di Gesù. Dal suo esempio avrà imparato l’importanza di
rimanere con Gesù e come rimanere con lui. La Madre insegna anche a noi a rimanere con
il Figlio e come rimanere con lui. Ella sa che in lui la pace regna sempre nei nostri cuori
nonostante le difficoltà che ci offre la vita; che in lui non escluderemo mai nessuno dal
nostro cuore, nemmeno chi ci ferisce; che in lui non mancheremo mai di nulla perché ci
verrà donato anche nel sonno
; che in lui possederemo Dio.
Allora la vita cristiana è più un “rimanere” che un “andare”, più un accogliere il posto
a noi assegnato che un conquistare una posizione, più un lasciare agire lui che un nostro
fare perché: “Se il Signore non edifica la casa, invano vi faticano i costruttori. …” (sal
127). È vero. Il cristiano può donare solo dopo aver accolto, solo dopo aver ricevuto.
Ascoltiamo, allora, la voce della Madre. Certamente impareremo a rimanere in Gesù come
ha fatto Lei e continua a fare, per portare molto frutto, per portare agli altri il frutto più
bello: Gesù.
La Creatura nuova
Dopo quella prima disubbidienza, le persone erano come “moribonde”, senza vita,
perché avevano disprezzato la Vita, come Caino. Le loro azioni non erano buone. Di que-
sto Dio era molto dispiaciuto perché aveva creato l’uomo per la Vita, non per la morte.
Egli desiderava ardentemente porre rimedio a tale situazione. Per questo attese con trepi-
dazione il tempo propizio in cui almeno una creatura accogliesse la Vita senza disprezzar-
la, come in passato fecero liberamente gli uomini. Sì, l’opera di salvezza del Padre è sta-
ta come “condizionata” da una creatura al punto da mandare in terra il proprio Figlio come
risposta al “sì” alla Vita di tale creatura. Sappiamo che questa è Maria.
Maria è veramente la creatura del “sì” alla Vita, la creatura nuova che ha dato “la pos-
sibilità” a Dio di generare, mediante il Figlio, tante creature nuove che corrispondessero
anche loro alla Vita. Da quel giorno la terra ha potuto popolarsi di un’umanità nuova, di
creature nuove e non più vecchie come prima, nuove come Maria, la nuova Eva, divenu-
ta Madre di Dio e nostra. Ma anche a noi è donata la possibilità di diventare come Maria,
purchè accogliamo la Vita.
Grazie, Maria, perché con Te la Vita non si è spenta come un tempo.
Grazie perché con Te il Padre ha donato all’uomo Gesù, la Vita.
Grazie perché con Te il Padre ha mostrato agli uomini
un esempio di creatura nuova per la gioia di Dio e dell’intero creato.
Grazie perché sei diventata Madre nostra oltre che Sorella nostra,
anche Tu creatura come noi.
Fa’ di noi creature nuove, sul modello di Gesù.
Prendici per mano perché, camminando assieme a Te,
ognuno di noi diventi, come Te, Madre di Dio.
P
ENSIERI SEMPLICI
di Pietro Squassabia
Le mani aperte: meditare
«La parola di Dio è viva, efficace, più
tagliente di ogni spada a doppio filo - pene-
tra fino alla divisione tra psiche ed anima,
tra giunture e midolla - è capace di scrutare
sentimenti e pensieri del cuore» (Eb 4,12).
Fin dalle origini e a tutt’oggi i cristiani si
trovano a convivere in una società le cui
ideologie risultano, il più delle volte, incon-
ciliabili col messaggio evangelico.
Cambiano termini, si alternano maestri,
si moltiplicano formule, si perfezionano
tecniche di comunicazione. Ciò che rimane
sempre immutabile è l’esigenza di mante-
nere alto il livello di attenzione, studio e
assimilazione delle direttive evangeliche.
Ovviamente non c’è più bisogno di
nascondersi nelle catacombe, trincerarsi
dietro barricate o fuggire nel deserto. La
proposta è essenzialmente positiva: perfe-
zionare il dialogo con Dio, scoprire, tentare
di capirne le intenzionalità, inserirsi lungo
le vie provvidenziali, appropriarsi della sua
mentalità operativa nell’interazione con le
realtà umane.
È lo spazio riservato alla preghiera
meditativa. Che significa?
