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www.medjugorje.ws » Eco di Maria Regina della Pace » Eco di Maria Regina della Pace 199 (Maggio-Giugno 2008)

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Messaggio di Maria del 25 marzo 2008
“Cari figli, vi invito a lavorare alla
conversione personale. Siete ancora lon-
tani dall'incontro con Dio nel vostro cuo-
re, perciò trascorrete più tempo possibile
nella preghiera e nell'adorazione a Gesù
nel Santissimo Sacramento dell'altare,
affinché Egli vi cambi e metta nei vostri
cuori una fede viva e il desiderio della
vita eterna. Tutto passa, figlioli, solo Dio
rimane. Sono con voi e vi esorto con
amore. Grazie per aver risposto alla mia
chiamata.”
Dio nel cuore
L’anima mia languisce e brama gli atri
del Signore. Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente
. Queste afferma-
zioni del Salmo 83 (84) dovrebbero essere
sulle labbra di ogni cristiano; non semplici
parole ma espressione di un anelito, di un
fremito, che percorre e scuote tutta la per-
sona, anima e corpo. Il nostro rapporto con
Dio non può limitarsi ad una relazione for-
male, che non coinvolga tutto l’essere dal
profondo dell’anima e delle viscere. Dio
non è il taumaturgo a cui ricorrere nel biso-
gno. Dio è la vita, la nostra vita, e senza di
Lui non possiamo vivere anche se ci illu-
diamo di farlo.
Cari figli, vi invito a lavorare alla con-
versione personale, ci dice Maria.
Conversione è cambio di riferimento, è
mettere Dio al centro, è volgersi a Lui e tut-
to a Lui orientare; è primariamente azione
della persona, del singolo, appunto conver-
sione personale
. La responsabilità che ne
discende è anch’essa personale e non può
essere elusa. La Madre ci invita a lavorare
per la conversione personale;
non è un
semplice auspicio, è un richiamo accorato,
preoccupato, urgente, vitale.
Siete ancora lontani dall’incontro con
Dio nel vostro cuore, ci dice Maria, e cia-
scuno di noi, laico o consacrato, deve inter-
rogarsi con estrema serietà. Non si tratta di
nutrire qualche buon sentimento, non di
ottemperare a qualche obbligo; non è suffi-
ciente il rispetto formale del magistero del-
la Chiesa; non basta nemmeno elencare il
male che non si è fatto, e neppure il bene
fatto. Si tratta di interrogarsi sull’incontro
con Dio nel proprio cuore
. Maria afferma
che siamo ancora lontani da questo incon-
tro, ed il Suo non è solo un rimprovero ma
un aiuto concreto ad aprire gli occhi ed il
cuore, a non ingannarci, a non continuare a
sbagliare, sia pure in buona fede.
Trascorrete più tempo possibile nella
preghiera e nell’adorazione a Gesù nel
Santissimo Sacramento dell’altare, affin-
ché Egli vi cambi e metta nei vostri cuo-
ri una fede viva e il desiderio della vita
eterna
. È il rimedio, la via maestra all’in-
contro. Noi non possiamo raggiungere Dio
se non in Gesù e non siamo noi a compiere
questa azione ma sempre e solo Gesù; noi
dobbiamo solo lasciarLo agire in noi, desi-
derare la Sua azione in noi, abbandonarci a
Lui, perché sia piena la nostra comunione
con Lui alla quale siamo stati chiamati dal
Padre (cfr 1 Cor 1, 9). La Parola di Dio e la
vita sacramentale sono canali essenziali
alla comunione con Cristo, ma la loro effi-
cacia può essere compromessa dalla nostra
indisponibilità, dalla nostra chiusura
all’Amore. Senza una fede viva, senza il
desiderio della vita eterna
, corriamo il
rischio di rendere sterile l’Amore di Dio e
vana la Croce di Cristo (cfr 1 Cor 1, 17).
La vita eterna non è solo la vita dopo la
morte ma è la vita in Cristo, e dunque è vita
che deve già iniziare in questo mondo. Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue
ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ul-
timo giorno
(Gv 6, 54); ma attenzione, per-
ché chiunque in modo indegno mangia il
pane o beve il calice del Signore, sarà reo
del corpo e del sangue del Signore
(1 Cor
11, 27). Tutto passa, figlioli, solo Dio
rimane
. Smettiamola di cercare briciole di
esistenza, spesso illusorie ed effimere.
Smettiamola di pascolare i porci e desidera-
re il loro cibo (cfr Lc 15, 15 - 16); il nostro
cibo è Cristo Gesù. Ancoriamo la nostra
vita a quella di Cristo e rimarremo con Lui
ed in Lui per l’eternità.
Nuccio Quattrocchi
Messaggio di Maria del 25 aprile 2008
“Cari figli, anche oggi vi invito tutti a
crescere nell'amore di Dio come un fiore
che sente i raggi caldi della primavera.
Così anche voi, figlioli, crescete nell'amore
di Dio e portatelo a tutti coloro che sono
lontani da Dio. Cercate la volontà di Dio e
fate del bene a coloro che Dio ha messo sul
vostro cammino e siate luce e gioia. Grazie
per aver risposto alla mia chiamata”.
Crescete nell’amore di Dio
Ogni fiore sente i raggi caldi della pri-
mavera e cresce e sboccia e puntualmente
si rinnova il miracolo della natura che rina-
sce. Ma l’uomo non è così recettivo del
calore dell’amore di Dio, non si apre a que-
sto Amore. Si illude di poterne fare a meno,
di poter fiorire sotto un altro sole.
Maria anche oggi invita tutti a cresce-
re nell’amore di Dio come un fiore che
sente i caldi raggi della primavera
. Ma è
ben altra la crescita alla quale i singoli e le
nazioni aspirano oggi, come del resto anche
ieri. Tutte le forze sono protese ad accresce-
re il benessere economico. Ma se questo è
obiettivo lecito laddove, e si tratta della
maggioranza dell’umanità, mancano o non
sono sufficienti i generi di prima necessità,
è scandalo, che grida vendetta dinanzi a
Dio, continuare ad incrementare la ricchez-
za dei popoli più ricchi, laddove lo spreco
delle risorse mette a repentaglio la vita stes-
sa del nostro pianeta.
Maria parla, richiama, esorta, sollecita,
invita; ma chi L’ascolta? Eppure verrà il
giorno in cui il Figlio dell’uomo si rivelerà
(Lc 17, 30) e crollerà il castello di falsità nel
quale ci siamo barricati. E se quei giorni
non fossero abbreviati, nessun vivente si
salverebbe; ma a causa degli eletti quei
giorni saranno abbreviati
(Mt 24, 22).
Ecco, Maria si prodiga per aumentare il
numero degli eletti e, nonostante ciò che
sembra, è pur vero che sempre più nel mon-
do si incontrano anime belle, trasformate
dal Suo Amore, sostenute dalla Sua grazia.
Non sono ancora così tante da rivestire di
luce e di gioia le nostre città ma non sono
così rare da non essere incontrate nelle
nostre strade. Sono fiori d’Amore coltivati
da Lei e regalati al mondo perché germogli
la speranza e cresca il desiderio del ritorno
al Padre. Uno di questi fiori ha un nome,
Toni, ed una data di nascita, 10.07.98. È fio-
rito in fretta ed il 1° aprile di quest’anno è
stato trapiantato nel giardino del Padre,
dopo una terribile malattia che Maria ha tra-
sformato in ascesi di comunione con Cristo
e con la Chiesa. Cercate la volontà di Dio
e fate del bene a coloro che Dio ha messo
sul vostro cammino e siate luce e gioia.
Toni ha cercato ed amato la volontà del
Padre al punto da non chiedere la guarigio-
«Dov'è la Chiesa,
lì è lo Spirito di Dio;
dov'è lo Spirito di Dio,
lì è la Chiesa e ogni grazia»
Sant'Ireneo
Maggio - giugno 2008
- Edito da Eco di Maria, C.P. 47 - 31037 LORIA (TV) (Italia) - A. 24, n. 5 - 6
Sped. a. p. art. 2, com. 20/c, leg. 662/96 filiale di MN - Autor. tribun. MN: 8.11.86, ccp 14124226
199
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ne ma di fare la Sua volontà riconoscendo-
la come il suo unico bene
, e così passando
per la valle del pianto l’ha cambiata in una
sorgente (cfr Sal 83 (84)), fonte perenne di
bene per coloro che Dio ha messo sul suo
cammino
e di luce e gioia per tutti.
Lasciamoci crescere nell’Amore di Dio.
Tutti siamo chiamati a questo; per questo
Maria ancora ci visita. È una crescita che
deve fiorire nell’amore per ogni uomo, giu-
sto o peccatore che sia. Una crescita che deve
maturare il frutto dell’inabitazione di Cristo
nell’uomo, unica possibilità di redenzione e
di salvezza per il singolo e per il mondo.
Crescete nell’amore di Dio e portate-
lo a tutti coloro che sono lontani da Dio.
Portare l’amore di Dio equivale a portare
Gesù, Amore incarnato, e noi possiamo
assolvere a questo compito se Gesù è vivo
in noi. In tal caso basta farsi vicino, farsi
prossimo, a chi è lontano da Lui, perché
Gesù venga colto e, se Dio vuole, accolto.
