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www.medjugorje.ws » Eco di Maria Regina della Pace » Eco di Maria Regina della Pace 207 (Novembre-Dicembre 2009)

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“L’eterno oggi di Dio è disceso nel-
l’oggi effimero del mondo e trascina il
nostro oggi passeggero nell’oggi peren-
ne di Dio.
Dio è così grande che può farsi picco-
lo. Dio è così potente che può farsi iner-
me e venirci incontro come bimbo indi-
feso, affinché noi possiamo amarlo.
Dio è così buono da rinunciare al suo
splendore divino e discendere nella stal-
la, affinché noi possiamo trovarlo e per-
ché così la sua bontà tocchi anche noi,
si comunichi a noi e continui ad opera-
re per nostro tramite. Questo è Natale”.
anonimo
Messaggio del 25 settembre 2009:
“Cari figli, lavorate assiduamente e
con gioia sulla vostra conversione.
Offrite tutte le vostre gioie e tristezze al
mio cuore Immacolato così che io vi pos-
sa guidare tutti al mio carissimo Figlio
affinché nel suo cuore troviate la gioia.
Sono con voi per istruirvi e guidarvi ver-
so l’eternità. Grazie per aver risposto
alla mia chiamata”.
Lavorare
sulla propria conversione
La conversione alla quale Maria ci invi-
ta (è il quinto appello in questi ultimi otto
messaggi) è necessaria alla nostra vita,
indispensabile perché questa non venga
appiattita alla dimensione fisica o biologica
ma elevata all’eternità alla quale Dio l’ha
chiamata. A scanso di equivoci è bene riba-
dire che la nostra terrena esistenza non è
soltanto qualcosa che prepara alla vita eter-
na, intesa come vita dopo la morte; la vita
eterna comincia in questo mondo, è vita
nello Spirito Santo, è vita vissuta nella gra-
zia di Dio. Questa consapevolezza deve
illuminare ed orientare le nostre azioni, le
nostre scelte, le nostre relazioni, i nostri
programmi, tutto ciò che pensiamo, faccia-
mo, programmiamo, temiamo, speriamo…
Dobbiamo, giorno dopo giorno, cammi-
nare con Dio, respirare il suo Santo Spirito,
perché progressivamente, ma con progres-
sione continua ed inarrestabile, Gesù viva
in noi. Questo è vivere la conversione alla
quale Maria ci chiama.
Non si tratta di un cammino facile, non
si tratta di una scelta fatta una volte per tut-
te, ma di una pratica che si esplica in ogni
circostanza, e che richiede umiltà, vigilan-
za, determinazione e soprattutto abbandono
fiducioso alla Volontà del Padre. Cari figli,
insistentemente lavorate con gioia sulla
vostra conversione
. Così ci esorta Maria
ed è un invito quanto mai accorato e trepi-
do. Attenti al lavoro che assicura la nostra
sussistenza materiale, non siamo altrettanto
solleciti nel riconoscere l’importanza di
questo lavoro al quale Maria ci invita;
eppure è proprio questo il lavoro che
costruisce la nostra eternità; ogni altro lavo-
ro ha una finalità ben più limitata, pur nella
sua importanza o necessità.
Dunque lavorare sulla nostra conver-
sione, ma non solo; occorre lavorare insi-
stentemente
, cioè con assiduità, con deter-
minazione, con impegno ed ancora non
basta; Maria chiede anche di lavorare con
gioia
. Non è richiesta esosa, anzi sottolinea
la caratteristica di tutto ciò che si fa per
puro amore. E si tratta di vera gioia, di gioia
pura, perché in questo caso non assaporia-
mo soltanto l’amore umano ma addirittura
l’Amore di Dio! Ed in questa esperienza si
radica e cresce la nostra conversione. In
questo cammino Maria è con noi: Sono con
voi per insegnarvi e guidarvi verso l’eter-
nità
. Che altro aspettiamo? Non accada
anche a noi oggi di non riconoscere il tem-
po in cui siamo stati visitati
(cfr Lc 19, 41-
44)! Maria non solo ci richiama ma ci sug-
gerisce anche una via concreta per lavorare
alla nostra conversione: Offrite tutte le
vostre gioie e tristezze al mio cuore
Immacolato
.
Offriamo a Maria quanto Lei ci chiede e
sia una offerta d’amore, un dono da figli
amanti, ed insieme a ciò che ci chiede
anche tutto ciò che urge nel nostro cuore,
perché tutto di noi sia purificato dalla sua
Immacolatezza, e così Lei ci possa guida-
re tutti al suo Figlio prediletto affinché
nel suo cuore troviamo la gioia
È in Gesù che possiamo conoscere la
gioia, quella vera, quella non effimera, per-
ché risiede nella comunione con Gesù e non
può essere intaccata dalle circostanze della
vita. Questa è la gioia che ci accompagna
anche nelle difficoltà e nelle tristezze, quel-
la che ci permette di annunziare l’Amore di
Dio anche nella notte più profonda!
Nuccio Quattrocchi
Messaggio del 25 ottobre 2009:
“Cari figli, anche oggi vi porto la mia
benedizione e vi benedico tutti e vi invito
a crescere su questa strada che Dio ha
iniziato attraverso di Me per la vostra
salvezza. Pregate, digiunate e testimonia-
te con gioia la vostra fede, figlioli, e il
vostro cuore sia sempre riempito di pre-
ghiera. Grazie per aver risposto alla mia
chiamata”.
La strada
che Dio ha iniziato
È questo un messaggio da ascoltare e
meditare come tutti gli altri, ma da conser-
vare in cuore con particolare cura perché
reca un seme che sembra promettere una
fioritura finalmente vicina: la conclusione
della strada che Dio ha iniziato attraver-
so Maria
.
Come sempre, ma stavolta sento il
dovere di dichiararlo esplicitamente, ricor-
ro all’intercessione di Maria perché le mie
parole non siano di disturbo alle sue.
Cari figli, anche oggi vi porto la mia
benedizione e vi benedico tutti e vi invito
a crescere su questa strada che Dio ha
iniziato attraverso di Me per la vostra
salvezza.
Anzitutto la sua benedizione.
Essa è dono grande, da non sottovalutare
minimamente. La sua benedizione consente
di cominciare la strada per chi non è anco-
ra in cammino, di procedere per chi è già
per la via, di correre per chi è già vicino alla
meta; ed in effetti la sua benedizione è per
tutti
e tutti ne abbiamo bisogno. Perché
questa è una strada che non rimane fuori di
noi ma che fa parte di noi, della nostra per-
sona e della nostra natura più vera che è
divina e non terrena, che è eterna.
Dobbiamo crescere come figli di Dio,
dobbiamo crescere da figli di Dio. E chi
meglio di Maria può esserci Madre? Vi
invito a crescere su questa strada che Dio
ha iniziato attraverso di Me per la vostra
salvezza
. Questa strada ininziata da Dio
attraverso di Lei, questa strada che è Maria,
è la strada per la quale Dio è venuto nel
mondo, è nato nell’Uomo, è la strada attra-
verso la quale il mondo troverà la salvezza.
“Per mezzo di Maria ebbe inizio la salvez-
za del mondo; ancora per mezzo di Maria
deve avere il suo compimento” (S. Luigi
Maria Grignon da Montfort: Trattato della
vera devozione a Maria
, tesi 49). Questa
strada è la stessa che passa da Lourdes, da
Fatima, da Medjugorje e da tanti altri posti
sparsi nel mondo, più o meno noti, ufficial-
mente riconosciuti o meno, ma sempre sal-
vifici quando da Lei visitati.
Già nei messaggi del 25 agosto e del 25
settembre dell’anno 1991, Maria fa riferi-
mento a Fatima dichiarando, nel primo, di
voler compiere a Medjugorje quanto inizia-
Novembre - dicembre 2009 - Edito da Eco di Maria,Via Cremona, 28 - 46100 Mantova - TEL. 0039/338.6708931
A. 25, n. 11 - 12
Sped. a.p. art. 2, com. 20/c, leg. 662/96 filiale di MN - Autor. tribun. MN: 8.11.86, ccp 14124226
207
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to a Fatima e chiedendo nel secondo di aiu-
tare il trionfo del Suo Cuore Immacolato.
Questa strada incominciata da Dio sarà
da Lui portata a termine; Cristo tornerà,
secondo la Scrittura, e Dio abiterà con gli
uomini ed asciugherà ogni lacrima dai loro
occhi e non vi sarà più la morte né lutto né
lamento né affanno, perché le cose di prima
sono passate
(cfr Ap 21, 3-4).
Pregate, digiunate e testimoniate con
gioia la vostra fede, figlioli, e il vostro
cuore sia sempre riempito di preghiera.
Fin dai primi giorni della sua presenza a
Medjugorje Maria ci invita alla preghiera
ed al digiuno ma molti di noi trascuriamo di
realizzarli o li riduciamo a tributo esteriore
che non coinvolge il cuore. Curiamo di non
ridurre la preghiera ad espressione verbale
che nasce dalle labbra e lì si arresta, ma fac-
ciamone un moto del cuore che si esprima
magari senza parole ma con gemiti d’amo-
re. Il nostro cuore sia sempre riempito di
preghiera
, perché abbiano ali le parole
articolate dalle labbra.