Meditare è il tentativo di riflettere,
intuire, cercar di scoprire senso e significa-
ti che la Rivelazione divina nasconde. Si
tratta di immergersi nel mondo interiore del
Maestro di Nazareth lasciandosi impressio-
nare, affascinare, coinvolgere nella sua
radicale e irreversibile adesione al grandio-
so progetto trinitario della salvezza univer-
sale. Così fece Gesù. Così sua Madre, che
ne aveva appreso l’arte di custodire in cuo-
re parole e testimonianza.
Le “mani aperte” sono simbolo di questa
forma di preghiera che pretende (legittima-
mente) di familiarizzare col mondo miste-
rioso di Dio come premessa indispensabile
per decidere il passaggio a precise scelte di
campo tali da consentire un’autentica
sequela di Cristo. Nella meditazione cristia-
na il Vangelo si pone come fonte primaria di
riferimento. Devo imparare a custodirlo in
cuore. Servirlo, non servirmi di esso.
È un lavoro a due tempi: ascolto chi par-
la, assimilo il messaggio, rispondo. In sem-
plicità disarmante. Dio parla, io ascolto
(leggo tranquillamente, filtro, assaporo
ogni parola). In tranquillità di mente e di
cuore, come chi ha stabilito con lui un’ami-
cizia personale. Cristo mi parla del Padre.
Dio mi parla attraverso Cristo. Nasce il dia-
logo d’amore.
Ascolto. Accolgo la Parola. Mi chino su
di essa amorosamente come sul neonato di
Bethlemme. Mi tengo aperto alla Parola, le
consento di esercitare il suo potere divino.
Godo nel sentirla penetrare anima e corpo,
pensieri e sentimenti, desideri. Vi investo
tutto quello che ho e che sono: disposizio-
ni, atteggiamenti, sentimenti, scelte.
Presente e futuro.
Qui posso contare sullo Spirito Santo
che vigila affinché nulla ostacoli il cammi-
no della Parola che intende farsi strada e
penetrare nel cuore, indurlo a reagire,
rispondere. Il silenzio dell’ascolto diventa
così voce senza suono, e tende inevitabil-
mente a trasformarsi in lode, canto di ammi-
razione, gratitudine, adorazione, amore.
(da: “Instancabilmente” di Lorenzo Netto) 4.
A
SCUOLA DI
P
REGHIERA
Facci comprendere il valore del silenzio
5
background image
È ancora vivo in me il ricordo della
gioia intensa dei primi giorni, quando tro-
vandomi ad abitare in quel posto unico al
mondo mi ripetevo incredulo: “Adesso
vivrò qui!”
Ora sono molte le cose di cui sento la
mancanza e che mi hanno accompagnato e
nutrito durante quei tre anni: innanzitutto il
silenzio di Medjugorje
, che è un dono
specialissimo, una dimensione interiore, e
poi anche l’entusiasmo sempre nuovo dei
pellegrini
, la comunione con tutte quelle
persone che, come me, nei modi più diver-
si, si sono messi al servizio del piano di
Maria e la grazia sempre viva e palpabile
che certi particolari luoghi trasmettevano.
È stato come un lungo pellegrinag-
gio? Dipende da come si intende questo
termine… non si è trattato di una continua
estasi, come invece può essere per molti
pellegrini ai quali la Madonna dona di fare
l’esperienza di quattro giorni di “paradiso”
sperimentando una rinascita interiore.
Tuttavia sì, è stato un lungo pellegrinaggio,
inteso come percorso interiore in cui l’ani-
ma, lasciando gradualmente tutto ciò che la
poteva tenere imbrigliata, ha pian piano
cominciato il suo volo d’elevazione… Ho
compreso che per compiere questo cammi-
no non è sufficiente la grazia di Dio, è
necessaria la nostra risposta quotidiana
là dove incontriamo la croce.
Nella mia giovinezza ho sentito descri-
vere Medjugorje come una nuova Terra
Santa. Il Krizevac come nuovo Sinai, mon-
te in cui il Signore di rivela, il Podbrdo
come nuovo Monte delle Beatitudini, e la
vallata posta in mezzo… il campo di batta-
glia, la spianata della lotta quotidiana che
ogni figlio della luce affronta per resistere
al male e decidere in se stesso la vittoria di
Cristo. Di quel Cristo che umilmente si
lascia tradire, flagellare e crocifiggere,
rimanendo amore puro, amore sacrificato,
ed in questo modo trionfa su ogni tenebra
dell’odio.