Non occorrono grandi discorsi, né ragiona-
menti sapienti. Vale molto di più un sorri-
so, un gesto di solidarietà, di amore sem-
plice e schietto; è attraverso essi che Gesù
si comunica; il resto lo farà Lui. Parimenti
cercare la volontà di Dio e fare del bene
è ancora una volta lasciarsi vivere da Gesù
ed in Lui aprirsi alla Volontà del Padre e
compiere il bene (cfr Rm 12) per coloro
che Dio ha messo sul nostro cammino.
N.Q.
Ci teneva a questo viaggio. L’aveva
atteso e allora non ha risparmiato energie e
disponibilità per far fruttare i suoi giorni in
terra d’America. Appena una settimana, dal
15 al 20 aprile: un tempo troppo breve per
la vastità del territorio e la varietà di gente,
religioni, istituzioni. Eppure è riuscito,
papa Benedetto XVI ad esprimere il suo
pensiero a tutti, con accorata premura
paterna e pastorale, lasciandosi coinvolgere
dall’entusiasmo e dalla vitalità che vibrava-
no nei cuori della gente.
A tutti portava un messaggio preciso,
adattandolo alle prospettive di coloro che di
volta in volta lo ascoltavano: il messaggio
della speranza evangelica. “Cristo, nostra
speranza”, infatti, il tema della visita pasto-
rale; ma ancora tante le chiavi di lettura del
viaggio apostolico: libertà, verità, pace,
diritti umani, che il Pontefice ha portato nei
diversi luoghi che lo hanno ospitato.
N
EL
T
EMPIO DEL
B
ASEBALL
Di speranza ha parlato anche nel “tem-
pio” del baseball degli Yankees di New York
alle 45.000 persone festanti che partecipava-
no alla Messa celebrata in un’alternanza di
inglese, spagnolo e latino, dedicata allo
Spirito Santo, in ricordo della Pentecoste:
“La Chiesa negli Stati Uniti, accogliendo nel
suo grembo tanti suoi figli emigranti, è anda-
ta crescendo grazie anche alla vitalità della
testimonianza di fede dei fedeli di lingua
spagnola”, ha affermato il Papa. “Per que-
sto”, ha aggiunto, “solo se rimarrete uniti a
Cristo e tra di voi, la vostra testimonianza
sarà credibile e si esprimerà in copiosi frutti
di pace e di riconciliazione in mezzo a un
mondo molte volte segnato da divisioni e
scontri”.
A
LL
’ONU:
UNA
M
ISSIONE
C
OMUNE
Un’assemblea diversa, ma non meno
accogliente, lo attendeva nel Palazzo di Vetro
delle Nazioni Unite. E pur nell’ufficialità
della circostanza, le parole risuonavano ami-
chevoli e fraterne: “Sua Santità, in molti
modi, la nostra missione ci unisce alla sua” -
ha esclamato Ban Ki-moon, il Segretario
Generale - “l’Organizzazione delle Nazioni
Unite è una istituzione laica, composta da
192 Stati. Abbiamo sei lingue ufficiali, ma
nessuna religione. Tuttavia, se chiede a noi
che lavoriamo per le Nazioni Unite che
cos’è che ci motiva, molti rispondono con un
linguaggio di fede. Missione è proprio la
parola che usiamo più spesso per il nostro
lavoro nel mondo!”.
Da parte sua il Santo Padre, tra le altre
cose, ha ricordato ai 3.000 rappresentanti
degli Stati del mondo “la responsabilità di
proteggere la dignità della persona umana e
i suoi diritti”.
I DISCORSI, tuttavia, sono divenuti
ancora più espliciti con chi fa già un cam-
mino di fede:
In Cattedrale ai religiosi: “La vera
vita può essere trovata solo nella riconcilia-
zione, nella libertà e nell’amore che sono
doni gratuiti di Dio. È questo il messaggio
di speranza che siamo chiamati ad annun-
ziare e ad incarnare in un mondo in cui
egocentrismo, avidità, violenza e cinismo
così spesso sembrano soffocare la fragile
crescita della grazia nel cuore della gente”.
Alla Sinagoga con gli ebrei: “Sono qui
per esprimere alla comunità ebraica di New
York il mio rispetto e la mia stima”.
All’incontro ecumenico, nella chiesa
di St. Joseph con 15 diverse comunità:
“Dobbiamo in primo luogo ricordarci che
l’unità della Chiesa deriva dalla perfetta
unità della Trinità. Ponendo la nostra fidu-
cia soltanto in Dio, sono fiducioso che
giungeremo a quella unità di speranza, di
fede e di amore
che sola può convincere il
mondo che Gesù Cristo è l’inviato del
Padre per la salvezza di tutti”.
Ai rettori delle Università cattoliche:
“La pienezza della verità apre a un giovane
l’avventura della vita… le università posso-
no essere strumenti di speranza”.
G
IOVANI
:
SIATE
S
TELLE
-
GUIDA
!
Ma il discorso più lungo e più denso
Benedetto XVI lo ha destinato ai 20.000
giovani che, uniti ai seminarsti hanno par-
tecipato alla veglia nel campo sportivo del
Seminario a New York. Il Papa ha presenta-
to sei modelli di vita di venerabili, beati,
santi statunitensi o immigrati, accomunati
dall’amore verso Dio e i loro fratelli.
Partendo dall’esperienza di vita di questo
gruppo tanto eterogeneo (“poveri e ricchi,
laici, sacerdoti e suore, la figlia di un guer-
riero indiano, uno schiavo haitiano…) il
Santo Padre ha approfondito con i giovani
il concetto di libertà, un valore tanto delica-
to quanto mal compreso ed abusato: “La
libertà può essere fraintesa
o usata male
così da non condurre alla felicità che tutti
da essa ci aspettiamo, ma verso uno scena-
rio buio di manipolazione… E al posto del-
la verità si è diffusa l’idea che, dando valo-
re indiscriminatamente a tutto, si assicura
la libertà e si libera la coscienza. È ciò che
chiamiamo relativismo. Ma che scopo ha
una “libertà” che, ignorando la verità, inse-
gue ciò che è falso o ingiusto?”.
Vale la pena soffermarsi su queste paro-
le che costituiscono un po’ il leitmotiv del
pontificato di papa Ratzinger, il quale con
la sua sensibilità filosofica e teologica ci
aiuta a dare il giusto valore a questi termi-
ni che tutti usiamo ma che pochi veramen-
te comprendono: “La verità non è un’impo-
sizione. Né è semplicemente un insieme di
regole. È la scoperta di Uno che non ci tra-
disce mai; di Uno del quale possiamo sem-
pre fidarci. La verità è una persona: Gesù
Cristo
. È questa la ragione per cui l’auten-
tica libertà non è una scelta di disimpegno
da...
È una scelta di impegno per... La luce
di Cristo vi invita ad essere stelle-guida per
gli altri, camminando sulla via di Cristo
che è via di perdono, di riconciliazione, di
umiltà, di gioia e di pace”.
U
N
R
APPORTO
P
ERSONALE NELLA
P
REGHIERA
I giovani, che quest’anno incontreranno
nuovamente il Pontefice a Sidney per la
GMG, hanno accolto con gioia l’invito:
“La cosa più importante è che sviluppiate
un rapporto personale con Dio. Questo rap-
porto si esprime nella preghiera. Dio, in
virtù della propria natura, parla, ascolta e
risponde.. Non abbiate paura del silenzio
e della quiete, ascoltate Dio, adoratelo
nell’Eucaristia!”.
F
ESTEGGIATO ALLA
C
ASA
B
IANCA
Proprio nel giorno del suo ottantunesi-
mo compleanno il Santo Padre è stato ospi-
te alla Casa Bianca, dove si è intrattenuto in
colloquio privato con il presidente Bush: “I
compleanni si celebrano normalmente con
amici vicini, e per questo tutta la Nazione si
sente commossa e onorata per il fatto che lei
abbia deciso di trascorrere questa giornata
con noi”, ha detto Bush al festeggiato.
Espressioni di gratitudine sono infine
giunte al Pontefice da tutte le autorità di
Stato: “Al nostro paese variegato lei ha por-
tato un messaggio universale di speranza e
salvezza”, ha detto il vicepresidente
Cheney nel discorso finale, “ha incontrato
una nazione che si trova ad affrontare mol-
te sfide, un popolo dalla fede risonante che
afferma che la nostra nazione è stata fonda-
ta secondo Dio, che persegue le sue finalità
e si inchina alla sua volontà”.
Il nostro augurio al popolo americano è
che sappia coerentemente vivere quanto il
Papa gli ha trasmesso, e nello spirito evan-
gelico contrapporsi con forza alla pena di
morte
, in uso in alcuni Stati del Paese e che
purtroppo il 60% dei cattolici americani
ancora sostiene!
S.C.
Il Papa, messaggero di Speranza negli U.S.A.
2
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I
L
V
OLTO
: F
EDELE ALL
’O
RIGINALE
Era il 22 febbraio 1931 quando Gesù,
nel silenzio di un convento e di un cuore,
fece risuonare la sua voce per affidare ad
una povera suora, allora sconosciuta, una
richiesta del tutto particolare. Così raccon-
ta suor Faustina Kowalska nel suo Diario:
“La sera, stando nella mia cella, vidi il
Signore Gesù vestito di una veste bianca:
una mano alzata per benedire, mentre l’al-
tra toccava sul petto la veste, che ivi leg-
germente scostata lasciava uscire due
grandi raggi, rosso l’uno e l’altro pallido.
Dopo un istante, Gesù mi disse: ‘Dipingi
un’immagine secondo il modello che vedi,
con sotto scritto: Gesù confido in Te!