N.Q.
“Africa, coraggio
alzati e cammina!
Con queste parole si conclude il lungo
Messaggio rivolto a tutti, in cui vescovi
hanno sintetizzato il frutto delle loro rifles-
sioni e i loro propositi da realizzare nelle
diocesi da adesso in poi... Riportiamo alcu-
ni brani particolarmente suggestivi per esse-
re anche noi partecipi della sorte di questa
terra straordinaria che, chissà perché, è des-
tinata da secoli a portare croci pesantissime.
“Viviamo in un mondo pieno di
contraddizioni e in piena crisi. La scienza
e la tecnologia fanno passi da gigante in tut-
ti gli aspetti della vita, fornendo all’umanità
tutto ciò che occorre per fare del nostro pia-
neta un luogo meraviglioso per tutti noi.
Tuttavia situazioni tragiche di rifugiati,
povertà estrema, malattie e fame uccidono
tuttora migliaia di persone ogni giorno.
In tutto questo, l’Africa è la più col-
pita. Essa è ricca di risorse umane e natura-
li, ma molti del nostro popolo sono lasciati
a dibattersi nella povertà e nella miseria, in
guerre e conflitti, fra crisi e caos. Molto
raramente tutto ciò è causato da disastri
naturali. Piuttosto è dovuto in larga misura
a decisioni e azioni umane di persone che
non hanno nessuna considerazione per il
bene comune e ciò spesso per tragica com-
plicità e cospirazione criminale tra respon-
sabili locali e interessi stranieri.
Ma l’Africa
non deve dispera-
re
. Le benedizioni
di Dio sono ancora
abbondanti e
aspettano di essere
sfruttate con pru-
denza e giustizia a
favore dei suoi
figli… Ci sono
molte buone noti-
zie in diverse parti
dell’Africa. Ma i mezzi di comunicazione
moderna spesso prediligono le cattive noti-
zie e sembrano concentrarsi sulle nostre
disgrazie e difetti, piuttosto che sugli sforzi
positivi che stiamo compiendo. Nazioni
sono uscite da lunghi anni di guerra e si
muovono gradualmente sui sentieri della
pace e della prosperità. … Invitiamo tutti
indistintamente a collaborare per raccoglie-
re le sfide della Riconciliazione, della
Giustizia e della Pace in Africa. Molti stan-
no soffrendo e morendo: non c’è tempo da
perdere.
Invitiamo tutti a lasciarsi riconciliare
con Dio. È questo che apre la via alla ricon-
ciliazione vera fra persone. È questo che
può spezzare il circolo vizioso dell’offesa,
della vendetta e del contrattacco. In tutto
questo, la virtù del perdono è cruciale,
anche prima di qualsiasi ammissione di col-
pa. Quelli che dicono che il perdono non
funziona, dovrebbero provare a vendicarsi
e vedere cosa succede. Il vero perdono pro-
muove la giustizia del pentimento e della
riparazione, che conducono a una pace che
va alle radici del conflitto e che fanno di
quanti erano vittime e nemici, degli amici,
fratelli e sorelle. Poiché è Dio che rende
possibile questo tipo di riconciliazione.
Molti figli e figlie d’Africa hanno las-
ciato la loro casa per cercar dimora in
altri continenti.
Molti di loro stanno bene
e contribuiscono validamente alla vita del
loro nuovo paese di residenza. Altri lottano
per sopravvivere. Li raccomandiamo tutti
all’adeguata attenzione pastorale della
Chiesa, Famiglia di Dio, dovunque siano.
«Ero straniero e mi avete accolto» (Mt 25,
35) non è solo una parabola circa la fine del
mondo, ma è anche un dovere da soddisfa-
re oggi.
L’Africa ha bisogno di politici santi
che sgombreranno il continente dalla corru-
zione, che lavoreranno per il bene della
gente e che sapranno come galvanizzare
altri uomini e donne di buona volontà al di
fuori della Chiesa ad unirsi contro i mali
comuni che assillano le nostre nazioni.
La famiglia di Dio si estende al di là
dei confini visibili della Chiesa, essa
include l’umanità intera. Quando pensiamo
ad argomenti come riconciliazione, giusti-
zia e pace, tutti ci incontriamo al livello più
profondo della nostra comune umanità.
Questo progetto riguarda tutti e richiede
un’azione comune. Noi allora alziamo la
nostra voce per un appello a tutti gli uomi-
ni e donne di buona volontà. In modo parti-
colare ci rivolgiamo a coloro con i quali
professiamo la stessa fede in Gesù Cristo, e
anche a uomini e donne di altre fedi.
Le società multinazionali devono ces-
sare la devastazione criminale dell’am-
biente
per il loro ingordo sfruttamento del-
le risorse naturali. È una politica miope
quella di fomentare guerre per ottenere pro-
fitti rapidi dal caos, al prezzo di vite umane
e di sangue. È possibile che nessuno sia
capace e voglia interrompere questi crimini
contro l’umanità?
L’Africa non è impotente. Il nostro
destino è ancora nelle nostre mani. Tutto
ciò che essa chiede è lo spazio per respira-
re e per prosperare. L’Africa si è già messa
in moto e la Chiesa si muove con lei,
offrendole la luce del Vangelo. Le acque
possono essere burrascose, ma con lo
sguardo puntato su Cristo Signore (cfr. Mt
14, 28-32) arriveremo sicuri al porto della
riconciliazione, della giustizia e della pace.
Africa, alzati, prendi il tuo lettuccio
e cammina! (Gv 5, 8).
redazione
Dare voce
all’Africa
“Carissimi,
vi scrivo da Roma, dove sto partecipan-
do al sinodo dei vescovi sull’Africa. È sera
tardi.
Alzandomi stamattina, in una camera
d’albergo vicino a S. Pietro, ho avuto per
un attimo l’impressione di trovarmi
fuori posto. “In una giornata come
questa, io dovrei essere a casa mia, in
missione, a Lira, in Africa!”, ho pen-
sato istintivamente. Ma è subito pre-
valsa la consapevolezza che è proprio
l’Africa che mi ha portato a Roma.
Assieme ad altri vescovi, sono stato
infatti scelto dalla conferenza episco-
pale per rappresentare l’Uganda alla
seconda assemblea speciale del sino-
do dei vescovi per l’Africa”.
Così ci scrive p. Giuseppe Franzelli,
vescovo di Lira (Uganda), presente come
lui stesso racconta, all’Assemblea speciale
per l’Africa: un’occasione di grazia per
immergersi tra le pieghe e tra le piaghe del
continente africano che come racconta padre
Giuseppe: “è ancora afflitto da vari conflitti
armati ma ancor più da povertà, condizioni
climatiche avverse, degrado ambientale, cor-
ruzione, sfruttamento delle sue risorse natu-
rali da parte di multinazionali straniere con
la complicità di governi locali, da enormi
ingiustizie sociali, da malattie come la mala-
ria, la tubercolosi e naturalmente l’Aids, da
ricorrenti siccità e conseguenti carestie che
sono in effetti cause di ulteriori divisioni,
ingiustizie e nuovi conflitti.
Eccomi quindi a Roma, dal 4 al 25
Ottobre, con più di 240 vescovi riuniti
insieme al Papa
, per un intenso scambio di
esperienze, discussione, preghiera e discer-
nimento nel tentativo di individuare vie e
mezzi concreti per costruire la pace, ristabi-
lire la giustizia e riconciliare un continente
ferito da troppe divisioni. Per questo, non-
ostante la lontananza dalla mia gente, sono
contento di essere qui, in un momento in
cui la Chiesa universale mette l’Africa al
centro della sua attenzione”.
In SUDAN
terribili massacri di cristiani
Il Sinodo per l’Africa ha dedicato parti-
colare attenzione al Sudan, Paese diviso tra il
Nord principalmente arabo che ha imposto
la legge coranica e il Sud cristiano e animi-
sta. Si moltiplicano attacchi ai cristiani,
denuncia mons. Kussala, un vescovo del
Paese: “Il 13 agosto scorso, i ribelli sono
entrati nella chiesa della mia parrocchia ed
hanno preso tante persone in ostaggio.
Mentre fuggivano nella foresta, ne hanno
uccise sette: li hanno crocifissi agli alberi”.
Vivere il Vangelo in Sudan è una scelta
difficile, si corre il rischio del martirio: “Noi
viviamo proprio in questo senso, perché
stanno uccidendo la gente, bruciano le loro
case, le chiese: questo è martirio”. I cristiani
vivono nella paura. “Ma noi non vogliamo
morire: tutto questo rafforza la fede della
gente, la gente continua a venire in chiesa”.
Fonte: ZENIT
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All’ultimo posto
Nell’anno consacrato al sacerdozio la
Chiesa propone ai suoi figli diversi modelli
di vita sacerdotale. Ognuno di questi apre
uno spiraglio di luce su quello che è l’unico
sacerdozio: quello di Cristo, a
cui ogni battezzato partecipa
seppure in modo diverso.
Il piccolo fratello universale
Charles de Foucauld con la
sua vita semplice ci può aiutare
a cogliere alcuni elementi per
vivere un sacerdozio santo e
immacolato e così rispondere
alla voce dello Spirito e alle esi-
genze della Chiesa. Un piccolo
accenno al percorso sacerdotale
di freré Charles ci permette di
comprendere ciò che conta nel
suo sacerdozio: vivere la vita
di Cristo, imitarlo in tutto
.