Tre anni a Medjugorje sono stati una
battaglia interiore per rimanere davvero
nell’atteggiamento umile del Cristo, per
non lasciare spazio a nessun tipo di ribel-
lione al sacrificio, e per accettare ed amare
la Volontà divina; una lotta interiore fatta di
successi e di cadute, ma che mi ha portato
ad una inesorabile trasformazione interiore.
Tra le braccia di Maria è più facile
pregare, è più facile lottare, sapendo che
quando la prova sembra farsi troppo esi-
gente è sempre possibile, tornare a “rifu-
giarsi” sui colli benedetti da cui tutto appa-
re più piccolo e più lontano ed anche i
nostri problemi ritrovano la giusta dimen-
sione.
Ora, da molti mesi nuovamente in
Italia, sento spesso una forte nostalgia che
richiama il mio pensiero a quei luoghi e a
quei momenti che tornano a farsi così vivi
e presenti dentro di me.
Comprendo come Medjugorje non è
solo un luogo fisico, è un luogo interiore,
uno spazio che si è aperto nella mia anima
e nel quale ha sempre la possibilità di ritor-
nare. I momenti difficili segnano costante-
mente ogni singolo periodo della mia e del-
la nostra vita, questo sarà sempre inevitabi-
le, ma da ogni luogo e in ogni momento è
sempre possibile tornare con il pensiero e
con l’anima sul Podbrdo e ai piedi della
Croce; ritrovare dentro di noi quei luoghi di
incontro intimo con il Signore, quei luoghi
di grazia che riportano la pace in ogni scel-
ta e in ogni azione.
A Medjugorje il cielo e più vicino, la
vita appare un pellegrinaggio su di un
sentiero già ben disegnato dalla Divina
Provvidenza, il cuore si riempie di gratitu-
dine, l’anima si eleva nella vera preghiera,
ogni sguardo si trasforma in benedizione,
ogni respiro diviene canto di lode, la nostra
vita testimonianza della Sua Resurrezione.
Francesco Cavagna
P
ELLEGRINI O
SEMPLICI
T
URISTI
?
È iniziata la “bella stagione” e con que-
sta iniziano anche i viaggi, per rilassare il
corpo attraverso la natura o per conoscere
popoli e culture diversi da noi. Sono in
molti però che partono con un altro intento:
vanno a “curarsi” l’anima. E per questo si
fanno pellegrini.
Qualcuno va da solo, altri con i familia-
ri; i più, tuttavia, si associano a gruppi
organizzati, che talvolta diventano veri pro-
prie masse di pellegrini che si muovono
verso luoghi di culto o Santuari più o meno
noti, ma tutti promettenti quelle grazie di
conversione, di guarigione e di salvezza
che ognuno spera di riportarsi a casa.
Anticamente il pellegrinaggio aveva
due significati, devozionale ed espiatorio.
In particolare il primo esiste fin dall’epoca
paleocristiana e faceva parte del processo
di conversione: per liberarsi dalle ansie e
dalle tensioni del mondo si partiva verso
Gerusalemme, dove si viveva da “stranie-
ri”, da “esuli” (secondo l’etimologia del
termine “pellegrino”).
E oggi? Le motivazioni che spingono a
mettersi in viaggio sono le più disparate,
intime e personali e quindi vanno rispetta-
te. Ma ci sono delle regole comuni a tutti,
perché se è sempre buona la causa per la
quale si parte, non sempre purtroppo l’esi-
to è quello che si potrebbe avere.
È colpa di Dio che tradisce le nostre
attese? No, di certo. E allora, come si
dovrebbe vivere il pellegrinaggio affinché
sia veramente efficace, profondo e soprat-
tutto autentico? Sono domande importanti,
perché spesso, purtroppo, si vanifica il
viaggio quando lo si affronta con superfi-
cialità, come se si andasse in una qualsiasi
gita; oppure lo si riempie di attività esterio-
ri, incontri, chiacchiere, acquisti di souve-
nir... intrattenendosi in ambienti chiassosi
che distolgono da quella quiete indispensa-
bile per incontrare il Signore.