Desidero che questa immagine venga vene-
rata prima nella vostra cappella, e poi nel
mondo intero
. Prometto che l’anima, che
venererà questa immagine, non perirà.
Prometto pure già su questa terra, ma in
particolare nell’ora della morte, la vittoria
sui nemici. Io stesso la difenderò come mia
propria gloria. (…)
Leggendo il Diario si può notare che
durante la sua vita Suor Faustina ha tante
volte sentito la voce di Gesù, il quale spes-
so è tornato a parlare dell’immagine da Lui
stesso richiesta:“Voglio che l’immagine, che
dipingerai con il pennello, venga solenne-
mente benedetta nella prima domenica dopo
Pasqua; questa domenica deve essere la
festa della Misericordia”.
(Diario n. 47-49)
Tutto il Diario è un continuo susse-
guirsi di rivelazioni che, di pari passo col
cammino mistico della santa, portano al
progressivo svelarsi di un disegno divino di
portata inimmaginabile. La tragedia della
Prima Guerra Mondiale era ancora viva nei
suoi devastanti effetti e nessuno, ad ecce-
zione di chi aveva preso sul serio il messag-
gio di Fatima, immaginava che dopo poco
più di due decenni la Terra sarebbe precipi-
tata in un caos ancora peggiore.
La Misericordia Divina, che tutto sa e
tutto volge ad un fine di bene, nel Mistero
della Sua Onnipotenza e come sempre
muovendosi nelle periferie del Mondo e
scegliendo le vie più impensate e gli stru-
menti più umili, decide di operare attraver-
so un’immagine.
L
E
D
IVERSE IMMAGINI
: L
A
S
TORIA
Il direttore spirituale di Santa Faustina,
don Michele Sopocko, ordinò di dipingere
il quadro di Gesù Misericordioso a un arti-
sta. L’immagine, realizzata con il consiglio
e la presenza di suor Faustina, è attualmen-
te conservata nel Santuario della Divina
Misericordia (Vilnius, Lituania).
Una seconda immagine fu commissiona-
ta, dopo la morte della santa polacca dalle
suore della sua Congregazione ad un altro
pittore. Tale immagine era destinata alla
cappella della casa di Cracovia, ma in suo
luogo fu scelta una seconda immagine
dipinta come ex-voto da un terzo pittore.
Singolare il fatto che la decisione sia stata
presa dall’Arcivescovo di Cracovia, casual-
mente presente. Proprio il suo successore,
l’Arciv. Karol Wojtyla sarebbe poi stato il
principale strumento di conferma e diffusio-
ne del culto alla Divina Misericordia. Tale
immagine è quella che è poi diventata la tra-
dizionale immagine di Gesù Misericordioso,
la cui copia è stata benedetta da Giovanni
Paolo II nella Chiesa di Santo Spirito in
Sassia, il giorno della prima Messa solenne
nella Domenica della Divina Misericordia, il
23 aprile 1995.
L
E
V
IE
P
RODIGIOSE
: I
L
M
IRACOLO
A questa storia, fin qui accennata solo
in alcuni dei suoi tratti salienti, altri fatti si
aggiungono, come le tessere di un puzzle,
in un contesto che ancora non è dato di
cogliere appieno.
Lia Galdiolo, un’iconografa di Padova
(Italia), ha l’intuizione di disegnare un’ico-
na
di Gesù Misericordioso a grandezza
naturale, ispirandosi alla visione di Santa
Faustina. L’opera viene benedetta da
Giovanni Paolo II nella sua visita alla città.
Nell’anno 1990 l’immagine si trova a “Villa
O Santissima”, nella diocesi di Trento. È
qui che durante un incontro di preghiera
avviene un fatto molto importante.
Ugo Festa è un uomo che ancora deve
raggiungere i quaranta anni, inchiodato su
una sedia a rotelle da una sclerosi a placche
senza speranze di guarigione e afflitto da
altre gravi malattie. Accompagnato da
un’amica si reca, il 29 aprile 1990, in
udienza dal Santo Padre. Il Papa, dopo aver
benedetto le cinque icone di Gesù
Misericordioso che Ugo aveva portato con
sé, gli raccomanda di affidarsi al Cuore di
Gesù e all’intercessione della “sua” suor
Faustina. Gli raccomanda inoltre di recarsi
a Villazzano, dove ha sede una comunità di
preghiera e di studio composta di cristiani
che ritornano al nucleo teologico di tutta la
Bibbia, racchiuso nella grande rivelazione
che “Dio è Misericordia” (1Gv 4,8).
Il quarto giorno, mentre prega nella
cappella, diventa partecipe di un’esperien-
za unica: la figura del Cristo dell’icona
davanti alla quale sta pregando diviene
viva e gli tende le braccia
. Ugo Festa è
quasi preso dalla paura e non riesce ad
accettare il gesto di Gesù, che si ripete per
ben cinque volte, finché Ugo domanda:
“Tirarmi su, sei capace?”. La figura del
Cristo esce dall’icona
per la sesta volta, si
avvicina: il malato si sente toccare e si
ritrova in piedi con le braccia alzate davan-
ti all’immagine di Gesù. Il 2 agosto 1990
Ugo Festa può di nuovo camminare.
L’
AZIONE
: M
ISSIONARIO E
M
ARTIRE
Ugo da quel momento non smette di
pregare e ringraziare Dio e il 19 agosto tor-
na dal Papa per raccontargli tutto ciò che gli
è accaduto. Il miracolo viene inserito negli
atti del processo che porterà suor Faustina
sugli altari e conferma il legame misterioso
tra il Santo Padre e la suora polacca, uniti
nella missione di far conoscere al mondo
intero la Misericordia Divina.
La vita di Ugo Festa cambia radical-
mente, tanto da partire come infermiere
volontario per aiutare Madre Teresa nelle
sue missioni in India e Africa e da votare la
sua vita all’assistenza dei più bisognosi,
soprattutto extra-comunitari, a casa sua.
L’ultimo sigillo a questa radicale e spet-
tacolare conversione l’uccisione di Ugo
Festa
nella sua casa a Torrebelvicino, nella
provincia di Vicenza. A ucciderlo sono sta-
ti proprio due dei tanti extra-comunitari ai
quali prodigava il suo aiuto.
P
UNTO DI ARRIVO
: MEDJUGORJE!
Ma la storia di
questa icona non è
ancora finita perché,
su richiesta dell’allora
Arciv. di Spalato
mons. Frane Franic il
quadro viene spedito a
Spalato in occasione
di un’importante pro-
cessione per la pace,
con destinazione
Medjugorje.
In seguito viene col-
locata nella Cappella
dell’Adorazione e
quindi trasferita alla
Cappella cimiteriale di
Surmanci dove rimane
fino alla benedizione
della nuova chiesa. Il
paesino di Surmanci si trova nella valle della
Neretva, dall’altro lato della Collina delle
apparizioni...
tutto un semplice caso oppure
un chiaro segno dell’indissolubile unione tra
la Misericordia Divina e Colei che di questa
Misericordia è stata e sempre sarà l’unico
canale scelto da Dio?
“Il raggio pallido rappresenta l'Acqua che
giustifica le anime; il raggio rosso rappre-
senta il Sangue che è la vita delle anime...
Entrambi i raggi uscirono dall'intimo della
Mia misericordia, quando sulla croce il Mio
Cuore, già in agonia, venne squarciato con
la lancia”.
(Diario n. 299)
A
LCUNE
S
PIEGAZIONI
SULLA
S
IMBOLOGIA DELL
'I
CONA
L'icona rappresenta il gesto di Gesù, che si
fa presente nel mezzo «del luogo dove erano
raccolti e nascosti i discepoli per paura dei
Giudei» (Gv 20,19). Viene il Signore risorto. I
segni della resurrezione di Gesù sono le sue
vesti splendenti, le mani, il petto, i piedi trafit-
ti; le porte sbarrate invece sono il segno della
paura dei discepoli, del buio che c'è nei loro
cuori. Sulla parte in ombra (la fede) sono scrit-
te le parole rivelate a Suor Faustina Kowalska:
sul davanti “Gesù confido in Te” e “La mia
pace a voi” (in aramaico “slom ol kul kum”).
Gesù porta una veste bianca e dorata
(significa gloria eterna): ha una lunga tunica
(significa le Sue opere giuste), la spalla sini-
stra coperta dal mantello (rappresenta il pelle-
grino, il Messia), la destra porta la stola d'oro
(significa che la Sua missione è stata compiu-
ta), i fianchi cinti dalla fascia sacerdotale (è
Lui l'unico eterno Sacerdote); il nero che cir-
conda la Sua figura rappresenta la divina tene-
bra, il Mistero di Dio che si rivela all'uomo
senza mai esaurirsi; l'oro rappresenta l'eternità
di Cristo.
La mano sinistra indica la Sua
Misericordia che sgorga dal petto trafitto, la
destra la Sua Risurrezione avvenuta il terzo
giorno, ed espressa nelle tre dita unite, mentre
l'indice ed il medio indicano le due nature,
umana e divina di Gesù.
Sulla fronte porta un “tau”, simbolo della
vita, segno destinato a tutti coloro che aderi-
scono a Lui. Il triangolo entro il quadrato della
porta è formato da raggi che esprimono il dono
dello Spirito Santo. La punta verso l'alto signi-
fica la nostra ascensione con Cristo e cioè la
nostra trasfigurazione in Lui, cui siamo chia-
mati per la Volontà del Padre.