Essere ultimo
In un primo momento, davanti alla pro-
posta da parte dei superiori dell’ordine dei
Trappisti di diventare sacerdote, egli rifiuta,
perché per lui essere prete non è essere
all’ultimo posto; il prete deve dirigere, inse-
gnare, ricevere onore, mentre Charles de
Foucauld vuole essere nascosto, non avere
alcun posto riconosciuto, essere socialmen-
te ultimo, diventare sempre più il povero di
Gesù e riprodurre dentro di sé il silenzio di
Nazareth. In fondo vuole vivere quello che
insegna il vangelo; il suo unico metro di
misura per rapportarsi con Dio e con i doni
di Dio: “scegliere l’ultimo posto”.
«Sedutosi chiamò i dodici e disse loro:
Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di
tutti e il servitore di tutti» (Mc 9, 35).
«Un discepolo non è più grande del
maestro, nè un servo è più grande del suo
signore; è sufficiente per il discepolo diven-
tare come il suo maestro e per il servo come
il suo signore» (Mt 10, 24-25).
«E non fatevi chiamare “guide”, perché
uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra
voi è il più grande, sarà vostro servo; chi
invece si esalterà, sarà umiliato e chi si
umilierà sarà esaltato» (Mt 23, 11-12).
Infine nel vangelo di Luca, in cui si par-
la specificatamente della scelta dei posti,
Charles de Foucauld comprende tre cose
fondamentali: «… non metterti al primo
posto … cedigli il posto … va’ a metterti
all’ultimo posto …»
(Lc 14, 7-11).
Però succede che a Nazareth, dopo
diverso tempo trascorso nella preghiera e
nella riflessione, il 26 Aprile 1900, egli
accetta il sacerdozio. Comprende che è
conciliabile con la povertà e con l’ultimo
posto tanto bramato, anzi ne è l’imitazione
più perfetta di Gesù. Quando Charles si
pone davanti al sacerdozio e si lascia inter-
rogare da esso, avviene una svolta nella sua
vita, che consiste non tanto nell’ordinazio-
ne sacerdotale in quanto tale ma in una
comprensione più profonda del suo vivere
per Cristo.
Anche a noi quest’anno dedicato al
sacerdozio - in cui tutti i fedeli sono coin-
volti - ci offre la possibilità di dare una svol-
ta alla nostra vita, proprio come è successo
a Charles de Foucauld. La grazia di que-
st’anno ci deve introdurre nel mistero di
Cristo sommo sacerdote, il quale ci aiuta a
celebrare con lui il nostro culto santo, spiri-
tuale e gradito a Dio (cfr. Rm 12). Ogni cri-
stiano è segnato con l’unzione sacerdotale
affinché possa
stare davanti a
Dio Padre offren-
do a lui la propria
vita per divenire
canale del suo
amore misericor-
dioso verso ogni
realtà.
Ogni svolta è
una conversione,
un ritorno all’es-
senziale e Charles
de Foucauld ci
insegna con la sua
esperienza a recu-
perare alcuni tas-
selli molto impor-
tanti per la vita spirituale senza i quali si
rischia di vivere una vita di fede appiattita
nel devozionalismo e non centrata nella
potenza del Cristo Risorto.
Vittima con Gesù
La prima ragione che spinge Charles de
Foucauld a pensare al sacerdozio è
l’Eucaristia; egli però non si percepisce
come un moltiplicatore di riti ma come lui
stesso dice: offrire Gesù al Padre sull’altare
per la sua gloria e la salvezza degli uomini
nella santa Eucaristia, come egli si è offer-
to nella cena
significa anche che i preti
devono offrirsi con Gesù sulla croce, sof-
frendo, con Gesù, l’agonia, la passione e la
morte nella misura in cui piacerà a Gesù di
chiamarli a dividere il suo calice e a essere
vittime con lui.
Il tutto si riassume nel dire
che anche sull’altare il sacerdote deve pren-
dere l’ultimo posto ossia quello del crocifis-
so, dell’agnello immolato, donando se stes-
so per il gregge che Dio gli ha affidato.
Charles de Foucauld rifiuta il primo
posto - che molti cercano per pura ambizio-
ne umana o in quanto posto di comando per
dirigere i fedeli secondo il proprio modo di
vedere - perché percepisce che il potere
sacerdotale che gli viene conferito dallo
Spirito di Dio è per il servizio dei poveri di
Jahvè
, che hanno bisogno che il sacerdote
offra se stesso unito alla vittima pasquale
per aprire la strada non con le parole ma
con la potenza del sacrificio di Cristo ope-
rante in loro.
Il grano che non marcisce
Altra cosa che freré Charles comprende
bene è che il sacerdozio esige una donazio-
ne assoluta a Gesù: il martirio
. Il vero
martire è colui che dà la vita con amore e il
sacerdozio non può essere staccato da que-
sta realtà altrimenti si è staccati dalla
Vittima.
Prima di essere ucciso, freré Charles era
intento a scrivere ad una cugina alla quale
era molto legato. Nella lettera faceva riferi-
mento al brano del vangelo in cui si parla
del chicco di grano: «Se il chicco di grano
non muore non porta frutto» (Gv 12,24).
Stare all’ultimo posto significa vivere la
dinamica del chicco di grano; se il sacerdo-
te non vive questa dinamica di trasforma-
zione rischia di marcire anziché crescere
nel grande dono che Dio gli ha affidato.
Dio non vuole super uomini, e freré
Charles non lo era; ma vuole uomini che
sanno stare al proprio posto. Questo posto è
la pienezza e l’armonia di tutto l’essere nel-
la sua totalità; per cui beato l’uomo che sa
cercare in tutto la volontà di Dio, che sa
sfuggire ogni falsità, ipocrisia, orgoglio,
superbia, tutte cose che fanno marcire il
chicco di grano. Direbbe frerè Charles: bea-
to chi sa scegliere l’ultimo posto perché in
esso dimora Dio e chi trova Lui trova tutto.
Tutti gli uomini sono di Dio
Infine il buon Charles comprende che il
sacerdozio richiede una carità universale,
una consacrazione incondizionata a tutti gli
uomini. Nel suo bisogno di imitare Cristo,
egli si apre ai mussulmani e in particolare
alla tribù dei Tuareg, affinché anche questi
siano ricapitolati in Cristo, e lo fa con l’e-
sempio, il silenzio, la gioia, la disponibilità,
la fiducia; nella totale semplicità annuncia-
va il vangelo attraverso le virtù. Non erano
importanti le parole ma che la Parola vives-
se in lui.
Se Dio attraverso la Chiesa ci invita a
riflettere sul sacerdozio è perché vuole
risvegliare il suo popolo sacerdotale (sia
esso ministeriale che regale), vuole liberar-
lo dallo spirito del mondo per donargli il
suo Spirito, vuole aprirlo alla carità univer-
sale, intesa come servizio all’intera crea-
zione sparsa per l’universo. Dio, che è
Padre, ci aiuti a riconoscere e a vivere que-
sto tempo di grazia. I suoi santi, insieme a
Maria Santissima, intercedano per ognuno
di noi, affinché ciascuno dica il suo “si” a
Dio e alla sua opera.
Antonio Gacioppo
I laici “corresponsabili” del clero
Uno sguardo nuovo per i laici nella
Chiesa lo offre Benedetto XVI in occasio-
ne di un Convegno a Roma di qualche tem-
po fa. Ricordando nel suo intervento i frut-
ti del Concilio Vaticano II, il Papa ha tutta-
via evidenziato la costante tendenza ad
identificare la Chiesa con la gerarchia
.
In particolare, il Pontefice ha segnalato
il pericolo di una visione puramente socio-
logica della nozione di Popolo di Dio,
osservando che il Concilio non ha inteso
provocare una frattura, un’altra Chiesa,
“ma un vero e profondo rinnovamento, nel-
la continuità dell’unico soggetto Chiesa,
che cresce nel tempo e si sviluppa, rima-
nendo però sempre identico, unico soggetto
del Popolo di Dio in pellegrinaggio”.
“Ciò esige un cambiamento di menta-
lità riguardante particolarmente i laici
ha sottolineato il Santo Padre –, passando
dal considerarli ‘collaboratori’ del clero a
riconoscerli realmente ‘corresponsabili’
dell’essere e dell’agire della Chiesa, favo-
rendo il consolidarsi di un laicato maturo
ed impegnato”.
redazione
I l S a c e r d o z i o i n p r i m o p i a n o
3
Eco 207
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Nell’ora
della nostra morte...
di Stefania Consoli
Maria, ave! Ti saluto, ricolma di ogni
grazia e ti prego: ricordati di me, soprattut-
to in quell’ora in cui lascerò il mio corpo…
Lo ripetiamo tutti, forse con un pò di
distrazione, quasi senza ascoltare le parole
che noi stessi pronunciamo. Ma la Vergine
invece è attenta, e ogni volta che recitiamo
l’Avemaria ascolta il nostro timore: non
lasciarci soli quando il respiro non si può
più trattenere; quando l’ignoto prenderà il
posto di un’esistenza cara e
conosciuta…
Ma se quel momento ci
appare lontano (l’uomo per
natura rimuove l’idea della
morte), tante sono le morti che
quotidianamente ci tocca
affrontare, più o meno consa-
pevolmente. Facciamoci caso.