Medjugorje è una meta privilegiata
da molti, in quel luogo la grazia è viva ed
operante proprio perché Maria, che ne è la
mediatrice, è presente in modo vivo, visibi-
le, quantomeno palpabile con i sensi dell’a-
nima. Per questo molti nella “bella stagio-
ne” programmano la visita alla “bella
Signora”. Bisogna allora valorizzare ogni
istante come se fosse l’unico, perché in Dio
tutto è prezioso, e come tale deve essere
affrontato.
Lo sanno le guide dei pellegrinaggi,
per esperienza. Spesso hanno veduto com-
piere autentici miracoli nel cuore dei pelle-
grini, il più delle volte conversioni a 360
gradi, improvvise e nei modi più impensa-
bili. Sono dunque gli organizzatori i primi
invitati a riflettere su questo argomento,
perché il loro modo di pianificare la giorna-
ta e di impostare la preghiera condiziona
grandemente la riuscita del viaggio, e di
conseguenza la “trasfigurazione” interiore
dei pellegrini, vera meta del pellegrinaggio.
Per sua natura il pellegrinaggio è un
itinerario. È movimento per eccellenza.
Ma il più delle volte questo viene inteso sul
piano puramente esteriore. Ci si sposta cioè
da un luogo all’altro in modo quasi convul-
so, e così si perde l’occasione per quelle
soste indispensabili per assimilare il carico
di grazia che ogni luogo trasmette.
In realtà il vero movimento del pellegri-
naggio dovrebbe essere interiore, uno spo-
stamento da “io” a Dio, dal mio mondo al
Suo mondo, fatto di silenzi e di preghiera,
di solitudine e di comunione, fatto di
incontri col suo Volto attraverso gli stru-
menti che la Dio ci pone innanzi: la Parola,
i Sacramenti, i suoi ministri, e soprattutto
sua Madre. Sì, perché a Gesù si va attra-
verso Maria
, che è la via più breve e più
sicura: “Cari figli, desidero rinnovarvi e
condurvi col mio Cuore al Cuore di Gesù
che ancora oggi soffre per voi e vi invita
alla conversione ed al rinnovamento.
Tramite voi desidero rinnovare il mon-
do…”, dice la Regina della Pace nel mes-
saggio del 25 ottobre 1996.
Questo è il percorso, questo è il movi-
mento, questo è il vero pellegrinaggio da
compiere
: immergersi nel cuore di Maria e
lì passare, anzi, lasciarsi trasportare diretta-
mente nel cuore di suo Figlio. Ci ritrovere-
mo, come per incanto, nella braccia del
Padre. Buon viaggio!
Stefania Consoli
Vivere a Medjugorje è un lungo pellegrinaggio
M
ESSAGGIO A
M
IRJANA
2
APRILE
“Cari figli, l’amore di Dio è nelle mie
parole. Figli miei, questo è l’amore che
desidera volgervi alla giustizia e alla veri-
tà. Questo è l’amore che desidera salvar-
vi dagli abbagli. Ma voi, figli miei? I
vostri cuori restano chiusi, sono duri e
non rispondono alle mie chiamate, non
sono sinceri. Con materno amore prego
per voi perché desidero che tutti risusci-
tiate in mio Figlio. Vi ringrazio”.
6
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Maria, nostra “Pastora”
da ventotto anni
Migliaia di sacerdoti ogni anno si reca-
no a Medjugorie per attingere direttamente
la grazia che scaturisce abbondante da quel
luogo benedetto. Molti testimoniano come
il loro sacerdozio ne esca sempre rinnovato
dall’incontro con la Gospa, Madre della
Chiesa e mediatrice di ogni grazia.
All’approssimarsi del ventottesimo anni-
versario delle apparizioni, abbiamo intervi-
stato un sacerdote marchigiano, don M. M.,
assiduo visitatore del Santuario.
Che cos’è per lei Medjugorje?
A partire da ciò che ho letto e dalle let-
ture e riflessioni fatte, Medjugorje è il pun-
to finale e il completamento del messaggio
di Fatima. Giovanni Paolo II è arrivato a
dire che oggi Medjugorje è il centro spiri-
tuale del mondo, anche se di questo non ha
parlato ufficialmente per non compromet-
tersi e per non compromettere un fenome-
no ancora in atto.
A Fatima la Madonna è apparsa in tutto
tre volte; a Medjugorje la Madonna scen-
de dal cielo ogni giorno da 28 anni!
Perché delle apparizioni così prolungate?