I Volti
della Misericordia
di Andrea Coffa
3
Eco 199
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Continuiamo a contemplare le lodi che
troviamo nelle Litanie “Lauretane” e posia-
mo l’attenzione su:
ARCA DELL’ALLEANZA
Questa litania contiene due termini molto
cari all’Antico Testamento: alleanza e arca.
Non si ha un altro popolo sulla terra con il
quale la divinità abbia stipulato un patto che
lo rendeva popolo eletto ed erede di benedi-
zione. L’arca era il segno di questa “presen-
za” potente ed elettiva di Dio, era il segno
grande che rassicurava il popolo che combat-
teva per la conquista della terra promessa.
Nel Santo dei santi del tempio era custodita e
venerata, era il cuore del popolo d’Israele.
Maria sicuramente, perché persona, è più
importante di un’arca che, nonostante la
preziosità del materiale, era solo un ogget-
to, un segno, un contenitore senza cuore.
Maria ha saputo dare tutto il suo cuore
immacolato a Dio tanto da essere prescelta
come dimora (arca) del Fautore della nuova
ed eterna alleanza: Cristo Gesù.
Così la Vergine diventa per il nuovo
popolo il “tabernacolo” vivente dove il
Figlio di Dio si incarna per entrare nella
storia. Ora questo compito lo ha ereditato la
Chiesa della quale Maria è immagine.
Nelle arche presso le famiglie si conser-
vava il pane, elemento che crea comunione e
fonda la famiglia. La Vergine Maria custo-
dendo nel suo seno Cristo, Pane disceso dal
cielo, diventa anche scrigno che custodisce,
medita nel suo cuore ogni parola del Signore
e nello stesso tempo la dona a noi, suoi figli.
PORTA DEL CIELO
Il titolo di “porta” riconduce la nostra
attenzione al momento drammatico per tut-
ta l’umanità quando a causa del peccato ori-
ginale, furono chiuse ad Adamo ed Eva le
porte del paradiso terrestre. Porte custodite
da un Cherubino con una spada di fuoco.
Ora, con la redenzione operata da
Cristo, quella porta chiusa è stata riaperta
per entrare addirittura non più in un giardi-
no terrestre, ma nel cuore stesso di Dio.
Maria concependo nel suo seno purissi-
mo il Figlio dell’Altissimo che invochiamo
“Chiave di Davide” diventa la porta regale
dalla quale è passato il gran Re e per la qua-
le passa l’umanità redenta per entrare al
cospetto di Dio. Sicuramente la porta ha un
ruolo fondamentale ed entrare da essa è
garanzia di essere accolti e non trattati
come ladri. Ed è ancora bello passare per
una porta addobbata perché ci fa sentire
aspettati ed accolti.
STELLA DEL MATTINO
A Maria non poteva mancare questo
titolo, sia per la bellezza della stella, sia per
ciò che annuncia. Le stelle sono oggetto di
ammirazione presso tutti i popoli.
Molti particolari rendono simboliche le
stelle: abitano nell’alto del cielo, sono intoc-
cabili, formate di pura luce, brillano senza
accecare, immutabili, non si consumano,
immobili, non si spostano, sono occhi che dal
cielo stanno a guardare. Fra tutte le stelle c’è
quella “del mattino” che splende di particola-
Il chicco di grano
Anche una vita normale, fatta di cose che apparentemente fanno in tanti, può essere
vissuta santamente. Così è stato per Amedeo, sposo e padre di cinque figli. È vero che era
una persona molto capace e stimata. Ma questo è poca cosa. Forse, molto più importante,
nella sua vita, è stato l’amore per la moglie, per la famiglia e per gli altri, amore che trae-
va alimento da una grande disponibilità a perdonare tutto e tutti; amore che viveva di una
grande fiducia in Maria ed in Gesù, in Gesù abbandonato, a cui affidava tutta la sua vita.
Ma il male che lo minò ancora nel pieno delle sue forze e lo accompagnò per quasi tren-
t’anni fu occasione di una grazia particolare. Dopo le ripetute operazioni chirurgiche al cer-
vello, visse una situazione di sofferenza sempre più accettata. Seppe accogliere la grazia
che questa condizione gli donava, facendo un cammino verso una purificazione crescente,
verso una continua privazione che accettava sempre più fino a dire a tutti quelli che gli chie-
devano come andavano le cose: tutto bene, molto bene. Evidentemente solo una visione
sapiente della vita poteva suggerirgli tali affermazioni, solo lo Spirito poteva fargli dire que-
sto. Accettando con pace la sua situazione, si alleggeriva sempre più di tutto quanto lo pote-
va appesantire fino a diventare la sua vita una pochezza, quasi un nulla, però un nulla nel
senso che intende Chiara Lubich quando dice che in Cielo entra solo il nulla.
La sua vita fu come il chicco di frumento che, dopo essere marcito in terra, porta mol-
to frutto, a imitazione di Gesù. E così la sua morte portò frutti abbondanti, anche alla
moglie che, avendo temuto intensamente la perdita imminente del marito, dopo che que-
sti è tornato in Cielo ha fatto esperienza di un amore così grande da parte di Dio al punto
da dire: l’Amore è proprio cieco e Dio me lo dimostra. Ecco, questo può fare Dio con il
nostro nulla. Questo fa Dio quando lo lasciamo agire. E mentre penso alla vita di Amedeo
mi viene da dire che quella malattia, che poteva sembrare allora una disavventura, in real-
tà è stata un dono che gli ha fatto il Padre, è stata una grande occasione che gli ha offerto
la Provvidenza per diventare quel nulla che consente di entrare in Cielo, di vedere Dio e
di stare con Lui in una felicità che non conosce tramonto.
Eccomi!
«Di te si dicono cose stupende, città di Dio» (Salmo 86)
Queste parole del salmo sembrano scritte apposta per Lei … Lo Spirito manifesta cose
stupende di Maria, la Chiesa canta sempre le sue maraviglie, come quando la chiama: glo-
ria di Gerusalemme, letizia di Israele, onore del nostro popolo
, che è come dire che Lei è
gloria, letizia e onore di tutti i popoli, di tutte le generazioni. Maria è la città di Dio, pre-
ziosa e protetta. Per questo la Chiesa la chiama: casa d’oro, torre d’avorio, città fortifica-
ta, dimora di Dio
.
Quanto sei bella Maria, quanto sei preziosa. Grazie a Te, grazie al frutto del tuo grembo,
Gesù, siamo diventati preziosi anche noi, noi che agli occhi di Dio eravamo “niente”, come
si esprime il profeta quando dice: «tutte le nazioni contano come polvere sulla bilancia, sono
come nulla davanti a Lui, come niente e vanità sono da Lui ritenute» (Is 40,15-17).
Sì, tutti i popoli, con le loro capacità e i loro mezzi, davanti a Dio, sono nulla, niente e
vanità sono da Lui stimati, mentre Maria, povera ed umile, è preziosa. Ma come ha potuto
la piccola fanciulla della Palestina diventare così preziosa, così piena di grazia? Certamente
è stato il suo “Eccomi!”. È stata la pronta accoglienza offerta al suo Signore a renderla tan-
to bella, più di lunghe fatiche, di continue penitenze, di tanti studi… Sembra quasi che
quell’«Eccomi, sono l’ancella del Signore» abbia fatto esplodere in Lei la grazia…
E così Dio non ha potuto che ricolmarla del suo amore. La sua disponibilità ad amare
e a farsi amare è stata così gradita al suo Signore che subito, all’annunzio dell’Angelo, è
stata resa splendore di grazia per diventare la Madre di Dio. Non ha dovuto aspettare tem-
po, compiere imprese: subito il Padre ha realizzato in Maria il suo piano di salvezza.
La Vergine Santa venendo a Medjugorje, forse vuol farci capire come è importante
anche per noi dire prontamente il nostro “eccomi”. Ella vuol indicarci la strada per anda-
re al Padre, che è la strada che ha percorso Lei, ma che ha percorso anche il Figlio.
Accogliamo, allora, l’invito della Madre: così, forse, Dio potrà compiere meraviglie anche
in noi, per il bene di tanti.
L
E
L
ITANIE
...
P. Ludovico Maria Centra
P
ENSIERI SEMPLICI
di Pietro Squassabia
re bellezza ed intensità. Nel mondo greco-
romano veniva chiamata Venere, nome della
dea della bellezza. Sappiamo che Venere non
è una stella, ma un pianeta e quindi splende
di luce riflessa, ma per noi ha poca importan-
za anzi la rende ancor più simile alla
Madonna che brilla della luce di Dio.
La caratteristica più grande di questa
“stella” è che è la prima ad apparire nel-
l’imbrunire e l’ultima a scomparire nell’au-
rora. È la stella che annuncia il giorno.
Maria è colei che più di ogni altro ha
annunciato il nostro giorno senza fine. È la
Stella del mattino che con il suo Amen ha
introdotto nel mondo la Luce vera, Cristo
Signore. La Tutta bella non offusca la bel-
lezza del Verbo, ma la traduce in luce
accessibile che non abbaglia e paragonan-
dola, come fa S. Antonio il Grande, alla
luna piena, Maria diventa uno strumento
per i viandanti che camminano nelle tene-
bre della vita di poter raggiungere la meta
sospirata. La luce che emana Maria, pro-
prio perché luce divina, ha mille riflessi
come un altro fenomeno celeste: l’arcoba-
leno. Inteso, sempre da Antonio, ponte tra
cielo e terra, strada che ha permesso a Dio
di scendere in terra e che permette all’uo-
mo di salire in cielo.