Non è forse un morire
l’accettare benevolmente delle
situazioni che ci sono avverse? Non è una
vera e propria morte lasciare persone ama-
te, luoghi sicuri, vecchie abitudini per
seguire quelle brusche sterzate che la vita
ogni tanto ci propone? E cosa avviene
quando vorremmo gridare le nostre ragioni
di fronte a ciò che riteniamo ingiusto, e
invece scegliamo di accantonare lo sdegno
per far posto al perdono? Morte è anche
quando ci sentiamo sconfitti, delusi, abban-
donati… Madre mia, stai con me in quei
momenti. Senza il tuo aiuto mi sento perso.
Ciò che prima andava bene improvvisa-
mente non è più, ed io non sono
Di fronte alla morte che nei diversi aspet-
ti ci minaccia, istintivamente ci difendiamo:
siamo creati per la vita, non per la distruzio-
ne; per questo nasce ribellione in tutte le
nostre membra! Eppure è proprio l’annienta-
mento che Dio ha scelto come strada mae-
stra; stoltezza per la mente umana, e tuttavia
somma sapienza poiché preludio di vita
risorta. In modo sorprendente Cristo ha cam-
biato segno alla morte: togliendole il caratte-
re della definitivà, l’ha resa un semplice pas-
saggio. Ma che ango-
scia talvolta attraversar-
lo, e che smarrimento,
che lotta si scatena in
tutto il nostro essere!
Diventa un autentico
dramma per l’uomo
vivente.
Per questo invochiamo
Maria, la madre, la
sorella, l’amica che già
abita l’eternità con il suo corpo immacola-
to. Lei ci starà accanto per insegnarci l’ab-
bandono a Dio, come in quell’ora vissuta
da suo Figlio sulla croce. Lei ci dirà come
attendere fiduciosi e quieti, come in quei
momenti in cui lei stessa moriva al suo
volere per eseguire la volontà divina. La
creatura nuova che chiede di nascere in noi
ha bisogno di queste continue morti, neces-
sarie a purificare il vecchio e a preparare la
spazio per ciò che non sarà più soggetto a
corruzione. Dobbiamo solo crederlo. Prega
per noi, allora, Maria!
Seguendo i passi
dell’Immacolata
Sembra talvolta che il peccato ci stringa
d’assedio e che il male prosperi indisturba-
to ovunque. L’umanità pare soffocata dal
disordine, dalle malattie, dalla disperazio-
ne… Noi sappiamo che tutto questo è con-
seguenza amara del peccato originale del-
l’uomo, della sua ribellione al Creatore,
che purtroppo non di rado ci tocca da vici-
no. Ci domandiamo cosa fare per essere
testimoni di una vita nuova in Gesù Cristo,
vittorioso sulla morte e sul peccato.
Il più grande desiderio di Dio è che tor-
niamo a Lui, all’armonia con Lui che prece-
deva il peccato originale. Ciò può avvenire
solo attraverso un cammino graduale di
rinuncia a noi stessi, di sacrificio, di comu-
nione autentica che ci rende puri o, meglio,
purificati, rinnovati, reintegrati nella grazia
divina che è vita. In una parola, ci rende
figli di Dio immacolati (cfr. Fil 2, 15).
Il cammino verso uno stato “immacola-
to” passa necessariamente attraverso l’of-
ferta della vita, che è il culmine del nostro
amore verso Dio, ed anche il passaggio
obbligato verso la risurrezione.
Rinunciando a disporre di noi stessi per
lasciare a Dio ogni spazio interiore, per-
mettiamo che sia Lui a vivere, pensare, agi-
re in noi e attraverso di noi. Allora ci puri-
fichiamo trasformandoci in creature nuove,
capaci di superare la logica e gli schemi
che il mondo ci impone o che noi stessi ci
fabbrichiamo, e che ci condizionano.
Questo ci permette di vivere “immaco-
lati”, capaci di elevare il nostro sguardo, e
ci apre a nuovi punti di vista dai quali
osservare la realtà. Così la nostra vista inte-
riore si fa acuta perché purificata, resa
immacolata dallo sguardo di Dio che ci
scruta e ci conosce (cfr. Sal 139).
La condizione di immacolatezza non ci
rende “superuomini”. Noi restiamo deboli
e bisognosi della grazia. Tuttavia, uniti a
Dio e donati a Lui con purezza, possiamo
vincere più facilmente la nostra inclinazio-
ne al peccato e alla ribellione, e se sbaglia-
mo, riusciamo ad amarci e a guardarci con
misericordia.
Nella sua bontà, Dio ci fa dono di
Maria, la nostra Madre immacolata, l’uni-
ca creatura immacolata fin dal suo conce-
pimento. Lei si offre per noi e con noi, e ci
apre la strada per diventare l’umanità nuo-
va in cammino verso lo stato di pienezza in
Dio.
M.A.
La devozione al Cuore
Immacolato di Maria
Per capire la devozione al Cuore
Immacolato di Maria può bastare qui una
breve indicazione. «Cuore» significa nel
linguaggio della Bibbia il centro dell’esi-
stenza umana, la confluenza di ragione,
volontà, temperamento e sensibilità, in cui
la persona trova la sua unità ed il suo orien-
tamento interiore. Il « cuore immacolato »
è secondo Mt 5, 8 un cuore, che a partire da
Dio è giunto ad una perfetta unità interiore
e pertanto «vede Dio». «Devozione» al
Cuore Immacolato di Maria pertanto è
avvicinarsi a questo atteggiamento del cuo-
re, nel quale il fiat - «sia fatta la tua volon-
tà» - diviene il centro informante di tutta
quanta l’esistenza.
«Il Mio Cuore Immacolato trionfe-
rà». È una parola chiave del «segreto di
Fatima» divenuta giustamente famosa. Che
cosa significa?
Il Cuore aperto a Dio, puri-
ficato dalla contemplazione di Dio è più
forte dei fucili e delle armi di ogni specie.
Il fiat di Maria, la parola del suo cuore, ha
cambiato la storia del mondo, perché essa
ha introdotto in questo mondo il Salvatore
- perché grazie a questo «Sì» Dio poteva
diventare uomo nel nostro spazio e tale ora
rimane per sempre. Il maligno ha potere in
questo mondo, lo vediamo e lo sperimen-
tiamo continuamente; egli ha potere, per-
ché la nostra libertà si lascia continuamen-
te distogliere da Dio.
Ma da quando Dio stesso ha un cuore
umano ed ha così rivolto la libertà dell’uomo
verso il bene, verso Dio, la libertà per il male
non ha più l’ultima parola. Da allora vale la
parola: «Voi avrete tribolazione nel mondo,
ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo»
(Gv 16, 33). Il messaggio di Fatima ci invita
ad affidarci a questa promessa.
Joseph Ratzinger
(dal: Commento teologico al messaggio di Fatima)
“E così il Figlio di Dio, pur sussi-
stendo nella forma di Dio, abbassò i cie-
li e discese presso i suoi servi… com-
piendo la cosa più nuova di tutte, l’unica
cosa davvero nuova sotto il sole, attra-
verso cui si manifestò di fatto l’infinita
potenza di Dio...
Dio vuole riposare in noi, vuole rin-
novare la natura anche tramite la nostra
conversione, vuol farci partecipi della
sua divinità”.
(BXVI, udienza gen. 6 maggio 2009)
“Regina del mio cuore, quanto
piangesti quaggiù per attirarmi a te!
Meditando attenta la tua vita
nel Vangelo, io oso guardarti
e avvicinarmi a te.
Non m’è difficile credermi figlia tua,
perché ti vedo mortale e sofferente
come me...
Tu m’appari, Maria, in vetta al
Calvario,
in piedi presso la croce
come un sacerdote all’altare; offrendo,
per placare la giustizia del Padre,
il dolce Emmanuele, il tuo diletto
Gesù. Madre desolata, l’ha detto un
profeta: Non c’è dolore, simile al tuo
dolore!
O Regina dei martiri,
restando abbandonata, tu versi per noi
tutto il sangue del tuo cuore!
Io presto ascolterò la dolce armonia
celeste: tra poco verrò a vederti in cie-
lo! Tu che mi hai sorriso nel mattino
della vita, vieni a sorridermi ancora,
Madre, ché si fa sera! ”.
Santa Teresa di Gesù Bambino
4
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Il Volto di Dio
Quando il Padre chiese al Figlio di
recarsi in terra per fare nuove tutte le cose,
disse: ti affido un compito impegnativo, è
vero, però ti offro un valido aiuto: potrai
scorgere ovunque la mia presenza, vedere
le mie sembianze, il mio Volto in tutto il
creato. In questo modo sarò con te nella
missione che ti affido. E così il Figlio, che
condivideva pienamente il desiderio del
Padre, si recò in terra e la trasformò, secon-
do il volere del Padre, e la rese tutta nuova
e bella. Allora, come per un incanto, la
conoscenza del Signore riempì tutta la ter-
ra
e si compì una trasformazione meravi-
gliosa, tale per cui il lupo dimorò assieme
all’agnello, la pantera si sdraiò accanto al
capretto, la mucca e l’orsa pascolarono
assieme, il leone si cibò di paglia, il bam-
bino si trastullò sulla buca dell’aspide
(Is
11,5) e agli uomini venne data la capacità
di fare il bene, contrariamente a prima.