Perché la situazione della cristianità è
molto critica e la Madonna sta operando per
cambiarla. Non si vuole ancora accettare la
conversione del cuore. Per questo Maria
prega e fa pregare: vuole salvare la Chiesa,
la famiglia, le coppie, i giovani, vuole salva-
re il mondo intero! Appare così a lungo per-
ché desidera creare un modello di comunità
cristiana che sappia accogliere i suoi mes-
saggi e li trasformi in vita.
Come mai Medjugorje continua ad incon-
trare opposizione?
Perché tanti vescovi e tanti preti non si
sono informati, non si sono interessati fin
dal principio di questo fenomeno, e quindi
sono indifferenti e apatici, come se fosse un
fatto di devozionismo.
Che cosa stupisce di più di Medjugorje?
La riscoperta della fede, la conversione.
Chi confessa, tocca con mano questo risve-
glio. Lì si tocca il miracolo in tanti momen-
ti, sotto tanti aspetti. Moltissime persone
pregano e si convertono, innumerevoli
gruppi di preghiera e associazioni assisten-
ziali nate lì, l’espandersi del messaggio
ovunque: è un miracolo continuo! La
Chiesa dovrà fare i conti con questo mira-
colo. Medjugorje è l’ultima tappa del lavo-
ro che Maria sta compiendo per preparare
l’avvento di Gesù.
È giusto tornare spesso in quel luogo?
Sì, è giusto, perché abbiamo bisogno di
ricaricarci e di arricchirci spiritualmente.
Oggi i problemi della vita sono tanti e se
non si fa rifornimento delle grazie che ci
vengono da Maria, difficilmente si riesce ad
affrontare i pesi della vita di ogni giorno.
È risaputo che la Chiesa oggi soffre una
grave crisi di vocazioni, mentre sono mol-
te le vocazioni che nascono a Medjugorje
da un incontro vivo con il Signore. Pensa
che questo sia significativo?
Ma certamente! Dopo la conversione
dei cuori, le vocazioni rappresentano uno
dei frutti migliori.
Una delle critiche che spesso si muove
contro queste apparizioni è che la
Madonna parla troppo. Se nel Vangelo
Maria si è limitata alla contemplazione
pronunciando pochissime parole, come si
spiegano oggi tanti messaggi?
Io su questo punto ho una mia idea.
Avevo anche preparato un articolo in riferi-
mento al Sinodo dei vescovi che si è svolto
lo scorso ottobre sulla Parola di Dio. Ho
messo a confronto il tema della Parola di
Dio con la parola di Maria. Perché la
Madonna parla così tanto? In tutte le ultime
apparizioni la Madonna non ha fatto altro
che ripresentarci il Vangelo. Questa insi-
stenza ha un significato preciso: Maria
intende riportarci all’essenziale, vuole
rievangelizzare la Chiesa di oggi e io credo
che Lei sia la più adatta. Questo perché la
Parola di Dio oggi non è compresa ed
accettata; è come se la gente ne avesse fat-
to l’abitudine: crede di sapere già tutto! Io
sono convinto che la Madonna, in quanto
Madre, abbia voluto dirci che la Parola così
come viene spesso comunicata è monoto-
na, fredda, stantia, una Parola che non toc-
ca più il cuore. Abbiamo bisogno di una
Parola più calda, di una Parola che viene
dal cuore della Madre. La Madonna vuole
essere la catechista della cristianità di oggi.
Innanzitutto Lei ha ascoltato, ha assimi-
lato, come scrive san Luca. Maria ascolta-
va, osservava e conservava… Questo per-
ché doveva arrivare il momento in cui met-
tere a frutto lo scrigno in cui Lei ha custo-
dito la Parola di Dio. Nella famiglia il
padre ha un ruolo e la madre ne ha un altro:
è più affettuosa, è più capace di farsi capire
e di intuire le esigenze dei figli. La
Madonna vuole dare questo aiuto alla
Chiesa di oggi.
Vi è un titolo che la Madonna si attribui-
sce in questi tempi: si definisce la Divina
Pastora. Se Cristo è il Pastore, Maria è Colei
che continua l’opera di Cristo. I titoli della
Madonna sono moltissimi!
I messaggi mensili di Maria come arric-
chiscono la sua vita di sacerdote?
Io ritengo che bisognerebbe leggerli,
meditarli, vagliarli meglio e farne un’ese-
gesi per capire il filo logico che li collega.