Guardiamo a lei perché la sua bellezza
ci trasformi e ci renda belli, perché questo
è il desiderio della nostra Santissima
Madre: che noi siamo come Lei, che noi
stiamo dove sta Lei - nel Cuore di Dio.
4
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L’altare, l’agnello, la croce
K N O C K
un’apparizione poco conosciuta
Un paesino nell’ovest dell’Irlanda. Un
evento a molti ignoto. Ma non a lui, a quel
papa che ha rincorso Maria un po’ ovunque,
lì dove la Madre si è mostrata ai suoi figli:
“Ho sentito un forte desiderio di venire qui,
il desiderio di compiere ancora un altro pel-
legrinaggio al Santuario della Madre di
Cristo, la Madre della Chiesa, la Regina del-
la Pace. Non vi sorprenda questo mio desi-
derio. Cominciando dalla mia prima gioven-
tù e nel mio Paese, è stato per me una prati-
ca il fare pellegrinaggi ai santuari della
Madonna...”. Con queste parole Giovanni
Paolo II
esordiva nella sua omelia nel 1979,
centenario di un’apparizione molto singola-
re e di cui poco si parla. Facciamo allora un
salto indietro, in quel villaggio di fine otto-
cento. La serata estiva era tempestosa...
Non c’era un santuario, naturalmente, ma
solo una piccola chiesa di paese. Come di
consueto, Mary Beirne, si aggingeva a chiu-
dere la porta. Ma qualcosa di diverso attirò
quella sera la sua attenzione: una luce inten-
sa proveniva da un lato dell’edificio e lì, ad
una prima occhiata, «le parve di vedere delle
statue di Maria, di Giuseppe e di San
Giovanni accanto ad un nuovo altare su
cui si trovavano un agnello e una croce
».
Non ci fece molto caso, perché proprio in
una notte tempestosa come quella, l’hanno
precedente, erano andate perdute due statue,
per cui pensò che il parroco le avesse acqui-
stato per rimpiazzarle: “Ma perché lasciarle
lì, sotto la pioggia battente?” - si chiedeva la
donna. Più tardi, insieme a sua sorella, tornò
per capire un po’ meglio quella stranezza, e
con stupore ancora maggiore si accorse che
le statue… si muovevano! “È la Madonna!”,
esclamò la maggiore delle due sorelle, e cor-
sero ad avvertire familiari e conoscenti.
Ecco allora che quell’apparizione così
insolita si mostrò in tutta la sua realtà, come
ci viene riferito da David M. Lindsey nel suo
libro The Woman and the Dragon:
Apparitions of Mary
: “L’intero muro era illu-
minato da una intensa luce visibile in lonta-
nanza. Le figure erano sospese a circa mezzo
metro da terra. L’altare con l’agnello e la cro-
ce era circondato di angeli che volteggiavano
sopra di esso. Maria, la più grande delle figu-
re, portava un mantello e una fascia bianchi,
e un lungo velo sulla testa che le scendeva
fino ai piedi. Sul capo coperto dal velo, ave-
va una corona d’oro. Fra la corona e il bordo
del velo c’era una rosa d’oro. Le sue mani
erano sollevate all’altezza delle spalle e il suo
sguardo, assorto nella preghiera, era rivolto
verso il cielo. San Giuseppe era alla destra di
Maria, la testa reclinata in avanti e le mani
giunte in preghiera. San Giovanni
Evangelista aveva una mitra da vescovo e
stava alla sinistra di Maria, la mano destra
era sollevata e il braccio sinistro teneva quel-
la che pareva essere la Sacra Bibbia.
Mentre la piccola folla si inginocchiava
davanti all’apparizione in preghiera, i visi-
tatori celesti continuavano a restare in
silenzio. Non una parola veniva pronuncia-
ta. Solo dopo molte ore improvvisamente le
figure scomparvero”.
Possiamo immaginare cosa scatenò l’e-
vento. l’Arcivescovo istituì subito una com-
missione per studiare meglio i fatti e subito
si evidenziarono delle anomalie. Il primo
argomento fu che nelle apparizioni di solito
si manifesta solo la Madonna, la quale non
fa mai mancare un suo messaggio. Ma que-
sta volta… totale silenzio. Inoltre il “grup-
po” si era mostrato solo una volta ad un
numero di veggenti anche questo inusuale:
ben 15 persone di tutte le età. Forti dubbi,
allora, cominciarono a circondare i racconti
dei testimoni, come un polverone. Ma durò
poco, perché un ascolto più approfondito
convinse la commissione della sincerità di
quanti si erano trovati quella notte presenti
all’evento, per cui non si impedì il culto di
quel luogo ai fedeli, che cominciarono con
il tempo a rendere il piccolo paesello meta
di pellegrinaggi. Oggi vi si recano ogni
anno un milione e mezzo di persone.
L
A SPIEGAZIONE È NELL
’A
POCALISSE
Cosa in realtà ha voluto dirci il Signore
mostrandoci quella scena? Don James, un
frate francescano che studiò l’apparizione,
scrive: “[San Giovanni] teneva in mano un
libro. Ma se si vuole scoprire il messaggio
di Knock bisogna aprire il Libro
dell’Apocalisse. È il libro che contiene l’in-
terpretazione della storia universale. Esso è
permeato del grande tema della redenzio-
ne nelle sue tre fasi cosmiche
. C’è in pri-
mo luogo il mistero dell’”Agnello immola-
to fin dalla fondazione del mondo”. Così
San Giovanni descrive, nel capitolo tredice-
simo, il piano eterno di redenzione, simbo-
leggiato in maniera così semplice e toccan-
te dall’agnello che fu visto a Knock. In
seconda istanza c’è il mistero della donna
“vestita di sole” che viene vista in travaglio
sulla terra. C’è infine la Città di Dio che,
viene detto, possiede la Gloria di Dio di cui
l’Agnello è la lampada”.
Anche David M. Lindsey, dal cui libro
abbiamo attinto le informazioni, individua
nell’apparizione di Knock un chiaro riman-
do all’Apocalisse: “L’apparizione a Knock
rimase in silenzio e sembrò che non desse
alcun messaggio, ma in realtà non fu così.
Il silenzio talvolta è più eloquente delle
parole
. Bisogna analizzare con attenzione
l’apparizione per scoprire il messaggio
silenzioso che essa nasconde. Maria appar-
ve con il suo sposo terreno, San Giuseppe,
e con il suo figlio adottivo, San Giovanni
Evangelista, e portava la corona d’oro della
Regina del Cielo… Al centro dell’altare
brillava l’Agnello immolato, come lo vide
nell’Apocalisse S. Giovanni sopra l’altare
d’oro del cielo”.
Ecco, sto alla porta e busso…
(A
P
3, 20)
Forse non tutti sanno che il verbo ingle-
se “to knock” significa “bussare”. “Se qual-
cuno ascolta la mia voce e mi apre la por-
ta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli
con me
”, scrive Giovanni nell’Apocalisse
(Ap 3, 20). Questo ci dice la Scrittura, e
questo ci suggerisce anche la lettura dei
tempi che stiamo vivendo. Gesù Cristo bus-
sa alla porta del nostro cuore, bussa sulla
soglia della nostra vita, e attende che lo fac-
ciamo entrare per mostrarci le meraviglie
del suo regno.
Il richiamo dell'apparizione di Knock è
eloquente: i tempi sono maturi, la Madre
ci invita ad un unirci alla sua opera di
corredenzione.
Lasciamoci porgere da san
Giovanni il libro che ci indica cosa fare per
partecipare alla vittoria finale sul Dragone.
Affrettiamoci, e non manchiamo l'occasio-
ne di essere tra coloro che «hanno vinto
mezzo del sangue dell`Agnello e grazie
alla testimonianza del loro martirio, poiché
hanno disprezzato la vita fino a morire»
(Ap 12,11).
red.
I Pellegrinaggi di Carità
continuano
Nel 2007 abbiamo effettuato 13 “pellegri-
naggi di carità” portando oltre 2300 quintali
di beni di prima necessità caricati su circa
180 tra furgoni e camioncini per le tante
povertà della martoriata Bosnia: campi profu-
ghi, cucine popolari, ospedali, pensionati
anziani, orfanotrofi, centri sociali, ecc..
L’impegno continua anche quest’anno,
tanto più che l’aumento dei beni di prima
necessità sta producendo anche in Bosnia,
dove non c’è lavoro quasi per nessuno, l’a-
cuirsi della miseria. Tra pochi giorni partire-
mo con 20 furgoni diretti verso tante pover-
tà del nord, centro e sud della Bosnia.
Continuano e anzi aumentano le richieste
di adozioni a distanza di bambini (euro 30 al
mese) per aiutare tante famiglie in estrema
difficoltà. Cerchiamo altri genitori adottivi.
Grazie ad alcuni nostri amici che da
diversi anni vengono con noi in questi viag-
gi, abbiamo ora aperto un nuovo importantis-
simo capitolo: portiamo in Italia diversi
bambini di Bosnia per visite specialistiche,
operazioni e cure particolari. Così, una bam-
bina di Mostar, alla quale i medici locali ave-
vano diagnosticato una imminente e totale
cecità, dopo tre viaggi in Italia e due opera-
zioni, ha risolto per sempre il suo problema!