Allora le persone scoprirono l’amore di
Dio in tutto il creato, che ora vedevano con
occhi nuovi, e riconobbero, con sorpresa, il
suo volto negli altri e nel creato.
Compresero la bellezza dell’universo che
videro come opera di Dio, come dono
meraviglioso del suo amore, dono da acco-
gliere e valorizzare e da scambiarsi recipro-
camente. Poi il Figlio, agli amici che chie-
devano spiegazione di questa bellezza tutta
nuova, svelò il segreto dicendo: ho amato
le persone e le cose create non per se stes-
se, ma perché vedevo in esse il Volto del
Padre, perché in esse amavo il Padre. E
così amando in esse il Padre, le ho amate di
un amore immenso, quanto è l’amore che
mi lega al Padre. È stato questo amore a far
nuove tutte le cose, non altro. Poi soggiun-
se: anche voi potrete fare altrettanto; anche
voi potrete contribuire con Me a rendere
nuove tutte le cose se scorgerete negli altri
e nel creato il Volto del Padre, se amerete
negli altri e nel creato il Padre. Solo così le
vostre fatiche non saranno inutili, solo così
non terrete conto del male ricevuto. Solo
così non sarete schiavi degli idoli che vi
offrono libertà, mentre vi portano via sem-
pre qualcosa, fino a togliervi anche la vita.
Betlemme è nella gioia
Quanto è bella oggi Betlemme! È
diversa. Sembra esprimere una grande
gioia. Certamente è la gioia di Dio per il
suo ritorno in terra grazie ad una giovane
Donna. La sua gioia è incontenibile così
che la puoi scorgere ovunque, anche oltre
Betlemme.
Dio esulta per la piccola e umile
Donna che si è resa pienamente disponibi-
le alla sua venuta e così l’ha eletta a
Madre, rendendo completa la sua gioia. Sì,
la Fanciulla, divenuta Madre, consente al
suo Signore di realizzare il “sogno”: quel-
lo cioè di ritornare in terra per stare con gli
uomini, per condividere con loro la vita,
dopo la sua lontananza a causa dell’antico
rifiuto.
Dio ha atteso tanto questo momento
perché ha sempre desiderato ritornare in
terra da quando l’uomo lo respinse, da
quando l’uomo preferì rifiutare il paradiso
terrestre, quel paradiso che la presenza di
Dio aveva appunto realizzato in terra.
Ora il grembo di una giovane Donna lo
ha riportato tra noi e riposa Bambino in
una mangiatoia, dentro ad una stalla, resa
tutta bella dalla presenza del Figlio e della
Madre. Ma non rattristiamoci se il Figlio è
stato “costretto” a nascere in una stalla. A
Lui certamente va molto bene anche una
stalla pur di abitare con noi. Rattristiamoci
piuttosto se i nostri cuori non lo accolgo-
no, se rifiutano di incontrare Lui, che è
Dio, venuto apposta per stare con noi.
Questo suo amore per l’uomo non lo
abbandonerà mai, nemmeno nei momenti
più difficili, nemmeno sulla croce al punto
da dire: “Ho sete”, sete non di acqua ma di
amicizia dell’uomo...
Il Bambino che viene in questo Natale
forse ci ricorda proprio questo: il costante
desiderio di Dio di stare con noi, di condi-
videre con noi la sua gioia. Non dimostria-
moci, allora, indifferenti alla sua venuta,
ma disponiamoci pronti ad accoglierlo. La
Madre, che gioisce con il Figlio e con noi,
ci aiuti ad accogliere sempre con prontez-
za il Bambino, in qualunque momento
Egli venga.
P
ENSIERI SEMPLICI
di Pietro Squassabia
Si può dare il paradiso!
“Non si può incontrare Gesù per cono-
scerlo, amarlo, imitarlo, senza un ricorso
concreto, costante, ostinato al vangelo; sen-
za che questo ricorso faccia intimamente
parte della nostra vita; e così ogni piccola
azione è un avvenimento immenso nel qua-
le ci viene dato il paradiso, nel qual possia-
mo dare il paradiso. Non importa quel che
dobbiamo fare: tenere in mano una scopa o
una stilografica. Parlare o tacere, rammen-
dare o fare una conferenza, curare un mala-
to o battere a macchina. Tutto ciò non è la
scorza della realtà splendida, l’incontro del-
l’anima con Dio rinnovata ad ogni minuto,
che a ogni minuto si accresce in grazia,
sempre più bella per il suo Dio.
Cercare la radicalità del vangelo in
mezzo ai bisognosi, gente che deve essere
incontrata con dolcezza. Ma cos’è la dol-
cezza? È ciò che riesce a toccare senza feri-
re, accompagnato dalla gioia. Ecco quel
paradiso ricevuto nella preghiera e donato
nell’incontro. Non ci è domandato di esse-
re forti nei momenti di sofferenza. Non si
chiede al grano quando lo si macina di esse-
re forte, ma di lasciare che la macina del
mulino ne faccia della farina”.
Madeleine Debrel (1904-1964)
La liturgia suggerisce…
La nostra offerta immacolata attualizza la Parola
L’Ordinamento delle Letture per la Messa invita i fedeli a dare una risposta fat-
tiva alla Parola ascoltata non solo con la preghiera ma anche con “l’offerta di se
stessi”
. Questa espressione richiama le parole di Maria e la sua totale disponibilità
al progetto di Dio: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che
hai detto» (Lc 1,38).
Questa fondamentale disposizione spirituale, da stimolare durante lo svolgimento
della liturgia della parola, esplode in pienezza nella seconda parte della Messa – la
liturgia eucaristica – e precisamente nella Preghiera eucaristica, della quale un ele-
mento principale è l’offerta: “…la Chiesa, in modo particolare quella radunata in quel
momento e in quel luogo, offre al Padre nello Spirito Santo la vittima immacolata.
La Chiesa desidera che i fedeli non solo offrano la vittima immacolata, ma
anche imparino ad offrire se stessi” (Principi e Norme per l’uso del Messale
Romano 55f). Nell’Eucaristia tutte le potenzialità della parola di Dio, proclamata
nella prima parte della Messa, raggiungono così la pienezza di realizzazione. Di
conseguenza anche la risposta alla Parola raggiunge il massimo di espressione.
(tratto da: Il rito della Messa – don Ferdinando C.)
Messaggio a Mirjana del 2 ottobre 2009
“Cari figli, mentre vi guardo, il cuore
mi si stringe dal dolore. Dove andate, figli
miei? Siete così immersi nel peccato che
non sapete fermarvi? Vi giustificate col
peccato e vivete secondo esso.
Inginocchiatevi sotto la croce e guar-
date mio Figlio. Lui ha vinto il peccato ed
è morto affinché voi, figli miei, viviate.
Permettete che vi aiuti perché non moria-
te, ma viviate con mio Figlio per sempre.
Vi ringrazio!”.
Forse il nostro “passo” collettivo è così
spedito che sembra impossibile arrestarsi,
tanto che Maria è costretta a chiedercelo:
Dove andate figli miei? …non sapete fer-
marvi?
Sarebbe onesto rispondere con la
verità: “No, Madre, non riusciamo a fer-
marci, perché ormai questa folle corsa che
coinvolge l’umanità impazzita muove auto-
maticamente i nostri passi e noi non ci
accorgiamo più dove ci portano...”.
Che dramma! Questo è il vero peccato:
l’uomo creato a immagine di Dio, provvisto
di intelligenza e di uno spirito capace di
comunicargli la Sapienza divina, non è più
padrone di se stesso e non sa più controllare
le forze oscure che lo muovono. Il peccato ci
rende ciechi e noi, per giunta, lo prendiamo
a nostro difensore: vi giustificate col pecca-
to,
commenta Maria, stretta nel suo manto di
Addolorata. Così, mentre il peccato ci fa
schiavi, noi continuiamo a correre verso un
baratro di alienazione, di morte.
Ma c’è un luogo, una sosta dove Maria
offre appuntamento. Lei c’è già, eretta,
ormai da duemila anni; e veglia. Da sotto la
croce di Gesù, Maria ci guarda e ci propo-
ne di guardare il Figlio: un gioco di sguar-
di che salva, che crea legami di comunione
in cui il Male non può entrare perché scor-
re amore puro, scorre lo Spirito, che è solo
vita, vita per sempre. Chiediamo al nostro
orgoglio di piegare le ginocchia. È l’unico
modo per fermarsi. Solo così potremo final-
mente aprire gli occhi e comprendere dove
davvero stiamo andando.
S.C.
5
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Approvati
a
tutti i costi
Medjugorje criticata? Meno male!
Medjugorje attaccata ed incompresa? Dio
sia benedetto! Medjugorje oggetto di
calunnie e maldicenze, sulla bocca di tutti?
Grazie al cielo!