All’apparenza sembrano sempre gli stessi,
quasi monotoni. Però c’è qualcosa di più
profondo che non sempre si riesce a capire,
come ad esempio il concetto che solo attra-
verso la preghiera si può conoscere Dio e la
Sua Volontà nei nostri confronti. Io mi
rifiuto di dire che essi sono semplicemente
ripetitivi; lo sono in quanto non li sappiamo
accogliere e vivere!
Io mi auguro che venga il giorno in cui
tutti questi messaggi che la Madonna ha dato
a Lourdes, a Fatima, a Medjugorje siano rac-
colti e diventino oggetto di studio più appro-
fondito; che sia istituita una commissione
internazionale proprio su questi messaggi,
perché la Madonna non può parlare a vuoto,
e finora non c’è stata una dovuta attenzione.
Gesù fu “segno di contraddizione per-
ché siano svelati i segreti di molti cuori”.
Così oggi Maria?
Ma questo è scontato, non c’è da mera-
vigliarsi! Fa tuttavia piacere che oggi ci sia-
no delle anime generose che diffondono i
suoi messaggi e che hanno accolto l’invito
ad essere testimoni di Maria.
Qual è il futuro di Medjugorje?
Verrà il tempo in cui la Chiesa dovrà
esprimersi…
(Intervistato da F.C.)
I pellegrini di
Medjugorje sanno che
“causa forza maggiore”
padre Jozo non li può
incontrare, come di
solito faceva nella
Chiesa di Siroki Brieg.
Ma molto ha detto in
questi anni.
Riprendiamo, allora,
alcune sue considera-
zioni per celebrare con
lui il ventottesimo anno
delle apparizioni della
Regina della Pace.
“Da tutte le parti del mondo arrivano
pellegrini che hanno udito la voce che dice
“Cari figli miei”. Come è possibile sentire
questa voce? Mille volte gli esperti delle
commissioni hanno domandato ai veggenti:
“Avete sentito la voce dentro o fuori?”.
Avete sentito “Cari figli miei”? Avete senti-
to la Sua voce come la mia?”.
La Madonna non è morta, la
Madonna non è un’idea, la Madonna è
Madre di Dio, La Madonna sa parlare per-
ché la famiglia cattolica rischia di crollare,
la gioventù rischia di morire…
Milioni di pellegrini sono passati sul
Podbrdo, dove la Madre abita e aspetta…
La sua presenza è visibile, palpabile, parla
che possiamo capire, insegna che possiamo
accettare. Le sue guarigioni, i suoi miracoli
sono stati grande segni.
Vieni Spirito Santo, fa’ che possiamo
anche noi rispondere. Preghiamo che ognu-
no si svegli, che possa vedere, che possa sen-
tire, che possa rispondere alla chiamata.
Tutti siamo chiamati, non per caso.
Preghiamo il Signore che ci faccia capire che
cosa vuole da noi, che cosa si aspetta da noi.
Medjugorje non è uno spettacolo, non
è una cosa strana che può sostituire la
nostra missione. No! Sono occhi aperti che
incontrano quello che ognuno di noi cerca:
la gioia, la pace, la fede, l’amore. Per que-
sto grande dono, preghiamo che i nostri
occhi si aprano.
(p. Jozo – da: “Aiutiamoli”)
La voce che dice
“Cari figli miei…”
La “Madre” Gesù
“Com’è vero che
Dio è nostro Padre,
così è vero che
Dio è nostra Madre…
La nostra carissima Madre Gesù.
La nostra Madre nella natura,
la nostra Madre nella Grazia…
poiché il servizio della madre
è il più vicino,
il più pronto e il più sicuro:
il più vicino
perché è il più naturale,
il più pronto perché è tutto amore,
il più sicuro perché è tutto verità”.
Giuliana di Norwich
mistica inglese (1342 -1416)
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Villanova M., 1° maggio 2009
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“Hai dato origine all'universo
per effondere il tuo amore
su tutte le creature
e allietarle con gli splendori
della tua gloria”.
(IV Preghiera Eucaristica)
Eco ti invita
Molte volte Maria, nei suoi messaggi,
chiede il nostro aiuto per realizzare il suo
piano di salvezza. Sembra quasi che la
Madre, per realizzare i suoi progetti, o
meglio quelli di Dio, abbia proprio bisogno
dei suoi figli.