Seguiamo un caso analogo di un bambino di
Konjic. E poi un bambino con un braccino
gravemente ustionato, che è stato preso in
affido per seguire passo, passo le varie ope-
razioni che deve fare. Abbiamo recentemen-
te scoperto un caso pietoso: una ragazza di
18 anni, terribilmente ustionata dal fuoco in
quasi tutto il corpo dall’età di 5 anni, alla
quale non è mai stato fatto niente per curar-
la. Se mai, per di più, è stata anche violenta-
ta! Crescendo, si sono aperte tante piaghe
profonde e sanguinanti che le procurano
dolori atroci. È stata portata in un attrezzatis-
simo ospedale italiano che ci metterà mano
cominciando dalle piaghe più profonde. Ma
tutti questi interventi sono costosissimi e non
sappiamo più a chi chiedere aiuto. Speriamo
che qualche persona facoltosa e di buon cuo-
re ci legga e si faccia avanti. Grazie!
Alberto Bonifacio – Centro Informazioni
Medjugorje – Via S. Alessandro, 26 – 23855
Pescate (LC) – tel. 0341-368487 – fax 0341-
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La primavera porta nuovi fiori
Una domenica di sole a fine inverno ed
il Podbrdo si riempie di persone che salgo-
no e scendono pregando in silenzio o a
bassa voce in piccoli gruppi. Si sente par-
lare soprattutto in croato, ma vi sono
anche famiglie di pellegrini provenienti
dall’Italia o dalla Slovenia, vi sono le per-
sone dalle varie Comunità che abitano in
questo luogo. Spesso con un sorriso si
scambiano un saluto che è tutt’altro che
superficiale, poiché in un breve sguardo
passa la benedizione divina
, il sentirsi
fratelli nella gioia del sapere che ognuno
ha risposto al medesimo invito, ha voluto
ricambiare il dono del sole domenicale
ridonando a Dio un po’ del proprio tempo,
in questo giorno che a Dio appartiene.
Noi arriviamo in cima quasi per ultimi,
salutando chi scende e smettendo di pre-
gare ad alta voce prima di arrivare al luo-
go delle apparizioni. Silenziosamente ci
inginocchiamo attorno alla statua. È l’im-
brunire e la collina non viene ancora illu-
minata in questa stagione. Discretamente
ognuno esprime qualche intima preghiera
levando e riabbassando lo sguardo. Maria
dall’alto ci guarda teneramente, leggendo
il sussurro della nostre labbra. Unito al suo
cuore materno comincio a sentire le anime
dei fratelli e delle sorelle che il Signore mi
ha messo accanto come un dono inestima-
bile, e ringrazio Maria per averci chiama-
to e scelto da ogni tribù, lingua, popolo e
nazione
; la ringrazio per aver voluto e for-
mato questa famiglia spirituale, per la
comunione che regna tra di noi.
E tutto è cominciato in qualche modo
da qui, da questo luogo, da quel giorno
ormai lontano, da questa stella che segna
la nascita alla grazia di un grande numero
di anime. Questa è davvero la nostra “cul-
la” e per questo è giusto che in questa sera
di domenica sommessamente veniamo
uniti a rendere a nostra Madre il nostro
semplice, piccolo grazie.
“Ricomincia la stagione”
Ricomincia il caldo, ricominciano i
pellegrini, e con loro gli affari, il traffico,
il lavoro. Qui a Medjugorje si suol dire
“ricomincia la stagione”. È il terzo anno
che per grazia di Dio posso trascorrere in
questa terra benedetta, ed ormai riesco a
riconoscere abbastanza bene i parrocchia-
ni dai pellegrini, il modo di pensare degli
uni e degli altri. Se è vero che ci sono mol-
ti fra gli abitanti del posto che vedono il
flusso dei pellegrini solo dal punto di vista
dei loro interessi, è vero anche che in mol-
ti vivono il loro lavoro come un servizio
che rendono a Dio attraverso il prossimo.
Con “la stagione” non sono soltanto
gli affari a riprendere vita, comincia anche
una dinamica spirituale che vede coin-
volte molte anime che cercano aiuto più o
meno consapevolmente, ed anime che con
la loro preghiera, con la loro serenità e la
loro decisione per Dio sono chiamate ad
essere canali di grazia. E se dal punto di
vista organizzativo questa è un’estate
come un’altra, che renderà un po’ più di
soldi rispetto alla
scorsa e un po’
meno rispetto alla
prossima, nella vita
dello Spirito Santo
la stagione che vie-
ne sarà unica ed
irripetibile, perché
in questa culla di
conversioni ver-
ranno ancora
nuove persone
la
cui vita cambierà
radicalmente e si
v e r i f i c h e r a n n o
incontri speciali
voluti da Dio che
lasceranno impron-
te eterne nel cuore
di molti. E chi pre-
ga e si offre per i pellegrini sa di avere la
grande responsabilità di accompagnare ed
offrire a Dio tutto questo, sa quanti sacri-
fici servono per far nascere un piccolo e
preziosissimo in un cuore ferito.
Vivere l’incontro
Esco dopo colazione per comprare
alcune cose, ed andando in macchina ver-
so Citluk faccio salire un ragazzo che fa
l’autostop: “Come ti chiami?” - ormai me
la cavo piuttosto bene con il croato.
“Andrija”, risponde. “Ah, è la prima volta
che conosco qualcuno di qui con questo
nome… vuol dire che fai l’onomastico il
trenta di novembre. Io mi chiamo
Francesco e sono italiano, si sente vero?”.
Andrea ha venticinque anni, esatta-
mente come me, e di solito in questi casi
penso con gratitudine al dono immenso
che mi ha fatto il Signore chiamandomi
molto giovane nella mia Comunità. Oggi
no. Oggi penso al fatto che entrambi,
anche se siamo cresciuti così diversamen-
te, ci troviamo a “operare” in questo luogo
di grazia, ci troviamo a svolgere faccende
concrete in un giorno qualsiasi, a svolgere
una vita “normale” che tuttavia la
Madonna accoglie e presenta al Signore
come sacrificio di lode.
“Ti piace vivere a Medjugorje o ci
sono troppi pellegrini? Quando sono trop-
pi, disturbano?”. “No, no, Medjugorje mi
piace e mi piace così, proprio con tutta la
gente che ci viene… i pellegrini non dis-
turbano”. “Credi alle apparizioni di
Maria?”. …È chiaro, qui ci credono tutti.
Quanto le sue apparizioni hanno cam-
biato la tua vita?”
. È questa la domanda
che conta: in realtà, quanto stiamo pre-
stando attenzione alla voce di nostra
Madre? Io per primo, sto portando o no il
suo ultimo messaggio nella mente e nel
cuore? Lo sto mettendo in pratica oggi,
anche durante questo “casuale” incontro?
Il vento dell’anima
Durante tutto l’inverno e la primavera
il tempo a Medjugorje è scandito dall’al-
ternarsi di due venti: quello da sud e quel-
lo da nord chiamato comunemente “bora”.
Quello da sud porta nuvole e pioggia
diminuendo l’escursione termica diurna
con temperature costanti e misericordiose.
Quando invece soffia la bora l’aria
diventa nitida e tersa e il cielo si rasserena,
così le mattine vi è un freddo pungente,
mentre a mezzogiorno il sole riscalda con
forza portando speranza a tutto ciò che
incontra. Ma ora, da maggio in poi, il ven-
to del nord sarà mitigato portando un aria
sottile e fresca, temperata e sempre piace-
vole, mentre la corrente sud porterà un
caldo più deciso alternato ai brevi tempo-
rali estivi, fondamentale per ripulire l’aria.
Anche nel cammino spirituale di cia-
scun’anima si alternano stagioni e corren-
ti diverse. Chi rientra da Medjugorje sa
che nella vita quotidiana incontrerà nuova-
mente difficoltà svariate. Ai periodi in cui
il Signore concede all’anima molti segni,
grazie e consolazioni si alternano periodi
in cui la nostra fede viene provata ed il
nostro cammino spirituale “verificato”…
In realtà, quando l’anima davvero giunge
a maturità, si può accorgere di quanto que-
sti periodi di prova siano davvero i più uti-
li e fecondi, capaci da soli di maturare il
nostro rapporto verso Dio.
Maggio: il mese più bello
Maggio, mese da sempre consacrato a
Maria è forse davvero il mese più bello qui
a Medjugorje! Le rondini ritornano a fen-
dere l’azzurro intenso del cielo che si sta-
glia fra i due campanili della chiesa parroc-
chiale, mentre alla fine della messa vesper-
tina il tramonto si esprime nelle sue tinte
più accese. È una pace serena e profonda
questa che respira nelle sere d’estate, il
silenzio che si fa sempre più forte sembra
entrarti nell’anima per trasformare, guari-
re, preparare il posto all’azione dello
Spirito che Dio, in continuo, ci trasmette.
Francesco Cavagna
L’
APPARIZIONE A
M
IRJANA
PER IL SUO COMPLEANNO
18 Aprile:
“Non ho mai visto la Madonna rivolger-
si a noi in questo modo”, ha riferito la veg-
gente. Ha steso le sue braccia verso di noi e
con le braccia così distese ha detto:
Cari figli, oggi tendo le mie braccia
verso di voi. Non abbiate paura di acco-
glierle. Esse vi vogliono dare amore, pace e
aiutarvi nella salvezza. E per questo, figli
miei, accoglietele. Riempite il mio cuore di
felicità e io vi guiderò verso la santità. La
strada sulla quale io vi guido è difficile, pie-
na di prove e di cadute. Io sarò con voi e le
mie braccia vi sosterranno. Siate perseve-
ranti affinché alla fine del cammino tutti
insieme, nella gioia e nell’amore, potremo
tenerci per le mani di mio Figlio. Venite con
me, non abbiate paura. Vi ringrazio.