Chi crede che un evento così importan-
te e decisivo possa avere vita facile, plauso
e consenso umano, probabilmente è un illu-
so, e comunque non considera abbastanza
la via tracciata da Gesù, che ha scelto di
essere pietra di inciampo, che ha vissuto
per morire in croce, scandalo per i pagani e
stoltezza per i giudei; che ha proposto ai
suoi la persecuzione, ignominia per lo stes-
so Pietro, capo degli apostoli… Eppure
solo questo conta per i discepoli di Cristo.
Non certo come causa di sofferenza fine a
se stessa, è ovvio, ma come unica via di
salvezza, di risurrezione.
E allora perché affannarsi intorno alle
dicerie? Perché agitarsi se non si è compre-
si, o peggio, vilipesi? Perché volere a tutti i
costi che la realtà Medjugorje venga rico-
nosciuta per sentirsi a posto, invece di
preoccuparsi di essere noi stessi ricono-
sciuti
da Dio come coloro che seguono
davvero la strada di suo Figlio, l’oltraggia-
to
per eccellenza, ma anche Verità unica ed
ultima?
Molti, troppi compromessi prendono
posto nel cuore e nelle abitudini di chi ha
accolto la presenza di Maria a Medjugorje:
pur di essere accettati si acconsente di tace-
re, di mascherare, di confinare in blande
devozioni quello che invece dovrebbe esse-
re un cammino appassionato e radicale alla
scuola della Regina della Pace; tenera ma
anche inflessibile nelle sue richieste di con-
versione assoluta, senza mezze misure.
Da una parte ci attirano le promesse del
Cielo, dall’altro vorremmo che ci fossero
offerte su un vassoio d’argento!
Decidiamoci. La strada proposta della
Vergine è un’altra. Lei non è la “mammina
celeste” che vuole farci rimanere bambini,
disposti ad andare a Medjugorje solo per
succhiare caramelle e sentirsi bene; solo per
avere sensazioni straordinarie da raccontare
al rientro ai colleghi o alle amiche o per
essere parte di un Movimento che ci fa sen-
tire meno soli. Maria è venuta a porre fine a
qualsiasi accomodamento che strumentaliz-
za la grazia per interessi umani, per piccoli
tornaconti di potere, di affermazione sugli
altri, e persino di profitti economici…
La stampa, i mass media diffondono
valutazioni sfavorevoli? Allora per avere
vita facile gli porgiamo con estrema disin-
voltura capri espiatori perché siano lapida-
ti: “…è conveniente che un solo uomo
muoia per il popolo…”, (cfr. Gv 18,14),
nella speranza che una volta spenti i riflet-
tori sulla vittima di turno, tutto ritorni quie-
to come prima e noi ricominciamo a fare i
buoni con la nostra Madonnina.
Figli maturi, cresciuti, temprati nelle
prove e pronti ad affrontare insieme a Lei la
battaglia contro le tenebre del Male che
incombono sull’umanità. Ecco chi chiama
Maria. Persone disposte a lasciarsi cambia-
re a trecento sessanta gradi nel modo di
fare, nella mentalità, per assumere lo stile
di Cristo, l’Agnello immolato che si offre
senza condizioni (e compromessi) al Padre,
passando per le mani degli aguzzini. Il suo
corpo verrà distrutto, si tenterà di cancel-
larne il ricordo, ma niente e nessuno potrà
far tacere la Verità che ormai da secoli con-
tinuamente risorge e si afferma sulle men-
zogne del Maligno.
Così anche noi, i “cari figli” di Maria.
Non occupiamoci degli uomini, di quello
che possono dire, delle loro approvazioni,
delle loro minacce, delle possibili condan-
ne. La grazia di questi tempi è molto velo-
ce e si affretta a realizzare i piani che Dio
ha stabilito in modo irreversibile. Non con-
sente ritardi, né ripensamenti. Sta a noi
metterci al passo, per godere anche della
gioia del traguardo. Non rischiamo di rima-
nere indietro.
La storia della salvezza è ancora in atto,
e sempre nuova la grazia che Dio concede
per portarla a compimento: «Completo nel
mio corpo ciò che manca ai patimenti di
Cristo, a favore del suo corpo che è la
Chiesa», scriveva san Paolo (Col 1,24). E
allora perché accomodarsi pigramente e
accontentarsi di piccole gratificazioni reli-
giose,
invece di rispondere con generosità a
chi ci chiama: Eccomi, Signore, manda me!
Il bisogno
di
pregare
Chi torna da Medjugorje di solito si
porta a casa un desiderio che in qualche
modo la grazia di quel luogo ha trasforma-
to in una vera e propria urgenza: pregare!
Nel tempo trascorso in chiesa a recitare
il rosario insieme a molti altri, o in silenzio
sul monte delle apparizioni, oppure arram-
picandosi sul Monte che segna la Via cru-
cis, i pellegrini entrano in una dimensione
che li avvolge e li attira nel profondo della
propria anima; una dimen-
sione in cui si sta bene per-
ché è presente Dio; una
dimensione in cui il morso
del quotidiano
tende a
scomparire per fare posto
ad una calma tutta donata,
che ha il gusto silenzioso
del paradiso. E mentre lo
spirito si dilata, la mente si
apre a comprendere le real-
tà del cielo senza sforzo,
quasi vedesse delle imma-
gini scorrere sullo scher-
mo, mentre il cuore come
una pellicola, registra le
visioni e le racchiude in sé.
Questo è l’uomo che
prega. Questo è l’uomo
che si lascia afferrare da
una presa invisibile che lo colloca su un pia-
no in cui è facile ascoltare la voce di Dio, in
cui è normale considerare prossimi gli
angeli, gli arcangeli, i santi del cielo, con i
quali colloquiare in confidente intimità.
Pregate, pregate, pregate… raccoman-
da Maria. Perché lei sa cosa vuol dire vive-
re la realtà semplice di ogni giorno, immer-
si in questo stato di grazia capace di trasfi-
gurare ogni istante, anche quelli spiacevoli,
che così rimangono al loro posto senza cat-
turare troppo la nostra attenzione e il nostro
tempo. Pregate! ci chiede. E noi ubbidien-
ti, preghiamo. Sì, ma qual è la preghiera
“secondo Maria”?
Come dicevamo, a Medjugorje si è qua-
si trascinati da un flusso di preghiera che
ormai da 28 anni scorre ininterrotto attra-
verso le anime e le labbra di milioni di pel-
legrini; al ritorno a casa però il primo fervo-
re rischia di attenuarsi se non viene alimen-
tato e custodito. L’istinto allora ci porta a
“fare branco”, a cercare altre persone con
cui condividere il bisogno di immergersi in
Dio. O meglio, più che il naturale istinto, è
lo Spirito Santo - principio purissimo di
comunione - che ci orienta verso gli altri a
fare Chiesa. Moltissimi dunque, in tutto il
mondo i GRUPPI DI PREGHIERA, for-
matisi in modo naturale proprio per rispon-
dere alle esigenze di chi, reduce da
Medjugorje, desiderava continuare a prega-
re in nome della Regina della Pace.
Tentare di definire dei tratti comuni è
impossibile, vista la varietà e il numero dei
diversi gruppi; conosciamo la fonte di ispira-
zione ma non come viene interpretata. Di
sicuro l’intenzione è sempre buona e lodevo-
le, ma una domanda è giusto farsela: in que-
sti gruppi, come si prega? Forse molti
risponderebbero dicendo cosa si prega. Ma
non è lo stesso...
“Sono andata in una chiesa in cui, ogni
venerdì sera, si incontra un gruppo di
Medjugorje”, racconta Federica. “La chie-
sa era strapiena. Diversi giovani con stru-
menti musicali animavano i canti in modo
molto coinvolgente. Ma poi, quando si pre-
gava il rosario… tutta una corsa! Le
Avemaria si ripetevano velocemente, una
dopo l’altra, quasi a raffica. Non riuscivo a
stare al ritmo… mi sentivo in affanno, e
soprattutto mi chiedevo: ma come si fa a
vivere in questo modo la preghiera?
Neanche un attimo di silenzio per entrare
dentro di sé e contemplare
Dio... Che senso ha questa
fretta? Naturalmente sono
grata a questi giovani che
si impegnano in prima
persona nel servizio a tutti
noi, però questo modo di
pregare suscita solo emo-
zioni, accende l’affettività,
ma non facilita l’incontro
con Dio nello Spirito.
Insomma, ho trascorso
due ore belle, piacevoli.
Ho pregato, sì, ma dalla
chiesa non sono uscita tra-
sformata!”.
Pregate, pregate, prega-
te… Il desiderio c’è. La
buona volontà anche.
Anzi, ne sentiamo addirit-
tura il bisogno. Allora, chiediamo che sia
Maria a pregare in noi con il suo stile sem-
plice e profondo: Lei che abita la Trinità
conosce la via per entrare nel cuore di Dio.
Lasciamoci guidare come bambini, con
semplicità, senza strafare. Forse le chiese
non saranno più così strapiene, ma sicura-
mente la preghiera si eleverà nel cielo.
riflessi di luce
dalla
Terra
di
Maria
di Stefania Consoli
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A chi parla il Papa?
di Don Nicolino Mori
Un Papa così non me l’aspettavo!