Come facciamo, allora, a sottrarci a tale
richiesta? Si, Maria vuole che la sua opera
passi attraverso le persone che accolgono il
suo messaggio ed il suo invito. E molti sono
gli strumenti di cui si serve la Madonna;
anche Eco pensiamo rientri tra questi. Ma
Eco, per essere uno strumento vivo nelle
Sue mani, ha bisogno “dell’energia” di
molti
, e quindi della preghiera di molti, del-
la comunione spirituale di molti, dell’aiuto
e del sostegno di molti: solo così potrà
continuare la sua opera che tanti richiedono
da molte parti.
Per questo tu gli sei necessario. Sembra
quasi che Maria si compiaccia di ricorrere
all’aiuto di tanti, uniti tra loro nel Suo
Nome, per realizzare appunto il piano
affidatoLe dall’Altissimo. Allora Eco fa
conto su di te.
Fiduciosi nella tua risposta, ti informia-
mo che Eco riprenderà la sua pubblica-
zione a partire dal mese di settembre
. Nel
frattempo, attende tue eventuali proposte e
suggerimenti per rendere questo piccolo
giornale un mezzo più vicino al Cuore del-
la Madre e dei Suoi figli. Forse Maria, che
ci benedice e ci protegge, attende da noi
proprio questo.
Pietro Squassabia
I Lettori scrivono…
Evelyne Grousset dalla Francia: “È
sempre con grande gioia che ricevo l’Eco
per trovare le novità su Medjugorje. Gli arti-
coli di fondo sono sempre molto interessan-
ti. È un mezzo di evangelizzazione.
Come vostro distributore anch’io incon-
tro, non un rifiuto - sebbene anche questo mi
sia arrivato da una persona impegnata nella
Chiesa - ma una certa resistenza, qualche
volta da parte dei cattolici e pure dei religio-
si. Questo mi addolora. D’altronde, altri più
giovani amano ritrovare questi insegnamen-
ti, soprattutto quelli che non hanno avuto
l’opportunità di un buon insegnamento cate-
chistico. Vi invio una modesta offerta, e la
rinnoverò tra qualche mese. Si deve, come
voi dite, vivere nella speranza. Maria prov-
vede sempre. In comunione di preghiera e di
cuore con voi.
Marie-Andrée Bisch dalla Francia:
“Tutti i miei ringraziamenti per il vostro
ammirabile sostegno spirituale del quale voi
ci fate partecipi da tanti anni e che deriva
dalla “Sorgente” più pura. Il vostro Eco di
Maria è una perla della quale sono avidi tut-
ti quelli a cui regolarmente lo trasmetto. Ma
la vostra discrezione sui vostri bisogni eco-
nomici è divenuta troppo grande. È facile
per noi lettori addormentarci sulla facilità
della “gratituità” del vostro piccolo giornale
che noi desideriamo ricevere ancora a LUN-
GO! Non perdete questa catena di amici sor-
ta attraverso Maria”.
Nicoletta di Salizzole -VR (Italia):
Colgo l’occasione per ringraziarvi per quello
che fate con “ECO”: riuscite a tenermi unita
con Medjugorje dove sono stata in pellegri-
naggio per 3/4 anni consecutivi. Poi un gra-
ve incidente stradale mi ha tenuta ferma.
Dopo due anni, ne sto uscendo lentamente...
Il vostro giornalino Eco di Maria mi ha tenu-
ta unita a quella terra benedetta, colma di
Spirito Santo, dove si respira un’atmosfera
indescrivibile e ti sembra di essere in un’al-
tra dimensione…UN ABBRACCIO FRA-
TERNO A TUTTA LA FAMIGLIA MON-
DIALE dell’Eco di Maria Regina della Pace.
Tarceo Cinelli dal Canada: “È un pia-
cere Eco di Maria. È come se ricevessi “La
Buona Novella” indirizzata direttamente a
me. La Santa Madre è così vicina...”
Lisandro Portillo
da Caracas
(Venezuela): “Per mezzo di questa mail vi
saluto e vi auguro la Pace in Cristo e la
benedizione della Santissima Vergine Maria.
Scrivo dal Venezuela. In questo momento il
mio Paese sta passando un duro momento…
pregate per noi!”.