2 Aprile:
“Cari figli, anche oggi mentre sono con
voi nel grande amore di Dio desidero chie-
dervi: voi siete con me? Il vostro cuore è
aperto per me? Permettete che io lo purifi-
chi col mio amore e lo prepari per mio
Figlio? Figli miei, siete scelti perché nel
vostro tempo una grande grazia di Dio è
scesa sulla terra. Non esitate, accoglietela.
Vi ringrazio”.
Succede a Medjugorje...
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Nel ventre tuo…
«Nel ventre tuo si raccese l’amore
per lo cui caldo nell’eterna pace
così è germinato questo fiore … »
Celebri questi versi che Dante
Alighieri, poeta italiano del ‘200, scriveva
nella sua Divina Commedia. Si trovano per
l’esattezza tra le righe di una straordinaria
preghiera alla Vergine Maria, che l’autore
immagina in bocca a san Bernardo.
Le parole di un canto di don Giosy
Cento, non così popolare come il poema dan-
tesco, ma sicuramente noto a molti, penso
che possano fargli da contrappunto: «Nella
tua casa, Maria, ho respirato il tuo sì: una
proposta d’amore, Dio ti getta nel cuore. E
l’Infinito s’incarna, scende in silenzio il
Mistero
». Da qui l’invito a domandarci: che
cosa accade quando disponiamo la nostra
anima come Maria? Cosa ha trovato in Lei
l’Altissimo? E cosa deve trovare Dio in noi?
Un ventre acceso d’amore! Un cuore
accogliente, preparato dalla Parola stessa di
Dio: Dio prepara la creatura ad accogliere
Se stesso. Un ventre acceso, ossia illumina-
to, infuocato, così com’era infuocato il
cuore dei discepoli di Emmaus, dopo che
Gesù aveva parlato delle Scritture e Lo ave-
vano visto e riconosciuto nello spezzare il
Pane, nello spezzarSi.
Un ventre caldo che porta
alla pace! Sant’Agostino osa dire
che Maria fu più grande per aver
accolto la Parola nel cuore, che
per averla accolta nel grembo.
Pace che le nasceva nel cuore
impregnato di Parola. Pace perché
obbediente alla volontà di Dio
(ob-audire significa ascoltare
stando di fronte: chi obbedisce
non annulla la sua libertà, ma la
esalta). Pace perché fedele all’uni-
co progetto di Dio, che non può
volere altro che l’amore dell’ani-
ma e per l’anima. Pace perché dono per altri.
La pace, infatti, oltre che averla nel cuore,
diventa necessariamente motivo di condivi-
sione: «Puoi dimenticare la persona con cui
hai riso, mai quella con cui hai pianto
»
(Kahlil Gibran).
Germinare un fiore! … Ha guardato
l’umiltà sella sua serva” canta Maria nel
Magnificat. È proprio così, o Madre. Il tuo
grembo è come un giardino fiorito poiché
tutte le virtù vi trovano posto: semplicità,
umiltà, silenzio, preghiera, abbandono, amo-
re, fedeltà, fiducia…
Solo così può nascere il Fiore che supe-
ra il tempo e le stagioni, sempre pieno di
bellezza e di profumo. Terra accogliente la
tua vita, terra preparata con semi dello
Spirito, dove il Figlio di Dio prende dimora
e … l’Infinito s’incarna!
p. Orazio Renzetti o.f.m. cap
Di grazia in grazia
di Stefania Consoli
Cosa ci riserva il cammino dietro il
Signore della storia, l’unico che con la sua
offerta ha sfidato la morte e l’ha annientata?
Cosa ci ha procurato quel Crocifisso che
esalando nell’amore l’ultimo respiro, ha
dato vita alla sua Chiesa, proprio come il
Padre alitando su Adamo aveva dato origine
all’umanità? Cosa ci ha ottenuto quella pie-
tra che rotolando dal Sepolcro lo svuotava
dalla corruzione, permettendo l’ingresso
alla Speranza di un giorno senza sera?
Grazia su grazia. È questo ciò che rice-
viamo in questo tempo di primavera, in cui le
gemme lasciano il posto a fiori sempre più
pieni di colori e di profumi, nella promessa
di frutti maturi. Un fiume di grazia ci è dona-
to, un’avvicendarsi di novità celesti che sca-
turiscono da una sequenza di feste liturgiche,
sempre più dense di luce e di splendore. Se
guardiamo alle domeniche di maggio vedre-
mo infatti che andiamo... di grazia in grazia
proprio perché passiamo... di festa in festa!
La Pasqua ha già fatto la sua parte:
cinquanta lunghi giorni carichi di vita nuo-
va, risorta; giorni in cui una forza tutta spe-
ciale ha agito, per portare chiarore negli
angoli ancora bui del nostro cuore, chiusi in
se stessi e schiavi dell’amor proprio. Una
forza capace di arare nel profondo le zolle
indurite della nostra anima e far uscire ciò
che giaceva dentro, in uno stato di morte
apparente, ma in realtà attivo in modo sor-
dido e velato: vecchi rancori, frustrazioni,
ferite non rimarginate e mai perdonate…
I giorni successivi a quella Pasqua a
Gerusalemme il Maestro istruiva i suoi
discepoli per prepararli alla missione. La
stessa sorte Gesù la riserva anche a noi,
ogni anno, in un tempo pasquale ricchissi-
mo della Sua presenza, per dirci che il per-
corso verso il Padre è un continuo esodo da
se stessi, dalla propria mentalità che facil-
mente cerca appagamenti in questo mondo,
da una falsa giustizia che si erge a difesa di
un io egoista, da una logica di potere che ci
arma in continuo anche contro chi ci vive
accanto nella volontà di sopraffarlo ed eser-
citare dominio su di lui.
La resurrezione, che ha reso bugiarda
la morte togliendole l’ultima parola, ci ha
indicato come anche una vita fatta di picco-
li accomodamenti, di pigri compromessi e
formali facciate di circostanza, si oppone
alla possibilità di profondo rinnovamento
interiore che ogni passaggio pasquale ci
propone. Spesso, infatti, per paura di sba-
gliare e per non rischiare “più di tanto”, ci
rinchiudiamo in angusti ambiti riducendo al
minimo indispensabile i nostri atti, e ci
accontentiamo di un’esistenza “piccina”,
fatta di cose “piccine”, nell’illusione di star
tranquilli. In realtà stiamo riducendo al
minimo non solo il nostro agire, ma anche
l’ossigeno della nostra anima, che si nutre di
creatività e di iniziative nello Spirito Santo.
Questa stasi esistenziale, frutto delle
nostre insicurezze e paure, difatti rischia di
bloccare il processo dinamico proprio del-
l’esistenza cristiana: un ciclo continuo di
offerta, morte e resurrezione che ogni volta
ci eleva oltre gli umani orizzonti e ci pone
in relazione con l’Altissimo.
Ammettiamolo: quante volte diamo il
nome di quiete alla nostra passività, e di
tranquillità alla nostra immobilità? E invece
di volare in alto, procediamo a balzelli…
Se ci convincessimo invece a disto-
gliere lo sguardo da noi stessi, dai nostri
bisogni, dalle nostre attese e pretese e
lasciassimo operare lo Spirito Santo che in
questo tempo si effonde in modo eccellen-
te, ci accorgeremmo che la realtà è ben
oltre la nostra piccola ottica. Molti proble-
mi si sbriciolerebbero come polvere, rive-
lando tutta la loro inconsistenza. Le neces-
sità si ridimensionerebbero, perché ogni
cosa ci sarà data al momento opportuno e
attraverso vie che mai avremmo immagi-
nato. I dubbi sfumerebbero per fare posto
ad un abbandono fiducioso. I sentimenti
riceverebbero pace; non quella che dà il
mondo, ma la pace che il Risorto ha volu-
to lasciare (cfr Gv 14,27): una pace che è
assenza di preoccupazioni perché le abbia-
mo affidate a Dio, una pace che genera
gioia nel cuore nella certezza che il male
non ha nessun potere contro di noi, se
Gesù regna sovrano nel centro del nostro
essere (cfr Gv 14, 30).
Dio ci attira oltre i confini del nostro
micro-mondo per farci gustare le bellezze
del Suo. Ma occorre lasciarsi guidare e
soprattutto: fidarsi!
Passeremo di grazia in grazia attraver-
so il mistero dell’Ascensione, poi di
Pentecoste. Vivremo la pienezza nella festa
della Trinità Santissima, per poi incontrare
ancora Gesù “solo”, tutto donato a noi nel-
la festa del Corpus Domini e del Sacro
Cuore.
E come un tessuto che collega i vari fili,
il manto di Maria, che a maggio si stende-
rà in modo speciale su tutti i suoi figli per
proteggere le grazie che Dio distribuisce in
questo tempo.
Un silenzio profondo avvolga le nostre
anime e ci predisponga ad accogliere que-
ste perle che ci sono destinate. È il modo
giusto per non disperderle e per dire un
grande grazie al Padre nostro, buono e
provvidente.