Sempre gentile, sorridente e quasi timido,
che dà l’impressione di grande fragilità e
invece, quando meno te l’aspetti, in certe
occasioni importanti, mostra un coraggio e
una statura morale non comune. Lascia il
linguaggio un po’ aulico degli uomini di
Chiesa e parla chiaramente fuori dai denti.
Poveretto! Forse anche lui, a forza di
ingoiare amaro, perde la pazienza e, come
si dice, “si toglie qualche sassolino dalle
sacre pantofole”.
Cosa sta succedendo nella Chiesa?
Qui ci vuole una svolta decisa, che nel lin-
guaggio biblico si chiama “conversione”;
parola poco gradita agli occhi dell’uomo in
genere e del mondo.
Sarà per questa ragione, per il fatto che la
Madonna a Medjugorje chiede sempre e pri-
ma di tutto la conversione, che Medjugorje
provoca una vera e propria allergia
nei
nostri pastori, ben condivisa da molti sacer-
doti e laici impegnati e illuminati?
È singolare lo zelo che tanti pastori met-
tono nel combattere il “pericolo” di
Medjugorje, come se non ce ne fossero altri
più gravi… Il “pericolo” non può venire da
Colei che invita alla preghiera, a nutrirsi
della parola di Dio, a frequentare i sacra-
menti della confessione e dell’Eucaristia;
da Colei che non dice cose diverse dalla
Vergine a Lourdes e a Fatima: preghiera e
penitenza
. E se la sua presenza tra noi è
così prolungata, non è per una insolita
loquacità della Madre del Signore, ma per-
ché l’ora è grave e la sofferenza materiale e
spirituale dei suoi figli è grande.
Né si può staccare la persona di
Maria dal luogo scelto per manifestarsi;
perché la grazia segue la logica della
Incarnazione
: si fa concreta e operosa nel
tempo e nello spazio che Dio vuole e lo
Spirito Santo desidera. Neppure è giusto
trincerarsi dietro il fatto che la Chiesa non
si è ancora pronunciata. Questo stato di
attesa del pronunciamento della Chiesa non
legittima più severità e restrizioni di quanto
non faccia la Santa Sede, con casi di vero e
proprio arbitrio.
Perché i gruppi di Medjugorje per pre-
gare sono costretti a chiedere gli stadi ai
sindaci invece che le chiese ai preti? Perché
posssono parlare tutti di tutto, ma i veggen-
ti non possono dare la loro testimonianza e
sono scacciati dalle Diocesi come la peste?
Il popolo di Medjugorje (ormai 20
milioni di pellegrini) non vuole privilegi,
ma vuole gli stessi diritti degli altri fedeli e
se ci sono cose da chiarire, è ora che qual-
cuno faccia un primo e serio discernimento
sui fatti e sui frutti di Medjugorje; senza
temere di sporcarsi le mani o di rovinare la
propria carriera. A volte i peccati di omis-
sione e le soluzioni “alla Pilato” sono più
gravi di tanti altri peccati.
È qui che facendo qualche riflessione ho
trovato la risposta alla domanda: a chi parla
il Papa? Quando il 12 settembre scorso il
Papa ha ordinato alcuni nuovi vescovi e ha
consegnato loro una serie di paterne esorta-
zioni, soprattutto ad essere fedeli, prudenti e
buoni. Sottolineiamo alcuni passi e ognuno
potrà trarre le dovute conclusioni.
“Come i 72 discepoli mandati dal
Signore, il presbitero deve essere uno che
Effetto
Medjugorie
Che strano parlare di un effetto, eppure
non riesco a trovare miglior termine per
sintetizzare il mio dopo Medjugorie. Sono
ormai passati circa due mesi dal mio viag-
gio e fortunatamente come mi era stato già
preannunciato da alcuni amici e come io
stessa sento, un pezzetto della mia
Medjugorie l’ho portata a casa con me.
Qualcosa è cambiato, la quotidianità è
sempre ben condita con mille problemi e
cose da fare, ma arriva un momento la sera
dove, per l’appunto, ritrovo la mia
Medjugorie, dove riesco a respirare di nuo-
vo la pace che avevo trovato tra quei monti.
Finita la cena cominciamo ad organiz-
zarci per andare a letto, io grido: “Marco, ti
muovi?”, “Fabio, prendi Luca!”, tra il caos
più totale si cambia il pannolino, si lavano i
dentini, poi la pipì, il pigiamino e quando
siamo pronti ci infiliamo tutti dentro il let-
tone. Fino a qualche tempo fa avremmo
acceso la tv o avrei raccontato una favola,
mentre ora facciamo tutti insieme il segno
della croce e ci mettiamo a pregare; è buffo
no? Dopo sette anni di matrimonio trovarsi
a pregare il rosario con tuo marito… non ci
avevamo mai neanche pensato a dire il
rosario… poi insieme, figurarsi...!!!
Io introduco le Avemaria e Fabio e
Marco mi rispondono, mentre Luchino con
il ciucciotto in bocca sta lì ad ascoltarci in
pace e silenzio quasi come trasportato dalla
grazia che in quel momento scende nella
nostra camera da letto; puntualmente tra la
ventesima e la trentesima Ave Maria,
comincio a non ricevere più risposta: prima
crolla Marco, poi Fabio ed alla fine Luca,
mentre io finisco le mie preghiere.
Una delle tante sere ad un certo punto mi
sono chiesta: MA LA TV?, sbalorditivo… è
sempre rimasta spenta ed è strano perché
negli ultimi anni siamo sempre stati accom-
pagnati da questo elettrodomestico che ine-
sorabilmente continuava a parlare e magari
qualche volta, oltre a farti compagnia,
monopolizzava tutta la serata. Ora ascolto i
miei figli ridere, piangere, fare i capricci ed
ascolto anche il silenzio scoprendo che tal
volta ti dice più cose di una tv accesa.
Eccola qua, questa è la Medjugorie che
ho portato a casa con me e che cercherò di
mantenere con la preghiera e con l’impegno
sapendo che sarò ricompensa dalla pace e
dalla comunione con la mia famiglia e con
Dio.
Cinzia Vinchi
Il suono del silenzio
È notte. In un silenzio dove tutto tace,
anche gli uccelli si uniscono nel loro sonno
ristoratore a questo silenzio che non è silen-
zio, ma percezione di un suono appena per-
cepibile che si sprigiona dal profondo del-
l’anima, la quale vibra al pensiero che que-
sto suono possa essere percepito da Colui
che ti ha generato. Ed allora il cuore si
riscalda di un calore che è puro abbandono,
e poi batte all’impazzata… e tu cerchi di
comprimerlo per paura che possa scoppia-
re, che possa uscire dal corpo per unirsi al
cuore palpitante del Signore.
Ma al cuore non si comanda… così, in
questa comunione profonda nel suo Santo
Spirito, Dio - a cui nulla è impossibile -
attraverso di noi può di nuovo creare, gene-
rare, vivificare, entrare nei cuori ove non
c’è speranza e amore per ricreare pace e
riportarli all’equilibrio originario.
Tutto questo è possibile attraverso la
nostra unione in Dio con l’offerta della
nostra vita. Ma non da soli. Pensiamo quan-
to è grande l’essere un cuor solo ed un’ani-
ma sola
con i fratelli che Dio ci pone accan-
to! L’offerta della vita in comunione è una
preghiera di straordinaria potenza… Basta
solo offrirgli il nostro sì, determinato, sin-
cero. Dio lo utilizzerà.
Andrea Casadei
porta guarigione, che aiuta a risanare la
ferita interiore dell’uomo, la sua lontananza
da Dio”. In altra occasione il Papa spiegava
bene che la parola episcop-vescovo signifi-
ca uno che sorveglia per il bene di chi gli è
affidato; non un poliziotto o una guardia
carceraria.
Il Papa continua: “Non leghiamo gli
uomini a noi, non cerchiamo potere, presti-
gio, stima per noi stessi. Conduciamo agli
uomini verso Cristo e così verso il Dio
vivente”.
“Nella società civile e, non di rado,
anche nella Chiesa molti di coloro a quali è
stata conferita una responsabilità lavorano
per se stessi e non per la comunità”.
“La prudenza è una cosa diversa dall’a-
stuzia. Esige la ragione umile, disciplinata e
vigilante, che non si fa abbagliare da pregiu-
dizi, ma cerca la verità, anche scomoda”.
“Solo se la nostra vita si svolge nel dia-
logo con Gesù Cristo, se le sue caratteristi-
che entrano in noi e ci plasmano, possiamo
diventare servi veramente buoni”.
Siamo grati al Santo Padre per queste
utili riflessioni e anche per l’Anno
Sacerdotale da lui indetto, che ci dà modo
di pregare più intensamente per i nostri
pastori e affidarli alla Vergine Maria.
R a l l eg r a t i M a r i a !