Doober Alejandro Arias Torres da
Tolima (Colombia): “Carissimi amici
dell’Eco di Maria, desidero offrire con pro-
fonda umiltà la mia preghiera a tutta l’equi-
pe della redazione, ai traduttori e al
Consiglio direttivo, affinché possiate conti-
nuare con questa preziosa opera di portare a
tutto il mondo della Luce che ci trasmette la
Santissima Vergine a Medjugorje con i suoi
messaggi di amore e di Pace”.
Ana María de Lourdes Zepeda de
Fragoso da León, Guanajuato (Messico):
“Carissimi dell’Eco, da vent’anni diffondia-
mo i Messaggi della Regina della Pace,
Portiamo l’Eco anche all’Arcivescovo di
questa Diocesi di León e in tutto riusciamo
a distribuire un migliaio di esemplari… Non
fatecelo mai mancare!”.
Rosa Hauser dall’Austria: “Ai collabo-
ratori di Eco: per favore, andate avanti con
l’Eco. Io lo distribuisco volentieri (94 copie)
perché viene ricevuto dappertutto con gioia.
Sarebbe veramente un peccato se non si
potesse più dare. Noi vi ringraziamo tutti
con il cuore per il vostro impegno e la vostra
fatica. Vi saluto con affetto”.
C
APACI DI
D
ISCERNERE
GLI
S
PIRITI
La guida dello Spirito nel cammino spi-
rituale di ogni credente va sotto il nome di
discernimento degli spiriti. Il primo e fonda-
mentale discernimento degli spiriti è quello
che permette di distinguere “lo Spirito di
Dio” dallo “spirito del mondo”. San Paolo
dà un criterio oggettivo di discernimento, lo
stesso che aveva dato Gesù: quello dei frutti.
Le “opere della carne” rivelano che un cer-
to desiderio viene dall’uomo vecchio pecca-
minoso, “i frutti dello Spirito” rivelano che
viene dallo Spirito. “La carne infatti ha desi-
deri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desi-
deri contrari alla carne”.
A volte però questo criterio oggettivo
non basta perché la scelta non è tra bene e
male, ma è tra un bene e un altro bene e si
tratta di vedere qual è la cosa che Dio vuo-
le, in una precisa circostanza. Fu soprattut-
to per rispondere a questa esigenza che
sant’Ignazio di Loyola sviluppò la sua dot-
trina sul discernimento. Egli invita a guar-
dare soprattutto una cosa: le proprie dispo-
sizioni interiori, le intenzioni (gli “spiriti”)
che stanno dietro a una scelta.
Sant’Ignazio ha suggerito dei mezzi
pratici per applicare questi criteri. Uno è
questo. Quando si è davanti a due possi-
bili scelte
, giova soffermarsi prima su una,
come se si dovesse senz’altro seguire quel-
la, rimanere in tale stato per un giorno o
più; quindi valutare le reazioni del cuore di
fronte a tale scelta: se dà pace, se si armo-
nizza con il resto delle proprie scelte
; se
qualcosa dentro di te ti incoraggia in quella
direzione, o al contrario se la cosa lascia un
velo di inquietudine... Ripetere il processo
con la seconda ipotesi. Il tutto in un clima
di preghiera, di abbandono alla volontà
di Dio, di apertura allo Spirito Santo.
Il pericolo, in alcuni modi moderni di
intendere e praticare il discernimento, è di
accentuare a tal punto gli aspetti psicologi-
ci, da dimenticare l’agente primario di ogni
discernimento che è lo Spirito Santo.
Il frutto concreto di questa meditazione
potrebbe essere una rinnovata decisione di
affidarci in tutto e per tutto alla guida inte-
riore dello Spirito Santo
, come per una
sorta di “direzione spirituale”. Non dobbia-
mo intraprendere nulla se non è lo Spirito
Santo. Ne abbiamo il più luminoso esempio
nella vita stessa di Gesù. Egli non intrapre-
se mai nulla senza lo Spirito Santo.
Dobbiamo abbandonarci a Lui. Come bravi
attori, tenere l’orecchio proteso alla voce
del suggeritore nascosto, per recitare fedel-
mente la nostra parte nella scena della vita.
È più facile di quanto si pensi, perché il
nostro suggeritore ci parla dentro, ci
insegna ogni cosa, ci istruisce su tutto.
Basta a volte una semplice occhiata interio-
re, un movimento del cuore, una preghiera.
p. Raniero Cantalamessa (Liberam. da Omelia)
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