“I laici, essendo dedicati a
Cristo e consacrati dallo Spirito
Santo, sono in modo mirabile
chiamati e istruiti perché lo
Spirito produca in essi frutti
sempre più copiosi ... I laici,
operando santamente dapper-
tutto come adoratori, consacra-
no a Dio il mondo stesso”.
(Catechismo della Chiesa Cattolica n° 901)
Il Papa esorta
la “maternità spirituale”
dei sacerdoti
Benedetto XVI, con una lettera, ha
manifestato la sua soddisfazione per una
campagna di adorazione eucaristica e di
“maternità” per la santità dei sacerdoti del
mondo. Come avevamo giù segnalato, la
campagna propone alle anime femminili
consacrate, seguendo l’esempio di Maria,
di adottare “spiritualmente sacerdoti per
aiutarli con l’offerta di sé, l’orazione e la
penitenza”. L’iniziativa mira a che “da ogni
angolo della terra, sempre si elevi a Dio,
incessantemente, una preghiera di adora-
zione, ringraziamento, lode, domanda e
riparazione, con lo scopo precipuo di susci-
tare un numero sufficiente di sante vocazio-
ni allo stato sacerdotale”.
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Villanova M., 1° maggio 2008
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Signore
insegnami...
...a soffrire!
Tu hai fatto della sofferenza la pena del-
la colpa e il prezzo della redenzione: parte-
cipe della sofferenza castigo, insegnami a
diventare partecipe della sofferenza reden-
zione. Signore, ch’io comprenda, ed ami e
lodi il tuo progetto!
Tu hai lasciato l’uomo correre per la
sua strada, fare la sua volontà contro la
tua; ma non l’hai abbandonato alla sua
sorte: hai inflitto la pena, perché sei giusti-
zia; ma hai promesso la liberazione, perché
sei misericordia. Hai voluto che il male del-
la pena diventasse il merito della liberazio-
ne perché la giustizia diventasse strumento
di misericordia.
Mirabile il tuo progetto, Signore! Tu
l’hai attuato nel Figlio tuo che hai voluto
che prendesse – ed Egli ha voluto prendere
– la condizione di uomo sofferente e morta-
le, perché con la sofferenza e la morte
distruggesse in me l’una e l’altra, e dove
era abbondata la colpa facesse sovrabbon-
dare la grazia.
Insegnami ad unirmi con amore e, te lo
chiedo arditamente, se è possibile – ma nul-
la è impossibile alla tua onnipotenza – di
unirmi con gioia alle sofferenze del Figlio
tuo e della sua Madre Maria; insegnami a
comprendere che debbo completare, per la
mia salvezza, quello che manca ai patimen-
ti di Cristo; manca, non perché la mia sof-
ferenza aggiunga qualcosa ai meriti di
Cristo, ma perché costituisce la condizione
indispensabile per diventarne partecipe;
insegnami a sopportare la sofferenza – sì, a
sopportare perché tu non ci comandi di
amarla anche se ci comandi di amar di sof-
fri
re – a sopportare la sofferenza come
dovere di espia zione, come prova di amore,
come strumento di salvezza, come mezzo di
apostolato, come la speranza, la grande
speranza del premio.
Quante ragioni, Signore, per accogliere
la sofferenza non solo con rassegnazione,
che è troppo poco per un vero discepolo del
tuo Cristo, ma con amore e con gioia; con
una gioia simile a quella del Figlio tuo che
si sentiva come angosciato finché non aves-
se ricevuto il battesimo che doveva ricevere
(Lc 12, 50), o a quella del suo Apostolo che
ne era pervaso in ogni tribolazione (2 Cor
7, 4).
Dammi, Signore, di capire questo gran-
de mistero della sofferenza!
p. Agostino Trapè o.s.a.
(3. continua)
LA CONFESSIONE
è una medicina
Raccogliendo le confidenze di molte
persone durante lo svolgimento della mia
professione medica, mi sono reso conto
quanto abbia ragione la Chiesa nel definire
l’uomo come una creatura trinitaria ove le
tre parti, corpo, anima (psiche) e spirito,
sono strettamente interconnesse. La malat-
tia di una parte si ripercuote sempre sulle
altre, e si giunge alla guarigione vera della
persona solo agendo in tutti e tre i livelli.
Fino a qualche decennio fa ci si preoccu-
pava solo di curare il corpo; poi la Medicina
Psicosomatica ha valorizzato anche la parte
psichica della persona. L’uomo, però, non
sta ancora bene e la salute, intesa come per-
fetto equilibrio dell’intero individuo (equili-
brio che è rivelato da una forte sensazione di
pace interiore), pare ancora una meta molto
lontana. La soluzione è una: avere il corag-
gio di considerare che anche la nostra com-
ponente spirituale ha delle necessità che non
possono essere trascurate.
Quando chiedo ad un mio paziente qua-
le sia la cosa che più desidera, la quasi tota-
lità delle persone esterna un forte desiderio
di vivere nella pace e nella serenità, sia
esteriore (nella famiglia e nella società),
che interiore (in se stesso). Nonostante que-
sta esigenza sia fortissima, molto pochi
giungono a sperimentarla perché, invece di
ricercare e correggere i propri errori (che ci
sono sempre), si tende ad incolpare gli altri
di ogni evento negativo.
L’esperienza mi ha insegnato che trova
la pace solo chi trova Dio, il suo amore e
il suo perdono. Oggi molti parlano di Dio,
ma spesso è un Dio a nostro uso e consumo;
è un Dio inanimato, personificato o molto
lontano dal nostro mondo. Questo non è il
Dio della pace, bensì un placebo illusorio
che molti si creano per cercare di tranquil-
lizzare la propria coscienza.
Il Dio della pace è Gesù Cristo. Quel
Gesù che è stato obbediente alla volontà del
Padre fino al punto di morire in croce per
noi. Quel Gesù che ha amato tutti, anche i
propri persecutori. Quel Gesù che ha istitui-
to i sacramenti e che ha compiuto ogni cosa
affinché noi vedessimo, credessimo e Lo
imitassimo per giungere, come Lui, allo
stato di uomo perfetto” (Ef 4,13).
Avendo perso di vista questo Gesù,
l’uomo ha perso la salute, il suo equilibrio
interiore, la pace.
C’è un solo modo per tornare a Gesù e
ritrovare se stessi: chiedergli perdono con
tutto il cuore e promettergli, con l’aiuto del-
la Grazia che Lui continuamente ci dona, di
non offenderlo più. È l’eco della voce di
san Giovanni Battista che si ripete nei seco-
li per ammonirci: “Convertitevi, perché il
Regno dei Cieli è vicino
!” (Mt 3,2).
Come medico, in diversi casi ho chie-
sto al paziente di riconciliarsi con Cristo
per risolvere i suoi problemi fisici, e coloro
che l’hanno fatto e hanno preso l’abitudine
di confessarsi frequentemente, hanno speri-
mentato la gioia di vivere e piano piano
sono meravigliosamente guariti.
La confessione è medicina per l’uomo e
per l’intera società: una società che oggi ha
un bisogno particolare di essere guarita..
Non lasciamo cadere questo nuovo invito
del Padre!
dr. Roberto Gava
(da: Il sacramento della confessione)
La Madonna appare in questi tempi così
difficili quando certi individui senza scrupoli
manipolano le masse usando i mass-media, e
specialmente la televisione. Essi creano una
pubblica opinione imponendo la propria
misura d’immoralità e promuovendo una fal-
sa libertà, tramutando l’egoismo e il piacere
in schiavitù.
Com’è possibile oggi cambiare questa
situazione negativa in tutto il mondo? Com’è
possibile testimoniare che Dio si è fatto uomo
e ci ha redenti? Com’è possibile offrire il suo
insegnamento e la sua via per trovare la pace?
Nei suoi recenti messaggi, la Regina della
Pace sottolinea la nostra responsabilità per il
mondo che è senza pace, senza Dio, senza
fede. In questa mondo siamo con Lei. Siamo
mandati per essere luce in queste tenebre.
Siamo chiamati ad essere pace in questa
inquietudine e apostoli in questa valle di
Babele. La Madonna mai ha detto: scrivete
articoli o parlate influenzando i mass-media
ecc. Lei ci invita a rispondere alla chiamata e
ad essere un segno e grazia per gli altri.
Come possiamo realizzare tutto questo?
La Madonna dice che è possibile dando del
tempo a Dio, affinché Lui ci possa trasforma-
re. Dobbiamo sperimentare la nostra trasfor-
mazione. Io credo fermamente in questa tra-
sformazione. Ai miei occhi Medjugorje, in
primo luogo, è questa grande trasformazione
del cuore umano, della vita, della famiglia e
del mondo. Io so che la conversione e possi-
bile. Dobbiamo crescere finché non sentiamo
il bisogno della conversione; finché non ane-
liamo alla preghiera e al sacrificio per il dono
della conversione.
Nel mio cuore riconosco che la Regina
della Pace durante il tempo delle apparizioni
ha toccato tutti i nostri problemi e ha dato le
risposte a tutte le domande. La Madonna
chiede a noi esempi pratici di vita affinché
possiamo svolgere il nostro apostolato viven-
do i suoi messaggi. In questo modo, viene
confermata l’esperienza della Chiesa: il
nostro cambiamento ha inizio stando inginoc-
chiati in preghiera davanti al nostro Signore.
(da una lettera alle Coppie di preghiera)
Padre Jozo:
Io credo nella
trasformazione!
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