Rallegrati... tu che ci sveli il segreto del Disegno di Dio
Rallegrati... tu che ci porti alla fiducia nel silenzio
Rallegrati... tu che sei la prima delle meraviglie del Cristo Salvatore
Rallegrati... tu che ricapitoli la ricchezza della sua Parola
Rallegrati... Colei nella quale Dio discende sulla terra
Rallegrati... Punto che unisce la terra al cielo
Rallegrati... Meraviglia inesauribile per gli angeli
Rallegrati... Ferita inguaribile per l’Avversario
Rallegrati... ineffabile Madre della Luce
Rallegrati... tu che hai serbato nel tuo cuore il Mistero
Rallegrati... nella quale è passato il sapere dei saggi
Rallegrati... nella quale è illuminata la fede dei credenti
Rallegrati... Sposa non sposata
Inno Achatistos alla Madre di Dio attribuito a Romanos il Melode (+ 560)
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Villanova M., 1° novembre 2009
Resp. Ing. Lanzani - Tip. DIPRO (Roncade TV)
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Eco su Internet: http://www.ecodimaria.net
E-mail redazione: redazione@ecodimaria.net
Il silenzio verginale di Maria
sia la nostra casa,
in cui riposare quieti per aspettare
l’Avvento del Signore.
Come una madre aperta nell’intimo
accoglie la creatura,
sia il nostro spirito attento
alla grazia che scende per fecondare
e di nuovo generare il Figlio di Dio
tra noi, nel nostro sì, nel nostro desiderio
di essere carne dell’Emanuele...
BUON AVVENTO e
BUON NATALE a tutti!
I LETTORI SCRIVONO
Don Franco Loddo da Contratación
(Guadalupe): Fratelli e Sorelle in Cristo,
da tempo non ricevo più la vostra preziosa
pubblicazione in spagnolo “María Reina de
la Paz”, e ne sento la mancanza... Fin dal
principio ho seguito lo svolgersi del feno-
meno religioso di Medjugorje che, secondo
l’opinione del Santo Padre Giovanni Paolo
II, è la continuazione di Lourdes e Fatima.
Tutte le volte che ricevo vostre notizie
le utilizzo anche per mantenere alto il fer-
vore dei nostri cari ammalati di questo
Lazzaretto, in cui noi Salesiani ci troviamo
da più di un secolo. Il culto alla Madonna,
con il titolo di “Auxiliadora del
Critistianos”, è talmente profondo nella
popolazione dei nostri cari lebbrosi che sul-
la Montagna che domina la nostra vallata è
stato eretto un Monumento. Ogni sabato
vado su, fino ai 1.850 metri, malgrado i
miei 80 anni, per la celebrazione della
Santa Messa alle otto del mattino.
So che avete bisogno di aiuti anche eco-
nomici per poter portare avanti la vostra
preziosa pubblicazione; e per questo scrive-
rò a mio fratello in Italia affinché vi invii un
contributo a mio nome. In unione di pre-
ghiera.
Suor M. Franca dal Sud Africa:
“Desidero di cuore leggere l’Eco, mi dà
tanta forza! Sono stata due volte a
Medjugorje e questo mi ha donato una gioia
tale che cerco di comunicare a tutti, insieme
al desiderio di pregare e di far pregare.
Distribuisco l’Eco in inglese, e chi lo rice-
ve è contento. Il Signore vi ricompensi di
tutto il bene che fate.
Aida Ramos da Porto Rico:
“Accogliete il mio più caloroso saluto.
Come sempre vi mando un assegno come
contributo all’Eco che ci fa tanto felici e ci
alimenta spiritualmente.
Geneviève Martial da Guadalupe:
“Spero di ricevere il giornale e soprattutto
potervi sostenere con la mia offerta. Siate
tutti benedetti! Grazie per l’opera dell’Eco
in francese, che ci aiuta a pregare”.
Geneviève Gamel dalla Francia: “Cari
amici, grazie per l’Eco di Maria che mi
sostiene su questo cammino verso Dio, tal-
volta un po’ arduo. Rimaniamo unione di
preghiera e di speranza”.
Berti M. De Castello da Porto Rico:
“Grazie per il bellissimo lavoro che fate.
Per diverso tempo ho perso contatto con voi
e la vostra rivista mi è mancata molto.
Insieme al mio indirizzo, vi invio anche una
piccola offerta. Tengo una piccola raccolta
dei numeri precedenti dell’Eco perché li
utilizziamo nel nostro gruppo di preghiera”.
Suor Margaret Mary Onyema dalla
Nigeria: “Con il cuore pieno di gioia deside-
ro ringraziarvi per la costanza e la fedeltà
con cui mi inviate la vostra rivista bimestra-
le. Prego il Signore che vi mandi uomini e
donne dal cuore generoso per finanziare la
vostra pubblicazione. Grazie per l’opportu-
nità che mi date di diffondere la devozione a
Maria attraverso l’Eco di Maria”.
Antonella Andreis da Vicenza
(Italia): “Grazie per avermi restituito la
gioia di leggervi soprattutto nei numeri
arretrati, che non ero più riuscita a trovare
nelle chiese cittadine”.
Vi siamo grati!
Innanzitutto per la bontà con cui acco-
gliete l’Eco nelle vostre case, ma anche per
la fedeltà che vi muove a richiederlo o a
cercarlo quando, per qualche motivo, ritar-
da o non arriva.
Vi siamo grati per la fiducia che ripo-
nete in noi e nel nostro modo di trasmette-
re Maria
, le sue parole, i suoi pensieri, i
suoi messaggi…
E siamo grati a quanti ci manifestano
in maniera viva il proprio gradimento e il
desiderio di continuare a leggere l’Eco,
attraverso lettere, telefonate, e-mail…
La Segreteria, alla quale arrivano
diverse voci, racconta:
“P
ronto, Segreteria Eco di Maria?...”
Voci stupite: “Ma Eco, c’è ancora?, e
oltre alla sorpresa, la gioia di averlo risco-
perto in una chiesa, insieme al desiderio di
riceverlo ancora.
Voci riconoscenti: “Siamo delle consa-
crate, abbiamo sofferto, era un sacrificio
spirituale non averlo più!”
.
Voci bisognose: “Siamo stati toccati
dalla grazia a Medjugorje e l’Eco ci aiuta
a viverla nel quotidiano, è un nutrimento
spirituale che spesso manca nelle parroc-
chie: andate avanti, perché abbiamo biso-
gno dell’Eco!”
.
Voci confuse: “Cosa succede a
Medjugorje, si sentono tante cose negati-
ve… voi continuate?”
.
A tutte queste voci, e a molte altre che
in silenzio esprimono la loro vicinanza con
la preghiera o in maniera più concreta attra-
verso un’offerta in denaro (che più che mai
ci aiuta ad andare avanti), noi diciamo
GRAZIE! Sì, grazie di cuore, perché senza
di voi Eco non può vivere
, non può conti-
nuare a fare eco a Maria che a Medjugorje
parla, esorta, ci chiama…
Siamo grati a voi, dunque, lettori e dis-
tributori per tutto questo, ma anche per la
pazienza che avete dimostrato nell’arco di
quest’anno che sta per concludersi, in cui
abbiamo dovuto affrontare moltissime sfide,
enormi difficoltà, di tutti i tipi. Non sempre
le cose sono andate come volevamo…
Continuiamo a credere che l’Eco sia
una realtà spirituale generata da Maria per
raggiungere migliaia di figli nel mondo che
si dicono contenti di ricevere “posta” da
lei. E proprio per questo l’Eco non può
avere vita facile! L’Antico Avversario ten-
ta sempre di bloccare i piani della Vergine,
noi lo sperimentiamo di continuo: vuole
farci perdere tempo creando imprevisti e
difficoltà inattese che provocano fastidiosi
ritardi o inutili intoppi. Se non viviamo una
costante consegna a Dio affinché Egli gui-
di a buon fine il nostro impegno, andare
avanti sarebbe impensabile! Ma noi credia-
mo e speriamo, perciò anche osiamo... E
allora: Deo gratias!
La redazione
Come una famiglia
Eco crea come una famiglia formata in
gran parte da voi lettori che siete tanti ed
abitate in molte regioni, di ogni continente.
Che siete tanti lo dicono le richieste di que-
sto piccolo giornale che, per ogni numero,
viene stampato in alcune centinaia di
migliaia di copie, in molte lingue.
Ora Eco si rivolge a voi, come a dei
familiari, e parla con voi come ci si esprime
in famiglia. Con piacere Eco raggiunge le
vostre case perché sa che voi lo custodite.
Sì, perché Eco ha bisogno di essere custo-
dito in una famiglia: la nostra di Eco.
Diciamo custodito spiritualmente, con le
vostre preghiere ed il vostro amore, altri-
menti non riesce a vivere perché Eco è fat-
to di cose dello Spirito. Inoltre, Eco ha
bisogno di gambe robuste per raggiungervi,
perché voi abitate anche molto distanti, a
migliaia di chilometri, ed avete la necessità
di un servizio efficiente. Sì, Eco ha biso-
gno di mezzi e risorse adeguate per la
stampa, il confezionamento e la distribu-
zione
. Ora le apparecchiature che gestisco-
no il giornale non sono più in grado di svol-
gere la loro funzione in modo efficiente e
devono essere sostituite.
Per questo Eco ti chiede un aiuto sapen-
do di poter contare su di te. Allora grazie!
Con il tuo sostegno Eco avrà ancora la pos-
sibilità di mantenere viva la nostra famiglia
per la gioia forse di tanti, ed anche della
Madre, che pensiamo essere ispiratrice e
custode di questo piccolo giornale.
Pietro Squassabia
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